Lavoro straordinario, quando conviene davvero
In linea di massima il lavoro straordinario conviene a tutti, ma sia il lavoratore e sia il datore di lavoro devono tenere conto delle soglie di reddito Irpef.
L'opzione del lavoro straordinario può essere conveniente per tutte le parti in causa. Per il datore di lavoro che riesce a innalzare il livello di produzione godendo di un'agevolazione fiscale sulla retribuzione extra da versare ai dipendenti e dei premi di produttività. Per i lavoratori che possono irrobustire la busta paga mensile. Precisiamo subito che il lavoro straordinario è quello lavoro prestato oltre il normale orario a tempo pieno.
Tenendo conto del tetto di 2.000 euro lordi, l'imposta sostitutiva al 10% può essere applicata sui premi di risultato in seguito a aumento dell'efficienza, aumenti della redditività, innovazione o aumenti della produttività.
In linea di massima il lavoro straordinario conviene a tutti, ma sia il lavoratore e sia il datore di lavoro devono tenere conto delle soglie di reddito Irpef per valutare la reale convenienza. Il sistema della tassazione in Italia per i dipendenti è a scaglioni e aumentare il reddito annuale oltre una certa soglia potrebbe significare entrare in un successivo scaglione di reddito con l'applicazione di un'aliquota più alta.
In ogni caso, la detassazione è applicata in modo automatico ai dipendenti che non hanno lavorato per tutto l'anno ma che sommando i redditi percepiti, non hanno oltrepassato il tetto dei 50.000 euro e, appunto, ai dipendenti che hanno lavorato per tutto l'anno con reddito fino a 50.000 euro.
Un'altra soluzione da valutare è la conversione del premio di risultato detassabile in benefit, come previdenza complementare, sanità integrativa e partecipazione azionaria dei dipendenti, a scelta del dipendente. In questo caso occorre tenere conto di limiti di non imponibilità per il dipendente.
Più esattamente, l'importo escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente per i contributi alla previdenza complementare versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, su base volontaria o contrattuale è pari a 5.164,57 euro, per i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi fini assistenziali che operino negli ambiti di intervento del decreto del Ministero della Salute a 3.615,20 euro, per le azioni offerte alla generalità dei dipendenti a 2.065,83 euro.
Una seconda soluzione da valutare è la conversione dei premi di risultato in fringe benefits. Ad esempio in prestiti: il 50% della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al termine di ciascun anno e l'quello degli interessi. Oppure in servizi di trasporto ferroviario di persona prestati gratuitamente: l'importo corrispondente all'introito medio per passeggero o chilometro, al netto delle trattenute.
O in auto aziendali con il 30% dell'importo corrispondente a una percorrenza di 15.000 chilometri sulla base del costo chilometrico secondo le tabelle Aci 2019. Infine, in fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, rispetto a cui si tiene conto della differenza tra la rendita catastale del fabbricato aumentata di tutte le spese, comprese le utenze, e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso.