Aumento pensioni reversibilità, vecchiaia, invalidità a Gennaio sarà minore attese per 5 motivi

di Chiara Compagnucci pubblicato il
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Perché a gennaio non ci saranno gli attesi aumenti delle pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità e le beffe degli aumenti

Non tutte le pensioni aumentano effettivamente a partire da gennaio 2023: le pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità non saranno più alte a gennaio rispetto a dicembre e non si riceveranno gli importi previsti e sperati. Vediamo quali sono i motivi per cui l’aumento delle pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità non ci sarà a Gennaio.

  • Aumenti pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità previsti
  • Perchè a gennaio aumento pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità sarà minore 
  • E anche nei prossimi mesi non andrà meglio

Aumenti pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità previsti

Scatta dal primo gennaio 2023 la rivalutazione delle pensioni al 7,3%, nuova perequazione che interesserà tutte le tipologie di pensioni, cioè di reversibilità, vecchiaia, invalidità e anche anticipate.La rivalutazione delle pensioni al 7,3% non sarà, però, piena per tutti, Come stabilito dal governo Meloni con la nuova Manovra finanziaria, sono anche cambiate le percentuali rivalutative 2023, passando da tre a sei per le diverse fasce di reddito. Finora, le percentuali di rivalutazione erano:

  • del 100% per le pensioni fino a tre volte il minimo fino a 2062 euro lordi;
  • del 90% per le pensioni tra tre e cinque volte il minimo fino a 2577,90 euro;
  • del 75% per gli assegni oltre cinque volte il minimo importi lordi oltre 2.577,90 euro.

Il prossimo anno 2023 le percentuali passano a tre a sei e diventano nel dettaglio del:

  • 100% per gli assegni fino a 4 volte il minimo, pari a 2.100 euro lordi mensili.
  • 85% per pensioni fino a 5 volte al minimo, fino 2.626 euro lordi al mese;
  • 53% per pensioni fino 6 volte il minimo, fino a 3.150 euro;
  • 47% per pensioni fino a 8 volte il minimo, pari a 4.200 euro;
  • 37% per pensioni fino a 10 volte il minimo, fino a 5.250 euro mensili;
  • 32% per pensioni oltre le 10 volte il minimo.

Perchè a gennaio aumento pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità sarà minore 

Tutto ciò che è stato appena spiegato non porterà alcun aumento delle pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità a gennaio 2023. E diversi sono i motivi per cui non ci saranno effettivi aumenti nelle pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità di gennaio e per cui, in generale, gli aumenti saranno minori.

Partendo dal motivo principale per cui non ci saranno aumenti nel cedolino delle pensioni di gennaio riguarda i tempi di ricalcolo pensionistico che l’Inps deve effettuare sulla nuova rivalutazione e che non ha fatto in tempo a fare per i cedolini di gennaio che vengono emessi sin da ora.

Manca il relativo decreto attuativo ancora per cui manca l’ufficialità delle misure previste per gli aumenti delle pensioni per cui i dovuti aumenti di pensioni di reversibilità, invalidità, vecchiaia, pur se in misure differenti, dovrebbero essere presenti nei cedolini di pensione di febbraio o molto più probabilmente di marzo 2023, considerando che i decreti attuativi possono arrivare entro un massimo di 60 giorni dall’approvazione della Manovra.

In tal caso, considerando i ritardi, si procederà con i conguagli riferiti ai mesi in cui avrebbero già dovuti essere riconosciuti gli aumenti. Se, per esempio, l’aumento arriva con il cedolino di febbraio, dovrebbe riportare anche l’aumento dovuto per il mese di gennaio. E stesso discorso avverrebbe con il cedolino di marzo, che dovrebbe poi riportare anche gli aumenti dovuti per i mesi di gennaio o febbraio. Oppure, in alternativa, i conguagli, seppur di sole qualche decine di euro, potrebbero essere spalmati nei cedolini successivi.

Il motivo per cui gli aumenti di pensioni di reversibilità, invalidità e vecchiaia saranno minori rispetto al previsto è il pagamento degli gli acconti già ricevuti. Per il calcolo con la nuova rivalutazione 2023 per le pensioni, bisognerà, infatti, considerare gli aumenti già ricevuti fino a dicembre 2022 per la rivalutazione anticipata al 2% per pensionati con redditi entro i 35mila euro e sottrarre tali acconti dai nuovi aumenti spettanti, per cui si avranno aumenti minori rispetto alle aspettative.

E anche nei prossimi mesi non andrà meglio

Se è vero che gli aumenti tanto attesi delle pensioni non si riceveranno, come ci si aspettava, da gennaio 2023 e che gli aumenti, quando riconosciuti, saranno decisamente minori rispetto a quanto si attendeva, è anche vero che nei prossimi mesi non andrà meglio per chi attendeva di avere assegni pensionistici mensili finalmente più alti.

I tanti aumenti annunciati, per rivalutazione, per eventuali conguagli, per eventuali arretrati, saranno infatti sempre e per tutti mitigati dalle tasse da pagare che, soprattutto a livello locale, potrebbero aumentare. Se ci sono diverse incognite ancora da chiarire, la certezza è, infatti, la delusione dei pensionati che in molti casi avranno importi ridotti per effetto delle imposte locali, comunali e regionali, aumentate già in molti casi e che chiaramente incidono sulla riduzione dell’importo netto di pensione percepita. 

Comuni e regioni questo nuovo anno hanno, infatti piena libertà di stabilire le aliquote di pagamento dell’Irpef locale con possibilità di aumenti o anche ribassi. La Lombardia ha, per esempio, già rivisto le aliquote Irpef solo per i redditi sopra i 75 mila euro, per cui gli scaglioni di reddito e le relative aliquote delle tasse regionale sono diventate le seguenti:

  • per i redditi fino a 15 mila euro, l’aliquota è dell’1,23%;
  • per i redditi tra 15 mila e 28 mila euro, l’aliquota è dell’1,58%;
  • per i redditi tra i 28 mila e i 50 mila euro, l’aliquota è dell’1,72%;
  • per i redditi oltre i 50 mila euro, l’aliquota è dell’1,73%.