Quali sono possibilità e soluzioni per uscita anticipata e aumenti degli assegni con prossima riforma pensioni: ipotesi e calcoli
Come potrebbero cambiare età e requisiti per uscita anticipata e aumento importi per tutti in riforma pensioni? Dopo riforma del fisco, che sarà presentata già a marzo, e prossima riforma del lavoro, su cui il governo sta già lavorando, ci si prepara ad una nuova riforma delle pensioni che, come annunciato da ministra del Lavoro Calderone e premier Meloni, sarà strutturale, una vera rivoluzione rispetto a quanto fatto in passato. Ma la strada da fare sembra sia ancora molto lunga e incerta.
Per poter abbassare l’età pensionabile fino a 62 anni di età è però anche necessario riuscire a far quadrare i conti, anche alla luce del fatto che attualmente i conti dell’Inps non sono positivi. E l’unica soluzione per riuscire a far quadrare i conti abbassando di 5 anni i requisiti per uscire dal mondo del lavoro è quella del calcolo contributivo della pensione per tutti i lavoratori.
Il calcolo contributivo della pensione si basa solo ed esclusivamente sui contributi effettivamente versati nel corso della propria vita lavorativa e non sulle ultime retribuzioni, che sono generalmente le più alte che si percepiscono, del più vantaggioso sistema retributivo.
Ogni lavoratore dipendente destina alla propria futura pensione il 33% dello stipendio percepito mese per mese e la somma degli importi messi da parte per la pensione futura costituiscono il cosiddetto montante contributivo.
Ogni anno i contributi messi da parte e rivalutati al tasso di inflazione. Nel momento in cui si raggiunge l’età pensionabile, al montante contributivo bisogna applicare relativo coefficiente di trasformazione, che è più alto quanto più alta è l’età di uscita dal lavoro.
Ciò significa che se la nuova riforma pensioni prevederà un abbassamento effettivo dei requisiti per andare in pensione con contestuale calcolo della pensione finale per tutti con sistema contributivo, gli importi saranno più bassi per tutti, anche se, secondo molti, il sistema contributivo è quello più equo da usare per il calcolo delle pensioni.
Se la riforma pensioni sarà strutturale, con riduzione dei requisiti per andare in pensione, allora si dovrà ragionare sul vantaggio, o meno, del sistema contributivo, ma se ancora una volta le risorse economiche non lo permetteranno e anche quest’anno si chiuderà con una riforma pensione con misure tampone e non strutturali, nonostante quanto annunciato dalla ministra del Lavoro Calderone, allora si potrebbe pensare a ulteriori proroghe di quota 103 (per andare in pensione a 62 anni di età ma con 41 anni di contributi), ape social (per andare in pensione prima a63 anni di età e con almeno 30 anni di contributi e 36 anni per gli usuranti) e opzione donna (che permette alle donne di andare in pensione a 58, 59 e 60 anni e con 35 anni di contributi).
Gli importi delle pensioni si preparano ad aumentare per tutti per effetto di due novità al via, dalla nuova riforma del Fisco, pronta ad essere presentata a marzo, che inizierà a garantire aumenti delle pensioni forse già dall’estate e che certamente resterà ancora il prossimo anno, alla nuova rivalutazione annuale per tutte le pensioni.
La nuova riforma fisco punta a rivedere le aliquote Irpef di pagamento delle tasse sui redditi. Il governo Draghi lo scorso anno ha già modificato le aliquote Irpef portandola da cinque a quattro in base ai diversi scaglioni di reddito sono le seguenti:
Per la prima fascia di redditi fino a 15mila euro e per l’ultima fascia, cioè per redditi superiori ai 50mila euro, non cambierebbe nulla con la riforma del fisco del marzo, considerando che l’aliquota Irpef da considerare resta al 23% nel primo caso e resta al 43% nel secondo caso.
Altro criterio che garantirà aumenti delle pensioni con la nuova riforma delle pensioni è la prossima rivalutazione pensionistica che scatta ogni anno e che automaticamente porterà nuovi aumenti delle pensioni, esattamente come accaduto anche quest’anno.
Il nuovo aumento per le pensioni euro sarà calcolato il prossimo anno con nuovo indice all’8,1% per la rivalutazione delle pensioni. L’Istat ha, infatti, già certificato i dati in base ai quali aumentano le pensioni nel 2024, perchè dovranno recuperare a conguaglio lo scarto dello 0,8% rispetto all’aumento del 7,3% applicato per la rivalutazione pensionistica di quest’anno.
Il meccanismo prevede per tutto l’anno l’applicazione alle pensioni del tasso di rivalutazione provvisorio stimato nel novembre 2022, del 7,3% e poi nel 2024 il calcolo della differenza con il tasso definitivo dell’8,1%, con una differenza quindi dello 0,8%.
Il principio del nuovo indice definito è il seguente: l’indice al 7,3% per la rivalutazione pensionistica 2023 è stato calcolato sull’andamento dei prezzi al consumo accertati dall’Istat fino ad ottobre, mentre l’indice di rivalutazione definitivo viene rivisto in base all’andamento dei prezzi di novembre e dicembre 2022 e aumenta per garantire con ulteriori contestuali aumenti delle pensioni.
La pensione minima, con il tasso definitivo, sale a 567,94 euro. Quindi, nel 2024 un pensionato che prende la pensione minima avrà un arretrato lordo di 54 euro, mentre considerando una pensione da mille euro al mese, dal primo gennaio 2023 è salita a 1073 euro, con ricalcolo al 7,3% ma con indice dell’8,1% avrebbe dovuto essere di 1081 euro, per cui si avrà nel 2024 un arretrato lordo di 104 euro, 73 euro netti, riconosciuti nei cedolini pensione del prossimo anno a conguaglio. Per una pensione da 2mila euro, l’arretrato netto da pagare dal 2024 è di 135 euro.
Agli aumenti per gli arretrati per la rivalutazione pensionistica di quest’anno da adeguare, si dovrà aggiungere la nuova rivalutazione annua delle pensioni del 2024.