Importanti modifiche pensioni reversibilità, vecchiaia, invalidità a Marzo e pure Settembre, Gennaio

di Marianna Quatraro pubblicato il
Importanti modifiche pensioni reversibil

Come si preparano a cambiare le pensioni dal prossimo mese di mese e fino alla fine dell’anno: cosa aspettarsi e chiarimenti

Quali sono le importanti modifiche pensioni reversibilità, vecchiaia, invalidità ora a Marzo ma anche Settembre e Gennaio 2024? Le pensioni si preparano a cambiare dal prossimo mese di marzo e fino alla fine dell’anno, quando, si spera, che finalmente sarà definita una nuova riforma pensioni strutturale che possa effettivamente e concretamente modificare l’attuale legge Fornero, con abbassamento dell’età pensionabile per tutti. 

  • Importanti modifiche attese per pensioni reversibilità, vecchiaia, invalidità al via a Marzo
  • Cosa potrebbe accadere a settembre 2023 per le pensioni?
  • Ulteriori modifiche e novità pensioni da gennaio 2024


Importanti modifiche attese per pensioni reversibilità, vecchiaia, invalidità al via a Marzo

Le prime importanti modifiche attese per pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità a marzo riguardano soprattutto i nuovi importi di pensione che si riceveranno per effetto della rivalutazione 2023 che finalmente sarà ricalcolata sugli assegni di marzo, e sarà pagata anche per gli arretrati di gennaio e febbraio.

Gli aumenti dovrebbero attestarsi su qualche decina di euro per tutti i pensionati ma variabili rispetto agli importi di pensione inizialmente percepiti, con aumenti maggiori per chi percepisce pensioni più basse.

La rivalutazione delle pensioni 2023 al 7,3% non sarà piena, sia perché chi ha avuto l’anticipo al 2% della rivalutazione pensionistica da ottobre a dicembre avrà una rivalutazione al 5,3%, sia per le nuove percentuali rivalutative diverse in base alla fascia di reddito di appartenenza.

Le nuove percentuali di rivalutazione delle pensioni 2023 sono nel dettaglio le seguenti:

  • 100% per gli assegni fino a 4 volte il minimo, pari a 2.100 euro lordi mensili;
  • 85% per pensioni fino a 5 volte al minimo, fino 2.626 euro lordi al mese;
  • 53% per pensioni fino 6 volte il minimo, fino a 3.150 euro;
  • 47% per pensioni fino a 8 volte il minimo, pari a 4.200 euro;
  • 37% per pensioni fino a 10 volte il minimo, fino a 5.250 euro mensili;
  • 32% per pensioni oltre le 10 volte il minimo.
Per fare un esempio di quanto aumentano le pensioni a marzo, chi prende una pensione di 1000 euro avrà un aumento di 73 euro, per una pensione di 1200 euro si avrà un aumento di 63 euro lordi, per chi ha una pensione di 1800 euro l’aumento a marzo sarà di 95 euro, mentre per chi percepisce pensioni più alte di 3mila euro, l’aumento a marzo sarà di circa 116 euro, mentre per pensioni di circa 4mila euro, l’aumento di marzo sarà di circa 137 euro e così via.

Gli importi degli aumenti previsti per il ricalcolo delle pensioni da marzo con nuova rivalutazione sono da intendersi al lordo e sugli stessi nuovi importi di marzo incideranno anche le nuove addizionali locali, Irpef regionale e comunale, in molti casi aumentate, che ridurranno gli effettivi aumenti previsti per alcuni pensionati.

Da fine febbraio (28 febbraio) a marzo, inoltre, si possono presentare direttamente all’Inps le domande per andare in pensione prima con Ape Sociale e Opzione Donna, così come modificate dalla Legge di Bilancio 2023, e quota 103 (a 62 anni di età e con 41 anni di contributi) la prima finestra utile per l'uscita è al primo aprile 2023 per lavoratori dipendenti privati in caso di requisiti ottenuti al 31 dicembre 2022 e il primo agosto 2023 per lavoratori dipendenti pubblici. 
 

Cosa potrebbe accadere a settembre 2023 per le pensioni?

Ulteriori novità per le pensioni sono attese poi per settembre, quando probabilmente entreranno in vigore le misure decise con la nuova riforma del fisco. Quest’ultima sarà, infatti, presentata a il prossimo mese di marzo e dovrebbe essere in vigore in estate, forse settembre.

Si tratta di una riforma che inciderà sulle pensioni per effetto delle nuove aliquote Irpef che il governo Meloni vuole introdurre, modificando le attuali, e quindi incidendo sul calcolo delle tasse da pagare per pensionati, ma anche lavoratori.

