Confermata l'estensione del bonus di 200 euro a settembre ottobre ma ancora poco considerato un importante fattore: qual è e cosa prevede
Il bonus di 200 euro esteso a settembre e ottobre è stato confermato ma non si considera il vero aspetto importante: mentre, infatti, ci sono diversi beneficiari della misura che ancora attendono di ricevere il pagamento, c’è chi non lo avrà proprio e c’è chi, pur volendolo ancora, sottovaluta altri aspetti. Vediamo quali.
Ma andiamo con ordine: lavoratori dipendenti (pubblici e privati), pensionati e titolari di reddito di cittadinanza con redditi annui entro i 35mila euro hanno già ricevuto il bonus di 200 euro una tantum a luglio, mentre è stato confermato dalla conversione in legge del Decreto Aiuti bis il pagamento del bonus a categorie di persone inizialmente escluse dalla misura, come:
Scade, invece, il 30 settembre il termine di presentazione della domanda per avere il bonus di 200 euro per i lavoratori domestici e hanno un mese in più di tempo, cioè possibilità di presentare domanda entro 31 ottobre per il bonus, ulteriori categorie di persone che ne hanno diritto ma ancora in attesa del pagamento come:
Il vero aspetto importante poco considerato sul bonus di 200 euro è che, nonostante tutti coloro che non lo hanno ancora ricevuto si chiedano quando finalmente lo avranno e chi lo ha invece già avuto continua a chiedersi se potrà riaverlo, si tratta di una misura una tantum e basta. Ciò significa che chi ha già avuto i 200 euro non li riprenderà, chi deve ancora ricevere il pagamento, riceverà i 200 euro una sola volta e basta.
Nonostante l’importo sia stato decisamente alto, tanto che prima dell’approvazione del Decreto Aiuti bis ne era stata chiesta una proroga fino a fine anno, poi sostituita da decontribuzione al 2% per aumento degli stipendi e rivalutazione anticipata al 2% per aumento delle pensioni, il fatto che questa misura sia una tantum lo rende meno ‘importante’ rispetto a interventi che potrebbero essere fatti per definire un aumento strutturale sia di stipendi che di pensioni.
Se, infatti, oggi decontribuzione al 2% per gli stipendi e rivalutazione pensionistica anticipata al 2% prevedono aumenti relativamente bassi per stipendi e pensioni solo di qualche decina di euro, il prossimo anno la situazione potrebbe cambiare con aumenti effettivi più alti e capaci di portare nelle tasche degli italiani decisamente più di 200 euro all’anno.
Se, infatti, decontribuzione degli stipendi e rivalutazione delle pensioni il prossimo anno fossero davvero fatte su percentuali di adeguamento all’andamento dell’inflazione, vale die sull’8-10%, gli aumenti per stipendi e pensioni sarebbero decisamente alti e per sempre, non un tantum, e per tutti.
Per esempio, se oggi chi prende uno stipendio o una pensione di 1.300 euro prenderà fino a fine anno aumenti di circa 26 euro al mese, con percentuali all’8-10% potrebbe prendere aumenti mensili di 104-130 euro al mese, ben più dunque di 200 euro una tantum.
Con una rivalutazione pensionistica che porta aumenti di circa 100 euro sull’assegno mensile, si arriverebbe, infatti, ad un aumento annuo di 1.200 euro. Si tratterebbe di aumenti che, contrariamente al bonus di 200 euro, varrebbero per tutti i lavoratori e pensionati, non solo per chi ha redditi annui complessivi entro i 35mila euro, seppur modulati non per tutti in maniera piena ma secondo le diverse percentuali previste dalla legge in base alle diverse fasce di reddito di appartenenza.
Di contro, però, precisiamo che se effettivamente alcune tasse aumenteranno, come annunciato, si pensi all’Irpef locale, allora probabilmente gli stessi ulteriori e più alti aumenti sia di stipendi che di pensioni varrebbero meno.