Azienda, responsabile si prende una Porsche ma lascia tutti senza stipendio. E altre vicende

di Luigi Mannini pubblicato il
Azienda, responsabile si prende una Pors

Ha suscitato reazioni veementi tra i lavoratori che non percepiscono lo stipendio la decisione dell'amministratore di acquistare una Porsche annunciandolo anche con un post su Facebook (poi rimosso)

Una amministratice di una società di Monza a rischio fallimento che sta per chiudere sta lasciando per alcuni mesi i dipendenti senza stipendio, non pagandoli, ma si compra una fiammante Porsche e la mostra fiera su Facebook. E le conseguenze non tardano ad arrivare. Ma non è l'unica storia di questo genere

Che l’Italia viva, in generale, uno dei momenti non certo migliori dal punto di vista dell’etica e della morale è uno degli aspetti che emerge prepotentemente. Basta consultare qualche dato, a partire dalle classifiche sui paesi più corrotti che evidenziano lo stato preoccupante in cui si trova il Belpaese. Ma non si tratta solo di corruzione materiale, perché come in questa storia che stiamo per raccontarvi, a scarseggiare oggi è proprio il senso della misura e del rispetto.

Come valutare, infatti, la decisione di pubblicare una foto su Facebook decantando la bellezza di un’auto di lusso quando l’azienda di cui si è amministratore è in fallimento e i lavoratori non percepiscono uno stipendio da mesi? Facile. Basta seguire l’esempio dell’amministratrice straordinaria dell’azienda rimasta orfana della dirigente, la celebre Lady Sorriso, al secolo Maria Paola Canegrati che di recente è stata indagata per tangenti nel comparto sanità. E l’amministratrice straordinaria, giustamente, ha ben pensato di comprare una Porsche.

Lavoratori senza stipendio ma amministratrice si compra Porsche

Seguendo le fasi di questa vicenda viene in mente una scena del celeberrimo film di Mario Monicelli “Il Marchese del Grillo” quando il protagonista impersonato da uno splendido Alberto Sordi si affaccia dal suo palazzo nobiliare e urla al popolino che attende una mancia nel cortile sottostante la frase: “Perché io sono io e voi non siete un…”. E proprio all’insegna di questo motto potrebbe inserirsi anche la decisione di Laura Arosio, uno dei due amministratori straordinari della Servicedent, azienda che gestisce servizi odontoiatrici, di pubblicare sulla propria pagina Facebook un post (subito rimosso dopo la reazione dei lavoratori) con delle informazioni ben precise.

Che hanno fatto letteralmente saltare il tappo alla rabbia dei lavoratori dell’azienda che sono senza stipendio da mesi dopo che l’azienda è finita al centro di una storia di tangenti che ha obbligato Maria Paola Canegrati, conosciuta anche con l’appellativo di Lady Sorriso, a farsi da parte in attesa di giudizio. Cosa c’era scritto nel post pubblicato su Facebook? L’amministratrice straordinaria ha pubblicato una mappa in cui era riportato un punto, illustrato da poche parole di messaggio: “Alla grande presso Centro Porsche Milano est”

Azienda in fallimento la rabbia dei lavoratori

Se la legge non è stata violata in questa circostanza, la rabbia dei lavoratori mettono è esplosa riguardo l’opportunità di un’azione del genere. L’azienda, infatti, non paga gli stipendi da mesi, ma nonostante questo gli amministratori straordinari hanno deciso di concedersi un premio di autoliquidazione che ammonta alla cifra monstre di circa ottocento mila euro. E, come se non bastasse, hanno fatto lo stesso con consulenti, molto vicini, a volte parenti, degli amministratori straordinari. I lavoratori hanno chiesto anche che gli amministratori prefettizi e tutti i loro consulenti vengano sollevati immediatamente dai loro incarichi.

