Calcolo della pensione finale: i chiarimenti relativi al calcolo sulla base degli ultimi cinque anni effettivamente lavorati
Per alcuni e non sono pochi anche per la pensione anticipata, per il calcolo si possono prendere in considerazione gli ultimi 5 anni di lavoro effettivo. Ma questa regola non vale per tutti e ce ne sono almeno altre due fasce di et e periodo in cui il calcolo cmabia e lo fa radicalmente.
Con la crisi economica che ha attanagliato il nostro Paese, e che spesso, oggi, non offre a tutti carriere lavorative costanti e continue e con l’entrata in vigore della riforma pensioni Fornero, le previsioni sugli importi degli assegni pensionistici del futuro non prospettano certo nulla di buono. Spesso, nei mesi scorsi, molte autorità hanno ribadito come i lavoratori di oggi, soprattutto classe 1980, saranno i poveri di domani se le attuali tendenze, occupazionali ed economiche, non subiranno una netta inversione a U. Ma quali conteggi e regole sono valide per un lavoratore che ha iniziato 1980 potrà andare in pensione (e che sono valide fino al chi ha inizato nel 1992)? E percependo che genere di assegno finale?
A questa domanda ha risposto un espero di Repubblica, con anche un esempio di pensione per uscire prima. Un lavoratore che ha inizato nel 1980 che, stando alle attuali norme pensionistiche, dovrebbe andare in pensione a marzo del 2023 ma che decide di lasciare prima la propria occupazione pensionandosi a marzo 2019, versando i quattro anni di contributi mancanti in maniera volontaria, dovrà calcolare l’importo della propria pensione finale sulla base degli ultimi cinque anni effettivamente lavorati. Si tratta di una norma valida, in generale, per tutti coloro che decidono di collocarsi a riposo. Dall’arco dei cinque anni di lavoro da considerare saranno, dunque, da escludere quelli di inattività del lavoratore stesso.
La decisione di calcolo della pensione finale sulla base degli ultimi cinque anni effettivamente lavorati è stata ufficializzata da D.lgs. 22/2015 e dalla circolare Inps n. 94/2015, dove si precisa, inoltre, che i cinque anni di lavoro effettivo considerati ai fini pensionistici saranno quelli relativi al lavoro prestato prima della cessazione e della richiesta di pensione.
Fino al dicembre 1992 i lavoratori dipendenti iscritti all’Inps percepivano la pensione finale calcolata in base alla retribuzione percepita negli ultimi cinque anni di lavoro, con una rivalutazione media del 2% per ogni anno di contribuzione. Con la riforma Amato del 1992, aumenta l'età pensionabile e il calcolo della pensione inizia ad essere effettuato sulla base dell’’intero periodo di contribuzione versata nel corso della propria carriera lavorativa. Per i lavoratori con contributi inferiori a 18 anni al 31 dicembre 1995, la pensione viene calcolata con sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995 e con sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal primo gennaio 1996. Cambia, infatti, ancora il sistema di calcolo pensionistico nel 1995 con la riforma Dini che dal calcolo della pensione con il vantaggioso sistema retributivo prevede il passaggio al calcolo della pensione finale esclusivamente con sistema contributivo, calcolata, dunque, non più sugli ultimi anni di lavoro ma sull’intero importo di contributi versati dal lavoratore. Si susseguono poi diverse riforma, da quella Maroni del 2004, alla riforma Prodi del 2007 che stabiliscono, rispettivamente, incentivi per chi rinvia la pensione di anzianità e l’introduzione delle quote. L’altra grande riforma delle pensioni è quella in vigore dal primo gennaio 2012, la riforme Fornero.
Con l’entrata in vigore della riforma delle pensioni Fornero, dal primo gennaio del 2012 è stato esteso a tutti il calcolo esclusivamente contributivo della pensione finale ed è stata aumentata per tutti l’età pensionabile, secondo il principio di adeguamento dell’età di uscita dal lavoro all’aspettativa di vita Istat. Senza considerare alcuna specificità, come i lavoratori precoci, gli usuranti, o i lavoratori della scuola, la riforma Fornero prevede un graduale aumento dell’età pensionabile, di tre, quattro mesi, ogni due anni. Oggi si va in pensione a 67 anni e sette mesi e dal primo gennaio 2019, con le attuali norme, l’età pensionabile aumenterà ancora raggiungendo i 67 anni.