Stipendi in contanti, quando non è possibile
Sono già in vigore le norme che impongono al datore di lavoro il divieto di pagare gli stipendi in contanti, ma con alcune importanti eccezioni da ricordare.
L'obiettivo del legislatore e dell'Agenzia delle entrate è stroncare ogni forma di evasione e di sfruttamento del lavoratore. Con il divieto di pagare lo stipendio in contanti e dunque con l'obbligo per il lavoratore di utilizzare strumenti tracciabili, come il bonifico, viene dato un duro colpo all'economia sommersa. Ma anche a chi riceveva compensi ben al di sotto del minimo sindacali. Le nuove regole aggiornate 2019 sugli stipendi in contanti sono in vigore da oltre un anno.
Tuttavia c'è un aspetto di fondo che non passa inosservato: come fare a pagare lo stipendio con un bonifico a chi non ha un conto corrente o una carte prepagata? Ebbene, occorre sapere che la normativa 2019 prevede alcune eccezioni e ben precisi casi particolari per cui è ancora possibile pagare gli stipendi in contanti.
Sono già in vigore le norme che impongono al datore di lavoro il divieto di pagare gli stipendi in contanti. Il compenso, sia che si tratta di lavoro dipendente e sia di collaborazione autonoma, deve essere versato con uno strumento tracciabile. Il modo più tradizionale è il bonifico sul conto corrente del lavoratore o comunque su quello espressamente indicato. Ma è possibile anche su una carta prepagata e dunque con pagamento elettronico. Via libera anche all'assegno bancario o postale da convertire in denaro dallo sportello.
E se i contanti non possono essere consegnati nelle mani del lavoratore, è comunque consentito alla banca o alla Posta. In questo modo l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza e il Ministero del Lavoro hanno la certezza che la somma versata sia effettivamente quella pattuita.
Coinvolti in questo obbligo sono datori di lavoro e lavoratori di cooperative con soci, con un contratto di collaborazione e naturalmente con un rapporto subordinato. Nessuna distinzione nel caso di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, contratto a chiamata, contratti a tempo pieno e part time, soci lavoratori di cooperative con contratti subordinati, contratti di apprendistato.
In tutti questi casi, la retribuzione non può essere più pagata in contanti, ma con mezzi di pagamento tracciabili. Esistono però alcune eccezioni alla normativa 2019, da ricondurre a due macro categorie. La prima è quella dei rapporti di lavoro domestici ovvero colf, badanti e baby sitter; la seconda è quella della pubblica amministrazione, anche se con un limite ben preciso rispetto alla cifra massima da corrispondere.
Nel caso di colf, badanti e baby sitter c'è dunque la libertà del datore di lavoro di pagare lo stipendio in contanti, ma resta un interrogativo di fondo: conviene realmente? Il pagamento tracciato rimane infatti il modo più chiaro per dimostrare l'avvenuta transazione. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione ovvero i dipendenti statali, il pagamento dello stipendio in contanti è possibile solo se è inferiore a 1.000 euro.
Semaforo verde all'uso di denaro liquido anche per lavoro autonomo occasionale, attività di amministratore di società e borse di studio, così come per le spese per trasferimenti, i rimborsi e gli anticipi. La ragione? Non incidono a livello previdenziale o fiscale.