Pausa pranzo sul lavoro è compresa
Tutto sulla pausa pranzo: a chi spetta, durata minima e massima e soprattutto se deve essere retribuita o meno dal datore di lavoro.
Non è solo impossibile, ma anche pericoloso e poco produttivo non alzarsi mai dalla scrivania o interrompere il proprio turno di lavoro per fare una pausa.
Non è un caso che questo settore sia attentamente disciplinato dalle norme 2019, dai vari Contratti collettivi nazionale del lavoro alle leggi statali fino ad arrivare alle regole interne di ciascuna azienda.
E se c'è una pausa su cui l'attenzione del legislatore e del datore di lavoro, ma anche dei giudici e dei tribunali che si sono più volte espressi in materia è la pausa pranzo. Vogliamo adesso scoprire se questo periodo di interruzione della giornata, che di fatto la spezza in due, sia compresa nelle 8 ore di lavoro.
Perché c'è molta confusione su questo argomento e non tutti, ad esempio, sanno se la pausa pranzo lavoro sia obbligatoria o meno ovvero se sia prevista per legge oppure si tratti di una scelta facoltativa del lavoratore dipendente. E poi, c'è differenza tra pausa pranzo sul lavoro full time e part time?
Norme 2019 alla mano, la pausa è un diritto di tutti i lavoratori il cui orario di impiego è maggiore di sei ore. L'interruzione deve avere una durata minima di 10 minuti. Ma laddove non arrivano le norme generali ci pensano i singoli Contratti collettivi nazionale del lavoro a stabilire la durata della pausa pranzo.
Non solo, ma anche il regolamento interno dell'azienda disciplinano la materia. E non potrebbe essere diversamente: pensiamo ad esempio a un negozio aperto al pubblico. Se non abbassa mai la saracinesca dalle prime ore del mattino fino alla sera, scatta inevitabilmente la pausa pranzo per i commessi e per lavoratori in genere.
Ma se il negozio chiude proprio nelle ore del pranzo, allora la pausa non può per forza di cose rientrare nella disciplina interna. Ciascun impiegato può infatti decidere in piena autonomia come utilizzare il tempo della pausa pranzo a disposizione per via della chiusura del negozio.
Fissato il principio normativo che la durata della pausa è stabilita dai contratti collettivi e che la durata minima è di 10 minuti (quella massima viene appunto stabilita dall'azienda o il datore di lavoro in base alle esigenze organizzative e produttive), secondo la normativa in vigore, questo tempo è indispensabile per il recupero delle energie psico-fisiche, per la mera consumazione del pasto e per spezzare la ripetitività della mansione svolta.
Ferme restando clausole e accordi differenti, la pausa pranzo sul lavoro non è compresa nelle 8 ore di lavoro. Si tratta di una vera e propria sospensione dell'attività e dunque anche della retribuzione.
Naturalmente il lavoratore può gestire il tempo come meglio crede ovvero non è costretto al consumo di un pasto. In qualche modo, la pausa pranzo viene tratta allo stesso modo del tempo necessario per raggiungere il posto di lavoro, dei i riposi intermedi nell'orario di lavoro e delle soste di durata non inferiore a 10 minuti e non superiori a 2 ore tra l'inizio e la fine di ogni turno.
Diverso è invece il caso del cosiddetto tempo tuta. Un caso a parte è quello delle categorie di lavoratori a cui non si applica la pausa pranzo ovvero telelavoratori e lavoratori a domicilio, dirigenti, personale con funzioni direttive o avente un autonomo potere decisionale, lavoratori mobili e collaboratori familiari. Tutti gli altri lavoratori devono piuttosto stare attenti a non tornare tardi dalla pausa pranzo per via dei rischi e delle conseguenze a cui vanno incontro.