Di quanto aumentano ancora stipendi (oltre a Marzo) e nuove regole con riforma fisco e lavoro

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Come cambiano gli stipendi tra nuova riforma del fisco e nuova riforma del lavoro: le prossime modifiche attese

Di quanto aumenteranno ancora stipendi e quali regole cambieranno con riforma fisco e lavoro in arrivo? Tra nuova riforma del fisco, in arrivo a marzo, e nuova riforma del lavoro si preparano ad aumentare ancora gli stipendi e cambiare le regole per i lavoratori dipendenti. Vediamo allora di seguito quali sono le novità che si prospettano.

  • Quanto aumentano ancora stipendi con nuova riforma fisco 2023
  • Come cambiano stipendi e nuove regole al via con nuova riforma lavoro

Quanto aumentano ancora stipendi con nuova riforma fisco 2023

La nuova riforma del fisco, che il governo si prepara a presentare il prossimo mese di marzo, potrebbe portare ulteriori aumenti di stipendio per alcune categorie di lavoratori per effetto della nuova revisione delle aliquote Irpef di tassazione sui redditi.

La nuova Irpef sembra essere la misura principale della prossima riforma fiscale e prederebbe le mosse da quanto già modificato dall’ex governo Draghi, che lo scorso anno ha già modificato le aliquote Irpef portandola da cinque a quattro in base ai diversi scaglioni di reddito sono le seguenti:

  • del 23% per redditi fino a 15.000 euro; 
  • del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro; 
  • del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro; 
  • del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.

Ora il governo Meloni potrebbe modificare ancora le aliquote Irpef portandole a tre che potrebbero essere le seguenti:

  • aliquota del 23% per chi ha redditi fino a 15mila euro;
  • aliquota del 27% per chi ha redditi tra 15mila-50mila euro;
  • aliquota del 43% per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.

Con tale schema di revisione dell’Irpef aumenterebbero soprattutto gli stipendi dei lavoratori che percepiscono redditi annui tra 28mila e 50 mila euro. Se, infatti, per lavoratori con redditi annui fino a 15mila euro e oltre i 50mila euro non cambierebbe nulla, perché le rispettive aliquote Irpef rimarrebbero le stesse, mentre per chi ha redditi superiori fino a 28mila euro annui, cioè per stipendi fino a 2.150 euro al mese circa, gli importi potrebbero ridursi, mentre beneficerebbero delle nuove aliquote Irpef i lavoratori con redditi tra 28mila euro e 50mila euro annui, cioè chi percepisce stipendi tra circa 2.220 euro al mese e circa 3.800 euro al mese, con stipendi che aumenteranno.

Si tratta, infatti, della fascia di redditi per cui l’aliquota Irpef di pagamento sulle tasse scenderebbe dal 35% al 27%, e in tal caso gli aumenti degli stipendi l’aumento potrebbero essere anche alti per la riduzione di ben 8 punti percentuali di tasse da pagare.

Come cambiano stipendi e nuove regole al via con nuova riforma lavoro

Nel corso dell’anno potrebbero aumentare ancora gli stipendi ancora la nuova riforma del lavoro. Se il governo Meloni con la nuova Manovra Finanziaria ha deciso per nuovo taglio del cuneo fiscale, per pagare meno tasse in busta paga e contribuire ad aumentare gli importi netti degli stipendi dei lavoratori dipendenti, con la nuova riforma del lavoro il taglio del cuneo fiscale potrebbe aumentare ancora, implicando nuovi aumenti degli stipendi. 

Il governo Meloni ha, infatti, fissato al 3% il taglio del cuneo fiscale per chi ha redditi fino a 25mila euro e al 2% per chi ha redditi tra 25mila e 35mila euro, novità che porta in busta paga aumenti di qualche decina di euro per stipendi lordi fino a 2.692 euro, ma ancora più alti potrebbero essere gli aumenti degli stipendi per lavoratori dipendenti con la nuova riforma del lavoro.

Secondo quanto anticipato, il governo Meloni avrebbe intenzione di alzare gradualmente i punti percentuali per un nuovo taglio del cuneo fiscale che potrebbe arrivare al 5% per tutti i redditi fino a 35mila euro. 

Anche in questo caso, dunque, gli aumenti sarebbero per stipendi fino a 2.692 euro lordi e nulla cambierebbe ancora per stipendi di importo superiore. Per esempio, per uno stipendio netto di 800 euro, l’aumento con la nuova riforma fiscale potrebbe arrivare a circa 42 euro, chi prende stipendi da 1000 euro avrebbe 53 euro in più, mentre per stipendi di 1.600 euro, l’aumento sarebbe di 84 euro circa che salirebbero a poco più di 100 euro per chi prende stipendi da 2mila euro.

Insieme all’aumento del taglio del cuneo fiscale che dovrebbe portare nuovi aumenti per gli stipendi, la riforma del lavoro dovrebbe rivedere anche alcune regole relative alle modalità lavoro, a partire le novità per contratti di lavoro a tempo determinato, con particolare riferimento alle causali da indicare.

Oggi le leggi in vigore prevedono, infatti, che per le assunzioni di lavoratori con contratto a tempo determinato per un massimo 12 mesi si possa non riportare alcuna causale, cioè non indicare il motivo del lavoro temporaneo e, trascorsi i primi 12 mesi, per prorogare lo stesso contratto di altri 12 mesi si devono invece indicare le causali.

Una volta trascorsi anche gli ulteriori 12 mesi, per un totale di 24 mesi, non si può più prorogare il contratto a tempo determinato, per cui il lavoratore o viene assunto a tempo indeterminato o licenziato. Il governo Meloni vorrebbe del tutto eliminare le causali da inserire per i contratti a tempo determinato fino a 24 mesi. Altra intenzione del governo è quella di allungare la possibilità di proroga dei contratti a tempo determinato di 12 mesi, arrivando così ad un massimo di 36 mesi dagli attuali 24.

Nuove regole sarebbero previste anche per lo smartworking: si pensa, infatti, all’introduzione della possibilità di lavorare in smartworking quando le condizioni aziendali o di enti lo permettessero e secondo regole specifiche. 

Ulteriori novità dovrebbero riguardare la Naspi, l’indennità di disoccupazione, soprattutto in riferimento ai tempi di durata dell’indennità: se oggi, infatti, la Naspi viene riconosciuta ai lavoratori rimasti in totale stato di disoccupazione involontaria per un massimo di due anni, il disoccupato percepisce l’indennità per la metà delle settimane lavorate nel quadriennio precedente e matura il 50% delle giornate di lavoro effettuate come giornate indennizzabili da Naspi. L’intenzione del governo è quella di ridurre tale percentuale al 40% o al 30%, in ogni caso inferiore al 50%.