La verità su modifiche pensioni di reversibilità, vecchiaia, invalidità dal Def (unico documento finora ufficiale)

di Marianna Quatraro pubblicato il
La verità su modifiche pensioni di rever

Quali sono le misure del nuovo Def 2023 per le pensioni che anticipano novità per la prossima Manovra Finanziaria: chiarimenti

Qual è la verità sul DEF per le modifiche alle pensioni di reversibilità, vecchiaia, invalidità in manovra finanziaria? Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera a fine Maggio al nuovo Def 2023, documento di economia e finanza che anticipa le misure che dovranno rientrare nella prossima Manovra Finanziaria e fissa gli obiettivi economici dei prossimi tre anni. 

Il Def è finora, tra le tante chiacchere e indiscrezioni sulle novità per le pensioni e iù in generale sulla manova finanziaria, l'unico documento ufficiale scritto e approvato dal Governo riguardo la prossima legge di stabilità 2023-2024.

Come emerso, il documento definisce i tre principali obiettivi programmatici della politica economica e di bilancio del Governo che sono riforma fiscale più favorevole per le fasce più svantaggiate, riduzione del debito pubblico e deficit e crescita del Pil.

  • La verità sul DEF su pensioni di reversibilità, vecchiaia, invalidità in prossima manovra finanziaria
  • Cosa potrebbe cambiare realmente per pensioni di invalidità

La verità sul DEF su pensioni di reversibilità, vecchiaia, invalidità in prossima manovra finanziaria

Nel nuovo Def presentato, il governo stima una crescita dellʼ1% del Pil italiano e un deficit al 4,5%, rispetto ad uno scenario tendenziale con Pil allo 0,9% e indebitamento al 4,35%.

Per effetto delle misure che il governo intende adottare, la crescita prevista per l'anno in corso dovrebbe toccare l'1%, contro lo 0,9% del tendenziale, comunque al rialzo rispetto allo 0,6% della Nadef e per il 2024, il dato viene rivisto al ribasso dal 1,9% al 1,4% nel quadro tendenziale, 1,5% nel programmatico, mentre il Fondo monetario internazionale aveva rialzato le sue previsioni per il Paese allo 0,7% (+0,1 punti percentuali rispetto a gennaio) nel 2023 e al 0,8% (-0,1 punti rispetto a gennaio) nel 2024.

Il percorso di riduzione del debito continua e si tratta di una diminuzione che, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico, continuerà progressivamente a scendere nel 2023 al 142,1%, nel 2024 al 141,4, nel 2025 al 140,9% fino a raggiungere il 140,4% nel 2026.

Dalla presentazione del nuovo Def 2023 risultano tra 3 e 4 miliardi di euro disponibili per la prossima Manovra, che potrebbero aumentare se aumenta il debito anche se l’Ue non sarebbe d’accordo. Tuttavia, con 3-4miliardi a disposizione si potrebbero definire poche effettive novità e, infatti, nel Def, pur essendo il documento programmatico per la Manovra, non si fa alcun riferimento esplicito a importanti provvedimenti attesi come novità per le pensioni e l’annuncio di una vera e proprio riforma delle pensioni.

Anzi: l’unico reale riferimento a misure concrete che si fa nel nuovo Def è quello agli aumenti degli stipendi per effetto di un nuovo taglio del cuneo fiscale. Si starebbe pensando, infatti, di destinare tre miliardi per il taglio del cuneo fiscale ai lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi per sostenere il potere d'acquisto delle famiglie e contrastare la crescente inflazione e si tratta di un provvedimento che potrebbe essere già anticipato con un apposito decreto a maggior piuttosto che attendere la prossima Manovra.

E ci si chiede a questo punto, se il nuovo taglio del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti sarà anticipato già a maggio, con contestuali aumenti degli stipendi di chi prende meno garantendo vantaggi subito, quali saranno gli effettivi interventi della prossima Manovra, anche alla luce del fatto che il nuovo taglio del cuneo fiscale è una tantum, fino al 31 dicembre 2023. E poi cosa accadrà ancora in tal senso?

Il governo ha più volte ribadito come in questo momento la priorità sia quella di sostenere imprese e famiglie, per poi affrontare anche i problemi che riguardano l'equità pensionistica. E destinando le risorse disponibili a famiglie e imprese, sembra essere tralasciata, ancora una volta, la possibilità di definizione dell’anticipo pensionistico con quota 41, come era stato richiesto dalla Lega.

Dunque, misure per garantire una equità pensionistica e possibili novità per pensioni anticipate potrebbero essere ancora rimandate, a meno che fino alla fine dell’anno non si abbiano ulteriori risorse economiche da destinare ad effettive novità pensioni che, però, a quanto pare non potranno mai essere per una vera e propria riforma delle pensioni strutturale. 

Il viceministro dell’Economia Leo, sulle pensioni direttamente, ha spiegato che si sta spingendo in questo momento soprattutto sulla previdenza complementare e, dopo aver già migliorato il trattamento fiscale dei fondi pensione, con la nuova Manovra finanziaria, se saranno disponibili le risorse necessarie, si andrà avanti sia su questa strada che con altre novità pensioni.

