A che punto è la riforma delle pensioni del Governo Meloni dopo gli ultimi sviluppi (sia per importi che uscite anticipate)

di Marianna Quatraro pubblicato il
A che punto è la riforma delle pensioni

Come procedono i lavori sulla riforma delle pensioni, cosa si appresta a cambiare per importi e nuove possibilità di uscite anticipate

A che punto è la riforma delle pensioni del Governo Meloni dopo gli ultimi sviluppi (sia per importi che uscite anticipate)? Nonostante il governo continui a parlare di novità per le pensioni e riforma e la consideri tra i provvedimenti su cui lavorare, in realtà ben poco si sta facendo di concreto, tanto che i sindacati, dopo l’ultimo incontro con il governo, si sono detti molto delusi. 

In ogni caso, i lavori sulle pensioni procedono su due direzioni, una relativa a modifiche per gli importi delle pensioni e una relativa alle nuove uscite anticipate. Vediamo allora come procedono realmente i lavori sulle pensioni.

  • Novità in riforma pensioni per importi
  • Quali sono gli ultimi sviluppi su riforma per pensioni anticipate

Novità in riforma pensioni per importi

Per modifiche agli importi delle pensioni, più che una riforma pensioni, a breve tempo, sarà importante la prossima riforma fiscale, con la revisione delle aliquote Irpef che andranno chiaramente ad incidere sugli importi delle pensioni nette per i pensionati.

Con la riforma del Fisco, il governo Meloni punta a ridurre le attuali quattro aliquote Irpef di tassazione sui redditi portandole a tre. Le aliquote Irpef attualmente in vigore sono le seguenti:

  • del 23% per redditi fino a 15.000 euro; 
  • del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro; 
  • del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro; 
  • del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.
Per la revisione delle aliquote Irpef in base agli scaglioni di reddito diverse sono le ipotesi al vaglio. La prima ipotesi prevede le possibili nuove seguenti aliquote: 
  • del 23% per chi ha redditi fino a 15mila euro;
  • del 27% per chi ha redditi tra 15mila-50mila euro;
  • del 43% per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.
Con queste nuove aliquote Irpef, coloro che con redditi annui tra 28mila euro e 50mila euro annui, cioè chi percepisce pensioni tra 2.150 euro circa e 3.700 euro al mese circa, avrebbero importanti aumenti delle pensioni, considerando che l’aliquota di tassazione scenderebbe dal 35% al 27%. 

Sono, invece, previste riduzioni degli importi di pensioni per chi ha redditi annui sui 25mila euro, mentre non ci sarà alcuna novità per la prima fascia di redditi fino a 15mila euro, cioè proprio per i redditi più bassi. Altra ipotesi di revisione Irpef prevede le seguenti aliquote:

  • al 23% per redditi fino a 28.000 euro; 
  • al 33% per redditi tra 28mila e 50mila euro;
  • al 43% per redditi oltre i 50mila euro.
Con questo schema di revisione Irpef, tutte le fasce di reddito sarebbero avvantaggiate, considerando che chi ha redditi da 25 mila euro all’anno pagherebbe circa 200 euro di tasse in meno, per arrivare fino a circa 700-1000 euro per chi ha redditi più alti.

Ulteriore ipotesi di revisione Irpef potrebbe prevedere le seguenti tre nuove aliquote:

  • aliquota del 23% per i redditi sotto i 15 mila euro;
  • aliquota del 27% per i redditi tra 15 mila e 75 mila euro;
  • aliquota del 43% per i redditi oltre i 75 mila euro.
In tal caso, chi ha redditi più alti tra 50mila e 75mila euro avrebbe maggiori, mentre si prospetterebbero riduzioni degli importi delle pensioni per chi redditi tra i 15mila e 28mila euro, per cui l’aliquota di tassazione salirebbe dall’attuale 25% al 27%. Anche con questa ipotesi di revisione Irpef, nulla cambierebbe per la fascia di redditi più bassa.

Infine, ultima ipotesi di revisione Irpef prevede le seguenti aliquote:

  • aliquota del 23% per redditi da 8.500 euro e fino a 28mila euro;
  • aliquota del 35% per redditi da 28.001 euro a 50mila euro;
  • aliquota del 43% per redditi oltre i 50mila euro.
In questo caso, aumenterebbero le pensioni di chi ha redditi tra i 15mila e i circa 30mila euro tra i circa 50-60 euro, fino a 800-1.000 euro per chi ha redditi più alti. La premier Meloni ha tuttavia annunciato ulteriori novità che potrebbero riguardare la prima aliquota al 23%, proprio per chi ha redditi più bassi, con riduzioni.

