Nuove anticipazioni su decreto pignoramenti, ma anche le importanti novità già entrate in vigore da poco

di Marianna Quatraro pubblicato il
Nuove anticipazioni su decreto pignorame

Cosa è già cambiato per le procedure di pignoramento dei beni e cosa potrebbe cambiare ancora con nuovo decreto in arrivo

Quali sono le nuove anticipazioni su decreto pignoramenti e le modifiche più importanti in arrivo? La procedura e i tempi di pignoramento sono stati di recente tra le principali questioni affrontate dal governo, con novità già approvate lo scorso anno e ulteriori modifiche attuali che stanno contribuendo cambiare i pignoramenti, rendendoli in alcuni casi anche più difficili. Vediamo di seguito cosa potrebbe cambiare ancora per i pignoramenti.

  • Anticipazioni su decreto pignoramenti e modifiche importanti in arrivo
  • Modifiche già al via per pignoramenti 2023

Anticipazioni su decreto pignoramenti e modifiche importanti in arrivo

Il governo Meloni si avvia a definire ulteriori modifiche per le procedure di pignoramento di soldi, case o altri beni modbili o immobili, modifiche che potrebbero arrivare o con un apposito decreto, probabilmente breve, o con la nuova riforma del fisco ufficiale che dovrebbe arrivare tra settembre e ottobre, o, ancora, con la commutazione di alcune recenti sentenze sul pignoramento in leggi.

Le modifiche possibili potrebbero riguardare nuove semplificazioni per le procedure di avvio dei pignoramenti, prevedendo anche tempi più rapidi in modo da velocizzare i dovuti mancati pagamenti che rischiano di dare avvio alla vera e propria procedura dell’espropriazione forzata con il pignoramento, fino a possibili nuove sanzioni. Tutto è, però, ancora in via di definizione, si tratta di anticipazioni possibili e non ci sono al momento certezze su misure e tempi di arrivo del nuovo decreto pignoramenti.

Modifiche già al via per pignoramenti 2023

Nuove modifiche sui pignoramenti sono state già definite nel corso dell’anno ma anche a partire dallo scorso anno, a partire dai nuovi limiti al pignoramento di stipendi e conto correnti, che vengono aggiornati ogni anno perché variano e dipendono dall’importo dell’assegno sociale, che si modifica ogni anno, perché è soggetto a rivalutazione. 

Nel 2023, per la nuova rivalutazione, l’importo dell’assegno sociale è aumentato a 503,27 euro al mese per 13 mensilità e il pignoramento dello stipendio dipende dall’importo dell’assegno sociale nella misura in cui, per legge, non si può pignorare il minimo vitale, pari al doppio dell’assegno sociale e non può mai essere inferiore a mille euro. 

Se, quindi, l’importo dell’assegno sociale è di 503,27 euro, il minimo vitale 2023 è di 1.006,54 euro. Il pignoramento dello stipendio può avvenire in misure differenti oltre tale importo.

E’ possibile pignorare lo stipendio secondo i limiti previsti dalla legge sia presso il datore di lavoro e sia sul conto corrente dove viene accreditato. In particolare, si può pignorare lo stipendio presso il datore di lavoro nel 2023 solo nel limite di un quinto, mentre se il creditore è Agenzia Entrate Riscossione, i limiti per il pignoramento dello stipendio sono di:

  • un quinto per stipendi sopra 5.000 euro;
  • un settimo per stipendi fino a 5.000 euro;
  • un decimo per stipendi fino a 2.500 euro
Per quanto riguarda i limiti di pignoramento su un conto corrente, le leggi attuali prevedono, in base al saldo disponibile sul conto, la possibilità di pignorare solo la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale, cioè 1.404,30 euro considerando l’importo dell’assegno sociale, come detto, nel 2023 di 503,27.

Ulteriori modifiche già approvate (la scorsa estate 2022) sul pignoramento riguardano il cosiddetto pignoramento verso terzi, che permette al creditore di procedere al recupero dei crediti presso il debitore ma in possesso di un altro soggetto.

Il pignoramento versi terzi coinvolge creditore procedente, parte attiva in senso sostanziale e processuale; debitore esecutato, parte passiva in senso sostanziale e processuale; e terzo pignorato, parte solo in senso processuale, viene notificato al debitore iniziale del titolo esecutivo e dell’atto di precetto e ha competenza diversa, per cui cambiano le competenze per il pignoramento presso terzi.

In particolare, per il pignoramento di beni mobili presso terzi, la competenza è del giudice (dunque il Tribunale) del luogo in cui si trovano i beni, mentre per il pignoramento di crediti la competenza è del giudice (quindi il Tribunale) del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

L’unica eccezione in tal senso è rappresentata dal caso in cui il debitore è una pubblica amministrazione: la competenza, infatti, è del Tribunale del luogo in cui il terzo ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Modifiche ai pignoramenti sono state definite anche da recenti sentenze che, pur avendo valore giuridico, devono diventare leggi e forse si tratta di un passo che potrebbe compiersi proprio con la definizione del nuovo decreto pignoramenti.

La prima nuova recente sentenza sul pignoramento è quella emessa dalla Corte di Giustizia tributaria di Siracusa secondo cui l’Agente della riscossione non può pignorare crediti vantati dal contribuente verso enti pubblici se sono decorsi 60 giorni dal fermo delle somme. 

La sentenza trae origine dalla normativa che permette al Fisco di avviare la procedura speciale di pignoramento prevista dalla legge esattoriale secondo cui l’Agente della riscossione può attuare direttamente il pignoramento, senza rivolgersi al giudice ordinario, ottenendo il pagamento dei crediti vantati con un’espropriazione forzata nei confronti del terzo ma solo entro il termine dei sessanta giorni.

Decorso tale termine, l’esecuzione forzata può avvenire solo attraverso il Tribunale. I contribuenti possono quindi ottenere il pagamento dei loro crediti, facendo dichiarare inefficaci per intervenuta decadenza, i pignoramenti avviati oltre termine.

Altra nuova recente sentenza per i pignoramenti è arrivata dalla Corte di Cassazione e attuata per la prima volta dal tribunale di Milano lo scorso 23 maggio.

La Corte di Cassazione è intervenuta con una recente sentenza stabilendo che, se un contratto bancario prevede clausole vessatorie e abusive, il debitore può opporsi al pignoramento immobiliare anche se non ha agito tempestivamente in passato lasciando scadere i termini e facendo diventare il decreto ingiuntivo definitivo. 

Perché si possa dare attuazione alla sentenza della Cassazione, però, è necessario che sussistano le seguenti condizioni: 

  • il debitore deve essere un consumatore; 
  • il contratto bancario deve contenere almeno una clausola vessatoria;
  • l’asta giudiziaria non deve essersi conclusa con l’assegnazione dell’immobile. 
Se sussistono tutte queste condizioni, il debitore può procedere con l’opposizione al pignoramento immobiliare. Per effetto della nuova sentenza della Cassazione, cambiano le modalità e i tempi di pignoramento delle case e il giudice a cui la banca presenta richiesta di decreto ingiuntivo deve prima chiedere al creditore di presentare il contratto di credito.

Solo dopo, il giudice competente della procedura di pignoramento immobiliare, può rivedere tutto il procedimento e bloccare l’asta giudiziaria se emerge una effettiva violazione delle norme europee che tutelano il consumatore.

Dunque, per decidere se effettivamente una casa può essere all’asta o essere riacquisita dal debitore, il giudice deve valutare prima se il decreto ingiuntivo è stato emesso sulla base di clausole abusive contrarie ai diritti del consumatore.