Tasse più basse con delega fiscale approvata? Non per tutti, anzi per alcuni aumentano (facciamo chiarezza)

di Marianna Quatraro pubblicato il
Tasse più basse con delega fiscale appro

Qual è la verità sul calcolo delle tasse da pagare con nuova delega fiscale approvata: non tutti saranno più basse e molti pagheranno anche di più

La revisione delle aliquote Irpef attualmente in vigore per la tassazione sui redditi e l’estensione possibile della no tax area sono state annunciate dal governo, insieme ad altre misure di detassazione che rientrano nella delega fiscale approvata ad agosto, come importanti misure per ridurre il carico fiscale e aumentare, di conseguenza, i reali guadagni. 

La verità è, però, che non per tutti ci saranno tasse più basse con la delega fiscale approvata ma, anzi, per alcuni aumentano. Vediamo perché. 

  • Tasse più basse in delega fiscale con nuova Irpef ma non per tutti
  • Perché aumentano le tasse per alcuni invece di essere più basse con delega fiscale approvata


Tasse più basse in delega fiscale con nuova Irpef ma non per tutti

La revisione delle aliquote Irpef è la misura cardine della delega fiscale su cui il governo punta assicurando una riduzione delle tasse. Eppure non sarà così per tutti. Il piano del governo è ridurre a tre le attuali quattro aliquote Irpef di tassazione sui redditi che sono le seguenti:
  • del 23% per redditi fino a 15.000 euro; 
  • del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro; 
  • del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro; 
  • del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.
Tra le prime ipotesi di revisione dell’Irpef, c’è quella che prevede le seguenti nuove aliquote:
  • del 23% per redditi da 8.500 euro e fino a 28mila euro;
  • del 35% per redditi da 28.001 euro a 50mila euro;
  • del 43% per redditi oltre i 50mila euro.
Questo schema di revisione Irpef agevolerebbe i redditi più medio-bassi tra 15mila e 28mila euro per cui l’aliquota Irpef si ridurrebbe dal 25 al 23% ma resterebbe la stessa aliquota al 23% per chi percepisce redditi ancor più bassi e resterebbe anche invariata l’aliquota di tassazione per chi ha redditi più alti, il che significa che soprattutto per chi ha redditi più bassi non ci sarebbe alcuna riduzione delle tasse da pagare. Eppure si tratta della fascia reddituale da aiutare maggiormente dal punto di vista fiscale.

Altra ipotesi di revisione Irpef al vaglio del governo prevede le seguenti aliquote:

  • del 23% per chi ha redditi fino a 15mila euro;
  • del 27% per chi ha redditi tra 15mila-50mila euro;
  • del 43% per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.
Questa ipotesi di modifica Irpef sarebbe conveniente per chi ha redditi annui tra 28mila euro e 50mila euro annui, considerando che l’aliquota Irpef si ridurrebbe di ben 8 punti percentuali scendendo dal 35% al 27%, ma per chi percepisce redditi più bassi sui circa 25mila euro non ci sarebbero tasse più basse né tanto meno per la prima fascia di redditi fino a 15mila euro, per cui resterebbe sempre l’aliquota al 23%.

Ulteriore ipotesi di revisione Irpef prevederebbe le seguenti aliquote:

  • al 23% per redditi fino a 28.000 euro; 
  • al 33% per redditi tra 28mila e 50mila euro;
  • al 43% per redditi oltre i 50mila euro.
Infine, ultima ipotesi di revisione Irpef potrebbe prevedere le seguenti tre nuove aliquote Irpef:
  • al 23% per i redditi sotto i 15 mila euro;
  • al 27% per i redditi tra 15 mila e 75 mila euro;
  • al 43% per i redditi oltre i 75 mila euro.
Anche in questo caso, per la prima fascia di reddito fino a 15mila euro, non ci sarebbe alcuna riduzione delle tasse perchè resterebbe ancora l’aliquota al 23%, nessuna riduzione delle tasse effettive neppure per coloro che percepiscono redditi tra i 15mila e 28mila euro, per cui l’aliquota di tassazione salirebbe dall’attuale 25% al 27%, e per cui quindi le tasse aumenterebbero, mentre, paradossalmente, ma si ridurrebbero le tasse per chi ha redditi più alti tra 50mila e 75mila euro,
 
Non ci sarebbe una riduzione delle tasse neppure per tutti coloro che hanno redditi molto bassi e rientrano nella no tax area. Tra le misure della nuova delega fiscale c’è, infatti, anche la possibile estensione della no tax area, la soglia di reddito al di sotto della quale non si deve pagare alcuna tassa, che oggi è diversa per pensionati e lavoratori.

Per i primi, infatti, è fissata a 8.500 euro e per i secondi a 8.174 euro. L’obiettivo del governo Meloni è quello di stabilire una soglia di reddito entro il quale non si pagano le tasse uguale sia per lavoratori che pensionati e potrebbe aumentare per tutti sugli 8.500 euro annui ma per i pensionati nulla cambierebbe.

Perché aumentano le tasse per alcuni invece di essere più basse con delega fiscale approvata

Al di là della revisione delle aliquote Irpef, le tasse non saranno effettivamente più basse ma per alcuni aumenteranno non solo per la nuova Irpef ma anche per aumento delle addizionali locali, Irpef comunale e regionale, e aumento di tasse locale, come Imu e Tari.

Per quanto riguarda Imu e Tari, ogni singolo Comune può decidere le proprie aliquote di pagamento delle imposte. I Comuni possono, infatti, prevedere, tramite Decreto del Mef, modifiche e aumenti delle aliquote Imu ed è stato stabilito che, in mancanza di una delibera approvata e pubblicata tempestivamente entro il 28 ottobre dell’anno di riferimento, devono essere considerate le aliquote di base Imu e non più quelle vigenti nell’anno precedente, come prima accadeva.

Per permettere al Mef di pubblicare entro il 28 ottobre di ogni anno le nuove aliquote di pagamento Imu deliberate, i Comuni devono trasmetterle entro il termine del 14 ottobre dello stesso anno, per cui fino ad ottobre si possono decidere i nuovi aumenti Imu, per poi procedere al ricalcolo dell’imposta a dicembre per il pagamento del saldo in programma il 16 dicembre, dopo il primo acconto del 16 giugno. 

Anche per la Tari sui rifiuti spetta ai Comuni stabilire le aliquote di pagamento dell’imposta e anche in tal caso sono molti i Comuni che hanno già deciso di aumentarle mentre altri sono ancora in fase di delibera. 

Del resto, è stata la delega fiscale approvata a prevedere l’attuazione del federalismo fiscale, conferendo maggiore autonomia finanziaria agli enti locali e la possibilità di gestire in piena libertà le proprie finanze e imposte e ciò significa che regioni e Comuni possono decidere autonomamente come e quanto far pagare le imposte locali.

L’Imu diventa, dunque, un’imposta regionale e non più di competenza statale, perché con il federalismo fiscale le imposte regionali, come l’Imu e la Tari sui rifiuti, saranno modulate su un nuovo sistema fiscale per comuni, province e città metropolitane.

Stessa possibilità per Comuni e regioni riguarda l’eventuale aumento delle addizionali locali di Irpef comunale e regionale che in molti hanno già aumentato, e al massimo, portando ad aumenti vertiginosi delle imposte da pagare.