Quali sono le misure per aumentare stipendi e pensioni e per pensioni anticipata che potrebbero arrivare con la prossima Manovra
Il nuovo governo di centrodestra lavora alla definizione delle nuove misure da inserire nella prossima Manovra finanziaria con risorse economiche limitate e una serie di provvedimenti dovuti, in cui investire chiaramente già parte dei soldi disponibili, a partire dal pacchetto di 20 miliardi di euro lasciati in eredità dall'ex governo Draghi.
Al centro delle discussioni ci sono certamente misure ancora contro caro energia e caro bollette, caro carburanti nonchè misure per aumentare stipendi e pensioni, anche se non ci sono certezze ancora. Vediamo di seguito allora cosa potrebbe esser previsto per stipendi e pensioni nella prossima Manovra Finanziaria 2022-2023.
Decontribuzione al 2% e relativi arretrati, insieme a detassazione welfare, e decontribuzione applicata anche sul rateo di tredicesima portano ancora fino a fine anno aumenti di qualche decina di euro considerando anche il nuovo bonus una tantum di 150 euro per lavoratori dipendenti che abbiano avuto un reddito annuo entro 20mila euro.
Anche le pensioni fino a dicembre continuano ad aumentare nell’attesa di ulteriori novità dal prossimo anno. Gli importi di pensione continuano a salire per la rivalutazione anticipata al 2% con aumenti di qualche decina di euro al mese, compresi tra i circa 30 euro per chi percepisce pensioni più basse e i circa 160 euro complessivi per chi percepisce pensioni più alte, ma anche per effetto dei conguagli allo 0,2%.
Per esempio, per rivalutazione anticipata al 2% e conguagli, chi prende una pensione da 500 euro al mese avrà un aumento mensile di 10 euro per 30 euro complessivi fino a dicembre a cui aggiungere 13 euro di aumenti per conguagli retroattivi da gennaio 2022.
Per chi prende una pensione di mille euro, l’aumento fino a dicembre sarà di 60 euro fino a fine anno più i conguagli, mentre chi prende una pensione di 1.300 euro, sarà complessivamente di 76 euro e chi percepisce una pensione di 1.600 euro avrà un aumento di 32 euro al mese fino a dicembre 2022.
Chi prende, invece, una pensione di 1.800 euro avrà aumenti mensili di 36 euro per un totale di 108 euro fino a fine anno e così via fino ad arrivare a 53 euro circa di aumento al mese per un totale fino a dicembre di 160 euro circa per chi prende pensioni mensili fino a 2.692 euro. Nessun aumento per la rivalutazione anticipata al 2% previsto per pensioni dai 2.700 euro in poi ma anche per pensioni più alte si devono calcolare i conguagli.
Precisiamo che il conguaglio della pensione allo 0,2% rappresenta la differenza di ricalcolo tra indice di rivalutazione usato quest’anno 2022 dell’1,7% e nuovo indice definitivo stabilito all’1,9% e trattandosi dell0indice di rivalutazione applicato a tutte le pensioni a inizio anno, anche il conguaglio sarà per tutti.
Ci sono poi da considerare l’aumento delle pensioni solo di novembre per il nuovo bonus una tantum di 150 euro, che spetta solo ai pensionati con redditi annui (riferiti al 2021) entro i 20mila euro e gli aumenti delle tredicesime di pensioni, anch’esse calcolate con rivalutazione anticipata al 2%.
Tra le prossime decisioni del nuovo governo, nonostante tutte le difficoltà, dovrebbero esserci aumenti degli stipendi da gennaio 2023 con nuovo taglio cuneo fiscale.
Per l’aumento degli stipendi, il nuovo governo pensa ad un nuovo piano di taglio del cuneo fiscale che contribuirebbe a ridurre ancora le tasse in busta paga per aumentare contestualmente gli importi netti in busta paga, nonché all’introduzione di una flat tax incrementale, che si baserebbe sull’incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti, con la possibilità di un ulteriore ampliamento per famiglie e imprese, mantenendo in un primo momento le aliquote Irpef attualmente in vigore e introdurre un’aliquota piatta del 15% su tutto il guadagno in più rispetto all’anno precedente.
La nuova flat tax incrementale del governo Meloni dovrebbe interessare:
Passando all’aumento delle pensioni, nel 2023 dovrebbero aumentare per effetto della rivalutazione pensionistica, che scatta ogni anno ma che per il prossimo anno risulta ancora decisamente incerta.
La nuova rivalutazione delle pensioni dovrebbe essere al 10% per adeguamento all’inflazione ma, probabilmente se non sicuramente, costerà troppo per cui sono diverse le ipotesi che potrebbero essere prese in considerazione, dalla rivalutazione al 10% non per tutti ma solo per redditi più bassi e nient’altro a rivalutazione in base a scaglioni di reddito.
In ogni caso, di certo, si procederà come sempre con una rivalutazione che assicurerà comunque aumenti per le pensioni. C’è poi il capitolo uscita anticipata: anche quest’anno la Manovra Finanziaria 2022-2023 non conterrà nulla di concreto d strutturale per la riforma pensioni anticipate ma si parla, ancora, di soluzioni tampone come proroga ed estensione dell’ape social, proroga e rendere strutturale opzione donna o puntare sulla nuova opzione uomo o anche opzione tutti che potrebbe affiancare opzione donna e ape social o sostituire completamente opzione donna e valere per tutti.
L’opzione uomo o opzione tutti riprenderebbe i requisiti di opzione donna, permettendo così di andare in pensione a 58-59 anni con 35 anni di contributi, a condizione di accettare di calcolare la pensione finale esclusivamente con calcolo contributivo e accettando un taglio dell’assegno finale che potrebbe oscillare dal 10 al 30%.
Si pensa, però, anche ad aumentare l’età di uscita per opzione uomo o opzione tutti, alzandola a 60-61 anni, rispettivamente, per lavoratori dipendenti o autonomi. E tra le ipotesi in ballo c’è la quota 102 flessibile per permettere ai lavoratori di andare in pensione dai 60 anni in poi e fino ai 66, insieme ad almeno 35 anni di contributi.
E poi ci sarebbe il blocco delle aspettative di vita: tra gli obiettivi della prossima Manovra c’è, infatti, quello di congelare la pensione di vecchiaia a 67 anni per tutti e per sempre, senza adeguamento all'aspettativa di vita, così come bloccare i requisiti per la pensione anticipata ordinaria a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne, a prescindere dall’età anagrafica, cosa che il governo Conte aveva stabilito solo fino al 2026.