In particolare, il governo Draghi lo scorso anno aveva modificato le aliquote Irpef portandola da cinque a quattro in base ai diversi scaglioni di reddito sono le seguenti:

  • del 23% per redditi fino a 15.000 euro; 
  • del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro; 
  • del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro; 
  • del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.
Il governo Meloni vuole modificare ancora le aliquote Irpef e portarle a tre, ma al momento le ipotesi di revisione dell’Irpef sono diverse. Potrebbero, infatti, essere:
  • aliquota del 23% per chi ha redditi fino a 15mila euro;
  • aliquota del 27% per chi ha redditi tra 15mila-50mila euro;
  • aliquota del 43% per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.
E con queste tre nuove aliquote Irpef, gli aumenti maggiori sarebbero per pensioni di importi annui tra 28mila euro e 50mila euro annui, cioè per pensioni fino a circa 3.700 euro al mese, che aumenteranno per effetto di una netta riduzione delle tasse da pagare, considerando che si tratta di redditi per cui l’aliquota Irpef scenderebbe dal 35% al 27%, riducendosi di ben 8 punti percentuali. 

Per la prima fascia di redditi fino a 15mila euro e per l’ultima fascia, cioè per redditi superiori ai 50mila euro, non cambierebbe nulla con la riforma del fisco del marzo, considerando che l’aliquota Irpef da considerare resta al 23% nel primo caso e resta al 43% nel secondo caso.

Ma ci sarebbero al momento, stando a quanto riportano le ultime notizie, ulteriori ipotesi al vaglio per le modifiche delle aliquote Irpef: la prima potrebbe essere quella di un accorpamento delle prime due aliquote del 23% e del 25% in una sola aliquota al 20% per redditi fino a 28.000 euro, il che significa avvantaggiare coloro che percepiscono redditi inferiori con una netta riduzione delle tasse. 

La seconda potrebbe essere quella di introdurre un’aliquota unica del 27% per i redditi tra 15 mila e 75 mila euro, di un’aliquota del 23% per i redditi sotto i 15 mila euro e del 43% per i redditi oltre i 75 mila euro e quella 

Tra settembre e ottobre, inoltre, si attendono possibili novità pensioni che potrebbero rientrare nella nuova Manovra Finanziaria 2024, considerando che sarà il periodo in cui dovrà essere definito ufficialmente il Def (Documento di Economia e Finanza) per le misure da inserire ufficialmente nella nuova Legge di Bilancio che tra novembre e dicembre dovrà essere presentata all’Ue, e forse, finalmente, con una vera e propria riforma delle pensioni strutturale. 

Ulteriori modifiche e novità pensioni da gennaio 2024

Proprio per effetto delle novità pensioni della Manovra Finanziaria 2024, da gennaio potrebbero cambiare i requisiti per andare in pensione, considerando che la Manovra viene approvata entro il 31 gennaio con novità in vigore dal primo gennaio, o forse da marzo per l’attesa di relativi decreti attuativi. 

Nell’attesa di capire se e come sarà la riforma delle pensioni 2024 strutturale per modificare l’attuale legge pensionistica Fornero, la certezza è che dal primo gennaio 2024 le pensioni cambieranno ancora con la nuova rivalutazione pensionistica che in automatico scatta ogni anno, con nuovi aumenti. 

Inoltre, per pensioni di invalidità e reversibilità potrebbero essere definite ulteriori novità per effetto di recenti sentenze in merito. Entrando più nel dettaglio, la Corte di Cassazione si è recentemente espressa sul diritto a percepire la pensione di reversibilità dai superstiti, stabilendo che la prestazione deve spettare al coniuge separato, anche con addebito, e non solo se il coniuge percepisce l’assegno alimentare a carico del coniuge deceduto. Dunque, la pensione di reversibilità spetta anche all’ex coniuge anche se non percepisce alcun assegno. 

Sempre la Corte Costituzionale, con un’altra recente sentenza, sul calcolo degli importi delle pensioni di reversibilità da riconoscere ai superstiti, ha stabilito che se il superstite che ha diritto a percepire la prestazione percepisce altri redditi ma le riduzioni non possono e non devono mai superare le stesse entrate del beneficiario. Secondo la Corte, infatti, nel caso di cumulo di pensione di reversibilità con redditi aggiuntivi non si può calcolare una decurtazione superiore all’importo di tali redditi, stabilendo nuovi limiti per le riduzioni.

Passando alle pensioni di invalidità, le modifiche più attese riguardano gli aumenti degli importi delle prestazioni, ma anche sulle pensioni di invalidità è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, sostenendo che tale prestazione non può essere riconosciuta dopo i 65 anni di età.