La regola di base prevede che il datore di lavoro detenga il potere disciplinare nei confronti dei dipendenti, esercitabile all'interno di una cornice di leggi.
Le dinamiche di un ambiente di lavoro sono sempre molto complesse e può capitare di trovarsi in una situazione scomoda ovvero ricevere una lettera di richiamo da parte del datore di lavoro.
Si tratta di una sanzione disciplinare con cui l'azienda sottolinea un comportamento scorretto al dipendente che lo ha commesso, invitandolo a rimettersi in riga, ma soprattutto preannunciando l'avvio del procedimento disciplinare. E lo fa in maniera formale ovvero, a differenza di quanto avviene nel caso del richiamo verbale, mettendo tutto nero su bianco.
Si tratta di un istituto esistente da molti anni poiché nel contesto del potere direttivo, al datore di lavoro è sempre stata riconosciuta la facoltà di irrogare sanzioni disciplinari al lavoratore che venga meno ai propri obblighi contrattuali. Naturalmente tutto questo può accadere nei confronti dei dipendenti ovvero nel solo ambito del rapporto di lavoro subordinato. Analizziamo allora in questo articolo
La lettera di richiamo si colloca in questo ambito ed è soggetta a un percorso ben preciso perché con questo strumento il datore di lavoro preannuncia l'avvio del procedimento disciplinare, rispetto a cui il dipendente ha cinque giorni per rispondere ovvero per difendersi ed esporre il proprio punto di vista.
Può però accadere che da quel momento in poi l'azienda non si faccia più sentire e la domanda nasce spontanea: entro quando decade la lettera di richiamo e non è più valida?
La normativa del lavoro si è arricchita via via nel tempo e a contribuire a risolvere alcuni casi spinosi sono state le sentenze dei tribunali. come quella che ha fissato limiti ben precisi in relazione alla validità della lettera di richiamo ovvero alla sua decadenza.
Questo provvedimento, che anticipa l'avvio del procedimento disciplinare perde il suo potere a distanza di due anni dalla sua emanazione. Le norme in materia non assegnano un tempo definito al datore di lavoro per assumere la decisione finale dopo aver letto la difesa del dipendente. Potrebbe concludersi con un nulla di fatto o addirittura con il licenziamento, ma gli viene concessa la massima libertà nei tempi.
Tuttavia per i giudici è fondamentale il rispetto del principio dell'immediatezza nell'ambito di un comportamento rispetto della correttezza e della buona fede. Lo stesso concetto di immediatezza è però indeterminato ed è comunque differente caso per caso.
La variabile chiave che fa la differenza è la recidiva ovvero quei comportamenti che possono aggiungersi nel tempo per aggravare il provvedimento disciplinare da applicare. Ebbene, per lo Statuto dei lavoratori è vietato sanzionare condotte anteriori a due anni.