Aumenti pensioni e stipendi ora fino a Dicembre, ma esclusioni e dubbi nel 2023

di Marianna Quatraro pubblicato il
Aumenti pensioni e stipendi ora fino a D

Aumentano pensioni e stipendi fino a dicembre ma incerte le misure nel 2023 e forse solo per i salari: cosa potrebbe cambiare e per chi

Aumentare pensioni e stipendi fino a dicembre ma anche nel 2023: questo è l’impegno già assunto dal governo Draghi e che spetta ora al nuovo governo eletto.

Il prossimo 25 settembre sono in programma le nuove elezioni e solo dopo l’esito delle stesse si saprà cosa si farà, e se si farà, per aumentare stipendi e pensioni ancora il prossimo anno per assicurare maggiore potere di acquisto ai pensionati e ai lavoratori e magari anche in misura maggiore rispetto a quanto al momento previsto, visto che gli aumenti garantiti sia per pensioni che per stipendi derivanti dai provvedimenti approvati con il Decreto Aiuti bis saranno solo di qualche decina di euro. Non di più. Vediamo allora quali sono gli aumenti di pensioni e stipendi ora fino a Dicembre e interventi possibili nel 2023.

  • Aumenti pensioni e stipendi ora fino a Dicembre come e quanto
  • Nel 2023 interventi solo per salari o quasi ipotesi possibili


Aumenti pensioni e stipendi ora fino a Dicembre come e quanto

Il Decreto Aiuti bis ha approvato la rivalutazione anticipata delle pensioni al 2% dal prossimo ottobre e fino al 31 dicembre per pensionati con redditi entro i 35mila euro. La misura, che dovrebbe garantire aumenti delle pensioni di qualche decina di euro al mese e non di più e cesserà i suoi effetti il 31 dicembre 2022.

Gli aumenti delle pensioni per chi ha redditi entro i 35mila euro annui, per cui non ci sarà alcun aumento per pensionati che percepiscono dai 2.700 euro in su, saranno, infatti, compresi tra circa 10 e circa 50 euro al mese, importi che ai pensionati non verranno riconosciuti subito ma solo a partire dal mese di ottobre e fino a dicembre e ancora incerto è il pagamento di eventuali arretrati da settembre,

Per gli aumenti degli stipendi dei lavoratori dipendenti, è stata approvata la decontribuzione al 2%, sempre per lavoratori con redditi annui entro i 35mila euro, per aumentare il netto in busta paga fino a dicembre 2022, e compreso il rateo di tredicesima.

Secondo alcune stime, la decontribuzione potrebbe portare aumenti medi mensili degli stipendi compresi tra 12 e circa 50 euro al mese, fino alla fine dell’anno per aumenti complessivi degli stipendi compresi tra gli 80 e i circa 200 euro, a cui aggiungere eventuali ulteriori aumenti derivanti dalla detassazione welfare per tutti i lavoratori per cui sono previste misure welfare rientranti nella nuova misura.

Nel 2023 interventi solo per salari o quasi ipotesi possibili

Rivalutazione anticipata delle pensioni al 2% e decontribuzione al 2% insieme alla detassazione welfare sono misure per pensionati e lavoratori che si esauriranno il 31 dicembre 2022 e molto incerto è ciò che si farà nel 2023 sia per garantire aumenti delle pensioni e sia per garantire aumenti degli stipendi. 

Tutto dipenderà da come si concluderanno le prossime elezioni del 25 settembre ma al momento le ipotesi di lavoro si concentrano soprattutto sui salari. Se, infatti, per le pensioni si parla di una nuova rivalutazione, che sarebbe quella che scatta ogni anno automaticamente per gli importi di pensione ma resta incerta la percentuale, per l’aumento dei salari sono diverse le ipotesi in ballo.

Si parla, infatti, della possibilità, da parte del Pd, di garantire una mensilità in più a tutti i lavoratori, e già entro la fine dell’anno come fosse una quindicesima e il prossimo, con un nuovo taglio del cuneo fiscale, per un aumento complessivo medio di circa 100 euro al mese per chi, per esempio, prende uno stipendio di 1.200 euro al mese, e di introduzione di una flat tax, da parte del centro destra.

Secondo quanto annunciato, la flat tax riguarderebbe tutti i redditi, senza limiti, ma con aliquote diverse, al 15% per la Lega e al 23% per Forza Italia, mentre per Fratelli di Italia la flat tax si applicherebbe solo alla parte di reddito eccedente rispetto a quanto dichiarato l'anno precedente.

Per fare un esempio di aumento dello stipendio con flat tax, se fosse al 15% per tutti si avrebbero aumenti annui medi tra i poco più di 100 euro e gli oltre 500 euro, in base ai salari percepiti, mentre se fosse al 23%, considerando, per esempio, un reddito annuo di 35mila euro, si pagherebbero tasse per un importo di 8.050, rispetto ai 12.250 euro che si pagano ora con aliquota Irpef al 35%, con risparmi di circa 4mila euro annui. 

Per aumentare le pensioni nel 2023 e continuare a dare maggiore potere di acquisto ai pensionati contro l’inflazione ancora crescente, l’unica misura certa è la rivalutazione delle pensioni che in realtà scatta ogni anno ma non si sa in quale percentuale sarà applicata.

Annualmente, infatti, dal primo gennaio 2023 scatta la rivalutazione pensionistica per adeguare gli importi dei trattamenti al costo della vita accertata dall’indice Istat. Per il prossimo anno era stato già fissato l’indice all’1,9% ma all’indomani degli eventi imprevisti che stanno travolgendo l’economia, con l’inflazione alle stelle, non si sa quale sarà la percentuale di rivalutazione da applicare alle pensioni.

Tre al momento le ipotesi in ballo, ma solo per la rivalutazione e null'altro: 

  • la rivalutazione delle pensioni nel 2023 potrebbe essere al 2% ma per tutti e non solo per chi ha redditi annui entro i 35mila euro;
  • la rivalutazione delle pensioni nel 2023 potrebbe essere per tutti all’1,9% come già fissato;
  • la rivalutazione delle pensioni nel 2023 potrebbe essere del 3,9%, risultato di somma del 2% più 1,9%, ma solo per chi ha pensioni basse.
A queste tre ipotesi, però, potrebbe affiancarsi quella di introduzione di una percentuale di rivalutazione del tutto nuova adeguata all’andamento dell’inflazione o di un nuovo elemento strutturale di aumento di tutte le pensioni.