Come possono cambiare gli aumenti degli stipendi nel 2023 dopo aumenti già decisi fino a dicembre: cosa prevedono leggi in vigore e possibili novità
Si preparano ad aumentare gli stipendi fino a dicembre 2022 per effetto delle novità approvate con il Decreto Aiuti bis per dare ai lavoratori maggiore potere di acquisto contro un’inflazione galoppante ma ciò che ci si chiede è cosa cambierà dal primo gennaio 2023 quando le misure approvate cesseranno i loro effetti. Vediamo allora di quanto uno stipendio che aumenta di 40-200 euro fino a dicembre potrebbe aumentare nel 2023.
Gli aumenti degli stipendi si avranno da ottobre e fino a dicembre, quando la misura cesserà i suoi effetti, considerando anche eventuali arretrati relativi al mese di settembre.
Gli aumenti degli stipendi complessivi stimati fino a dicembre sono compresi tra i 60 euro circa, compresi di arretrati di settembre, per stipendi più bassi, circa 700-800 euro, e i 208 euro circa, sempre compresi di arretrati, per stipendi più alti, di 2.600 euro, considerando che non ci sarà alcuna decontribuzione per coloro che percepiscono stipendi più alti dai 2.700 euro in poi.
La decontribuzione al 2% da ottobre a dicembre, e relativi arretrati vale, infatti, solo per coloro che hanno redditi annui entro i 35mila euro.
Agli aumenti fino a 200 euro circa per la decontribuzione del 2% bisogna aggiungere ulteriori eventuali aumenti dovuti a detassazione welfare, vale a dire se si usufruisce di benefit aziendali per cui è stata approvata, sempre fino a dicembre 2022, la detassazione fino ad importo massimo di 516 euro.
Dal primo gennaio 2023 la decontribuzione al 2% sugli stipendi per aumentare gli importi netti in busta paga non ci sarà più ma si pensa a misure sostitutive che contribuiscano comunque a dare ai lavoratori maggiore potere di acquisto considerando che l’inflazione continuerà a salire, senza ridursi.
Al momento, con le elezioni alle porte (in programma il 25 settembre), non si hanno certezze dei provvedimenti che sostituiranno la decontribuzione al 2% per aumentare gli stipendi dei lavoratori. Diverse le ipotesi in ballo, ognuna delle quali implicherebbe, come ben immaginabile, aumenti differenti di stipendi.
Il Pd propone una mensilità in più all’anno per effetto di un nuovo taglio del cuneo fiscale a prescindere dal reddito percepito: si tratterebbe di aumentare pertanto gli stipendi di 100 euro al mese per un anno intero. Non si esclude del tutto l’ipotesi di introduzione del salario minimo, che dovrebbe essere di 9 euro lordi all’ora per tutti.
Dal centro destra si rilancia una flat tax su tutti i redditi, senza limiti e vincoli, ma con aliquote diverse: al 15% per la Lega e al 23% per Forza Italia, mentre per Fratelli di Italia la flat tax si applicherebbe solo alla parte di reddito eccedente rispetto a quanto dichiarato l'anno precedente.
Per fare un esempio di aumento dello stipendio con flat tax, se fosse al 15% per tutti come rilanciato dalla Lega, si avrebbero aumenti annui medi tra i poco più di 100 euro e gli oltre 500 euro, in base chiaramente ai redditi percepiti.
Aumenti differenti chiaramente con flat tax al 23%. Considerando un reddito annuo di 35mila euro, con flat tax al 23% si pagherebbero tasse per un importo di 8.050, rispetto ai 12.250 euro che si pagano ora con aliquota Irpef al 35%, con risparmi di circa 4mila euro annui.
Quattro sono, infatti, da quest’anno 2022 le aliquote Irpef da considerare per il pagamento d’imposta e sono del:
23% per redditi fino a 15mila euro;
25% tra 15 mila e 28mila euro;
35% tra 28 mila e 50mila euro;
43% dai 50mila euro in sù.