Le regole sulle ferie estive aggiornate in base alle leggi in vigore nel 2023

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Le regole sulle ferie estive aggiornate

Quali sono le regole in vigore che disciplinano le ferie estive dei lavoratori, diritti e sanzioni eventuali per datori di lavoro

Quali sono le regole sulle ferie estive aggiornate in base alle leggi in vigore nel 2023? Le ferie a lavoro sono un diritto irrinunciabile sancito dalla nostra Costituzione che riporta che il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunciarvi, per il recupero necessario delle energie psico-fisiche.

La richiesta di ferie al proprio datore di lavoro può avvenire sia in forma orale sia in forma scritta e, una volta presentata richiesta, l’azienda organizza il piano ferie dei propri dipendenti. Tutti i lavoratori hanno diritto ad un minimo di quattro settimane di ferie all’anno, cioè 28 giorni di ferie, ma si tratta di un periodo che può anche aumentare a seconda del proprio contratto di lavoro perché, in base ai mesi di lavoro svolti, si maturano nuovi giorni di ferie. 

  • Ferie estive a lavoro come funzionano
  • Datore di lavoro può negare ferie estive al lavoratore e cosa succede


Ferie estive a lavoro come funzionano

Stando quanto stabilito dalle leggi in vigore 2023, quando i lavoratori definiscono il piano ferie, il datore di lavoro deve rispettare gli obblighi relativi ai tre periodi diversi di godimento delle ferie annuali maturate: 
  • il primo, di almeno due settimane, da fruire in maniera continuativa nel corso dell’anno di maturazione; 
  • il secondo, sempre di due settimane, da fruire anche in modo frazionato ma entro 18 mesi dal termine dell’anno di maturazione, salvi i più ampi periodi di differimento stabiliti dalla contrattazione collettiva; 
  • il terzo periodo, di cui si può usufruire solo a condizione che il proprio Ccnl preveda più di 4 settimane di ferie annuali, può essere fruito anche in modo frazionato, ma entro il termine stabilito dall’autonomia privata dal momento della maturazione, o monetizzato in accordo tra le parti.
Le regole vigenti prevedono che il lavoratore dipendente non possa in autonomia e in modo arbitrario decidere il proprio periodo di ferie ma deve sempre essere concordato con il datore di lavoro e nel caso di mancato godimento delle ferie, dopo la scadenza prevista (solitamente 18 mesi), il datore di lavoro deve versare i contributi Inps. 

E ci sono poi le cosiddette ferie collettive, che riguardano il periodo di chiusura dell'attività lavorativa che comporta il godimento del riposo alla generalità dei dipendenti. Le leggi in vigore 2023 prevedono che si debba avere un periodo di ferie estive che può variare a seconda innanzitutto di ferie maturate a lavoro in base al periodo di lavoro prestato e quindi al momento dell’assunzione del lavoratore, di esigenze aziendali e lavorative e dello stesso lavoratore.

Generalmente, i lavoratori dipendenti che hanno diritto a tutte le settimane previste dalla legge di ferie possono usufruire di due settimane di ferie consecutive nel periodo estivo o anche divise, per esempio una settimana di ferie a giugno e una settimana di ferie ad agosto, e in questi periodi hanno diritto a ‘staccare’ completamente dal lavoro senza obbligo contestuale di reperibilità. 

Durante le ferie estive, nei casi di urgenti e particolari condizioni, la legge prevede il diritto del datore di lavoro di bloccare le ferie e richiamare al lavoro il dipendente per ragioni di servizio non espletabili da altro dipendente e riconoscendogli il diritto al rimborso delle spese sostenute per il rientro anticipato.

Datore di lavoro può negare ferie estive al lavoratore e cosa succede

Se datore di lavoro o azienda negano una richiesta di ferie di un lavoratore rischiano sanzioni. Le norme vigenti prevedono, infatti, per il mancato godimento del periodo minimo legale delle ferie, cioè le 4 settimane entro il termine stabilito dalla legge o quello più ampio previsto dai contratti collettivi, sia prevista una sanzione amministrativa pecuniaria variabile tra da 120 a 720 euro, che passa da 480 a 1.800 euro se la violazione è riferita a più di 5 lavoratori o si è verificata in almeno 3 periodi di riferimento.

La sanzione aumenta da 960 a 5.400 euro, non ne è ammesso il pagamento in misura ridotta, se la violazione è riferita a più di 10 lavoratori o si è verificata in almeno 5 periodi di riferimento. Gli importi riportati aumentano ulteriormente se nei 3 anni precedenti il datore ha già avuto sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.