Insieme alla revisione delle aliquote Irpef, con la riforma fiscale cambieranno anche detrazioni e deduzioni, che incideranno anch’esse sugli importi delle pensioni. Le ipotesi di lavoro in tal senso al momento prevedono uno schema di diverse percentuali di detrazioni in base ai redditi conseguiti e che potrebbero essere le seguenti:

  • detrazioni del 4% del reddito per lo scaglione fino a 15mila euro;
  • detrazioni del 3% del reddito per lo scaglione tra 15mila e 50mila euro;
  • detrazioni del 2% del reddito per lo scaglione tra 50mila e 100mila euro;
  • nessuna detrazione per redditi oltre i 100mila euro.
Così come le detrazioni, con la nuova riforma fiscale potrebbero cambiare anche le deduzioni che permettono di avere una base imponibile ridotta rispetto al reddito complessivo e pagare dunque meno tasse Irpef.

Si prospettano novità in tema di importi delle pensioni per le pensioni minime: l’obiettivo, come annunciato dal governo, è quello di aumentarle ancora il prossimo anno, portandole da 600 a 700 euro, per arrivare a raggiungere i mille euro entro fine legislatura.

Altra importante novità che si sta prospettando per le novità pensioni, secondo gli ultimi sviluppi, è l’istituzione di una pensione minima di garanzia per i giovani considerando che, alla luce delle ultime notizie emerse da recenti ricerche, i quarantenni di oggi, pur se occupati, e non solo i precari e con carriere discontinue, non riusciranno a raggiungere nella maggior parte dei casi una pensione dignitosa.

Quali sono gli ultimi sviluppi su riforma per pensioni anticipate

Decisamente ampio ma anche incerto è il capitolo delle pensioni per pensioni anticipate: tramontata ormai l’idea di definizione di una vera e propria riforma delle pensioni strutturale per rivedere l’attuale legge Fornero e ridurre i requisiti di uscita attualmente richiesti, stando a quanto riportano le ultime notizie, il governo si sarebbe indirizzato verso una nuova strada di forme di pensioni anticipate. O meglio, più che nuove del tutto da confermare o modificare in parte, come l’opzione donna.

Non si lavora più, infatti, al ripristino dei vecchi requisiti di opzione donna, come era stato richiesto, ma si si ipotizza un nuovo scivolo pensionistico riservato solo alle donne over 60 e che potrebbe avere lo stesso meccanismo dell’Ape social, prevedendo cioè il pagamento di una indennità fino al compimento del 67esimo anno di età, per poi iniziare a percepire la normale pensione.

Si prospetta anche una possibile proroga dell’ape social, per andare in pensione a 63 anni di età e con 30 o 36 anni di contributi, ma modificata e ed estesa ad una più amplia platea di beneficiari e con inclusione di nuove mansioni gravose o usuranti rispetto alle attuali.

Le ultime notizie parlano anche di una possibile proroga anche per il prossimo anno della quota 103, per andare in pensione a 62 anni e con 41 anni di contributi. La novità di cui, invece, si parla è l’introduzione della quota 41 per tutti, per permettere a tutti i lavoratori di andare in pensione solo con 41 anni di contributi e senza alcun requisito anagrafico, calcolando l’assegno finale, però, solo con sistema contributivo.

Si va, infine, anche verso la definizione di un nuovo strumento unico per gli esodi incentivati contestuali a nuove assunzioni, che però non sarebbe del tutto a carico dello Stato ma parte della misura resterebbe a carico dell'azienda.
 
Il nuovo meccanismo, che dovrebbe permettere di anticipare il momento dell’uscita fino a 5-7 anni, potrebbe comprendere gli attuali sistema di uscita anticipata di contratto di espansione, che permette di andare in pensione prima fino a 5 anni, isopensione, che permette di andare in pensione prima fino a 7 anni, e trattativa privata tra impresa e singolo lavoratore, permettendo di anticipare la pensione fino a 5-7 anni percependo un’indennità fino alla maturazione dei normali requisiti di pensione richiesti.

Nonostante l’indennità riconosciuta, però, si perderebbero del tutto i contributi degli anni persi a lavoro essendo usciti prima, con il rischio di ottenere una pensione finale più bassa.