Riforma lavoro modifica contratti stipendi tasse priorita
Come potrebbe cambiare il lavoro con nuova riforma tra le priorità del governo e modifiche per contratti a termine e non solo
Rendere più flessibili i contratti a tempo determinato, rivedere le norme relative agli obblighi informativi contrattuali ma anche revisione delle tasse: il governo Meloni si dice pronto a mettere mano ad una riforma del lavoro, come priorità al via ora, con modifiche a contratti, stipendi e tasse. Vediamo quali potrebbero essere le novità in arrivo con la nuova riforma del lavoro.
Stando a quanto previsto dalle leggi attuali, si possono assumere lavoratori con contratto a tempo determinato per massimo 12 mesi, senza alcuna causale, cioè non indicando il motivo del lavoro temporaneo. Trascorsi i primi 12 mesi, per prorogare lo stesso contratto di altri 12 mesi bisogna indicare le causali e, trascorsi anche gli ulteriori 12 mesi per un totale di 24 mesi, non si può più prorogare il contratto a tempo determinato, per cui il lavoratore o viene assunto a tempo indeterminato o licenziato.
Le causali che generalmente si inseriscono per le assunzioni a tempo determinato sono, per esempio, sostituzione di lavoratori, o esigenze temporanee e oggettive estranee all’attività ordinaria, o aumenti temporanei e significativi dell’attività.
Il governo Meloni vorrebbe ora del tutto eliminare le causali da inserire per i contratti a tempo determinato fino a 24 mesi ma, allo stesso tempo, vorrebbe anche allungare la possibilità di rinnovo di contratti a termini di altri 12 mesi per un totale di 36 mesi.
Dunque, con la nuova riforma del lavoro, secondo il governo, si punterebbe ad alleggerire i contratti di lavoro a tempo determinato, spingendo, contestualmente, verso una maggiore occupazione.
Spazio nella nuova riforma del lavoro anche ad una revisione di alcuni criteri introdotti dal decreto Trasparenza dell’ex ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd), per recepire una direttiva europea relativa ai vincoli informativi obbligatori al momento della stipula di un contratto. Stando a quanto anticipato, la nuova riforma del lavoro dovrebbe ammorbidire i vincoli informativi per i contratti.
In particolare, le informazioni su diritti e doveri da riportare sui contratti di lavoro, tra cui congedi retribuiti, importo iniziale della retribuzione e modalità di pagamento, tempi del periodo di prova, durata delle ferie, programmazione dell’orario di lavoro e possibilità per il lavoratore con un’anzianità di almeno sei mesi di chiedere la stabilizzazione, introdotti dal precedente governo potrebbero essere eliminati perché, secondo consulenti del lavoro e aziende, implicherebbero un importante aggravio burocratico.
Al momento, se non si rispetta tale obbligo è prevista una sanzione per il datore di lavoro pari a ben 5mila euro.
Cambiano poi stipendi e tasse anche se non per effetto della nuova riforma del lavoro al vaglio del governo. Strettamente collegato al tema lavoro è il nuovo taglio del cuneo fiscale per ridurre le tasse e aumentare gli importi netti in busta paga, già deciso dal governo Meloni con la Manovra Finanziaria 2023, e che è del 3% per chi ha redditi fino a 25mila euro e del 2% per chi ha redditi annui tra 25mila e 35mila euro.
Le buste paga saranno più alte per effetto del nuovo taglio del cuneo fiscale presumibilmente dal prossimo mese di marzo 2023, calcolando anche gli arretrati dei primi mesi, perché dopo l’approvazione della Manovra si attendono i decreti attuativi per il via ufficiale alle misure.
Strettamente collegata alla riforma del lavoro ci sarà anche la riforma delle tasse con l'Irpef che probabilmente cambierà ancora. Se, infatti, il governo Draghi ha già modificato le aliquote Irpef nel 2022 riducendole da cinque a quattro, il governo Meloni pensa di ridurle ancora da quattro a tre.
Le quattro nuove aliquote Irpef attuali in base agli scaglioni di reddito sono le seguenti:
del 23% per redditi fino a 15.000 euro;
del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro;
del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro;
del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.
Con il governo Meloni potrebbero ridursi al tre, al 23%, 27% e al 43%, ma al momento non c’è alcuna certezza di effettive modifiche ulteriori alle aliquote Irpef né quali sarebbero gli scaglioni di reddito a cui associarle. Ciò che certamente si sa è che qualsiasi modifica di scaglioni Irpef inciderà su stipendi e relativo pagamento delle tasse.