Per i circa quattrocento lavoratori, ai quali si aggiungono altre seicento persone tra medici professionisti e collaboratori esterni adesso è necessario tornare alla normalità con la fine di un commissariamento che, lungi da essere una cura, si è rivelato forse ancora più dannoso del male. Il tribunale di Monza adesso dovrà valutare la richiesta di concordato presentato dalla proprietà che ha messo sul tavolo altri 4 milioni.

E chi non si ricorda di questa ulteriore vicenda?

Licenziata una mamma a Corsico, nell'Ikea di Corsico, madre di due bambini piccoli di cui uno disabile, o perchè non riiusciva a gestire e rispettare i turni. E subito è partita la mobilitazione dei colleghi
Secondo quanto si apprende dalle fonti sindacali, la donna, di 39 anni, laureata in scienza alimentari, lavorava da 17 anni presso Ikea e recentemente aveva cambiato recparto. Una volta eraa rrivata con due di anticipo in un turno, in un'altra co  due ore di ritardo
Dopo una settimana la lettera di licenziamento motivata da un venir meno dei rapporto di fiducia.
I sindacati Filcams si sono subito schierati con la donna insieme a numerosi colleghi con una mobilitazione e sciopero una dalla 17 alle 18 e un altro prima dalle 11-12 sottolineando che il welfare svedese sembra completamente dimentica dalla multinazionale negli ultimi anni.

E 25mila neomamme....

E questa sarebbe una situazione da Paese civile, avanzato e attento alle esigenze degli individui e delle famiglie? Se la fotografia dell'ispettorato nazionale racconta di un vero e proprio boom di neomamme costrette a lasciare il lavoro, significa che c'è qualcosa che non va. Anzi, c'è molto che non gira per il verso giusto perché da una parte sono 25mila le mamme che presentano la lettera di dimissioni e dall'altra i posti all'asilo sono pochi, i costi sono alti e il numero di nonni lavoratori è in crescita. Una situazione tra il critico e drammatico che mette in luce tutte le contraddizioni di un Paese e di una classe di governanti che mette in luce lo scarso tasso di natalità, ma che poco o nulla fa per mettere le mamme in condizione di allevare un figlio nelle migliori condizioni possibili.

Secondo i dati aggiornati forniti dall'Ispettorato nazionale del lavoro e oggetto di discussione, tra le donne che hanno fatto un passo indietro rispetto al mondo dell'occupazione, 24.618 hanno specificato motivazioni legate alla difficoltà di assistere il bambino e di conciliare la vita da mamma con il lavoro. Insomma, qui in Italia c'è evidentemente poca attenzione per la genitorialità. I numeri parlano chiaro e lo fanno in maniera drammatica:

  1. 37.738 genitori con figli fino a 3 anni di età si sono dimessi nel corso del 2016
  2. 29.879 neomamme si sono dimesse nel 2016: solo 5.261 sono passate in un'altra azienda
  3. 7.859 neopapà si sono dimessi nel 20116: di questi 5.609 sono passati a un'altra azienda
Senza voler essere troppi crudi, crescere un bambino in Italia può rappresentare in molti casi un peso. Andando più a fondo nei dettagli sono proprio le donne come lavori meno pagati a essere costrette a licenziarsi. La maggiore quota di dimissioni si registra infatti tra impiegate e operai e solo in percentuali minori tra quadri e dirigenti.

A incidere non è solo il lavoro svolto, ma anche il luogo di provenienza. In pratica vivere in alcune città e in alcune regioni è ben più costoso e impegnativo rispetto ad altri. La maggior parte delle dimissioni arriva dalla Lombardia, anche e soprattutto per assenza di accoglienza al nido, non disponibilità di parenti per prendersi cura del neonato, costi troppo alti per l'assistenza. Alle spalle della Lombardia si colloca il Veneto e in questo caso a fare la differenza sono anche la mancata concessione del part time e la modifica dei turni. I primi posti della graduatoria per numero di dimissioni vedono la presenza del Lazio e dell'Emilia Romagna.