Interventi più probabili che potrebbero incidere sulle pensioni di vecchiaia, reversibilità e invalidità e avere ripercussioni sul relativo calcolo degli importi potrebbero arrivare con la riforma del fisco, approvata il 4 di Agosto scorso ma per la quale il Governo avrà tempo ben 2 anni (al massimo) per concretizzarla in nuove leggi riguardanti le varie tematiche fiscali.

Con la nuova riforma fiscale il governo Meloni punta a ridurre le attuali quattro aliquote Irpef che sono le seguenti:

  • del 23% per redditi fino a 15.000 euro; 
  • del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro; 
  • del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro; 
  • del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.
Tre le aliquote Irpef che il governo Meloni vorrebbe fissare e sono ancora diverse al momento le ipotesi di revisione Irpef. La prima prevede le seguenti aliquote:
  • aliquota del 23% per chi ha redditi fino a 15mila euro;
  • aliquota del 27% per chi ha redditi tra 15mila-50mila euro;
  • aliquota del 43% per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.
Con queste nuove aliquote Irpef, coloro che con redditi annui tra 28mila euro e 50mila euro annui, cioè chi ha pensioni tra 2.150 euro circa e 3.700 euro al mese circa, avrebbero decisi aumenti dei loro importi mensili, considerando che l’aliquota Irpef si ridurrebbe di ben 8 punti percentuali scendendo dal 35% al 27%. 

Per chi ha, invece, redditi annui sui 25mila euro, potrebbero esserci riduzioni delle pensioni per contestualli aumenti di tasse di ben 300 euro, mentre non ci sarebbe alcuna novità per la prima fascia di redditi fino a 15mila euro e per l’ultima fascia, cioè per redditi superiori ai 50mila euro, per cui resterebbero confermate le attuali aliquote Irpef, rispettivamente, del 23% e del 43%.

Altro schema di revisione Irpef prevede le seguenti aliquote:

  • aliquota al 23% per redditi fino a 28.000 euro; 
  • aliquota al 33% per redditi tra 28mila e 50mila euro;
  • aliquota al 43% per redditi oltre i 50mila euro.
Con questo schema di revisione Irpef, tutte le fasce di reddito sarebbero avvantaggiate, considerando che chi ha redditi da 25 mila euro all’anno pagherebbe circa 200 euro di tasse in meno, per arrivare fino a circa 700-1000 euro per chi ha redditi più alti.

Ulteriore ipotesi di revisione Irpef potrebbe prevedere le seguenti tre nuove aliquote:

  • aliquota del 23% per i redditi sotto i 15 mila euro;
  • aliquota del 27% per i redditi tra 15 mila e 75 mila euro;
  • aliquota del 43% per i redditi oltre i 75 mila euro.
Anche in questo caso, sarebbe agevolato chi ha redditi più alti tra 50mila e 75mila euro, mentre le pensioni di chi redditi tra i 15mila e 28mila euro si abbasserebbero perchè l’aliquota di tassazione salirebbe dall’attuale 25% al 27% .

Infine, ultima ipotesi di revisione Irpef, e al momento anche la più probabile, prevede le seguenti aliquote:

  • aliquota del 23% per redditi da 8.500 euro e fino a 28mila euro;
  • aliquota del 35% per redditi da 28.001 euro a 50mila euro;
  • aliquota del 43% per redditi oltre i 50mila euro.
In questo caso, i maggiori vantaggi sarebbero per chi percepisce redditi tra i 15mila e i circa 30mila euro per cui si calcolerebbe una riduzione delle tasse da pagare con conseguenti aumenti delle pensioni, che potrebbero, in generale, oscillare tra i circa 50-60 euro per i redditi più bassi, per arrivare fino a 800-1.200 euro per chi ha redditi più alti.

Altra novità che avrebbe ripercussioni sulle pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità è la revisione delle detrazioni che dovrebbe rientrare nella nuova riforma fiscale. L’ attuale ipotesi di modifica prevede detrazioni differenti in percentuale in base ai redditi conseguiti e che potrebbero essere le seguenti:

  • detrazioni del 4% del reddito per lo scaglione fino a 15mila euro;
  • detrazioni del 3% del reddito per lo scaglione tra 15mila e 50mila euro;
  • detrazioni del 2% del reddito per lo scaglione tra 50mila e 100mila euro;
  • nessuna detrazione per redditi oltre i 100mila euro.
Con le nuove detrazioni sarebbero decisamente agevolati (finalmente) coloro che hanno pensioni più basse fino a 15mila euro l’anno per azzerarsi del tutto per pensioni molto più alte, fino a oltre 100mila euro annui.

Cosa potrebbe cambiare realmente per pensioni di invalidità

Discorso diverso vale per le pensioni di invalidità: nell’attesa dell’approvazione ufficiale di un vero e proprio e consistente aumento delle pensioni di invalidità, considerate ancora troppo basse, si va delineando un nuovo decreto invalidità che rientra tra i progetti previsti dal Pnrr.

Si tratta di un provvedimento che dovrebbe in realtà prevedere novità per il potenziamento e miglioramento delle misure attualmente a sostegno di invalidi e disabili e novità per garantire a queste categorie di persone e relativi familiari che assistono (cargiver) un migliore qualità della vita e di gestione della disabilità e che arriverebbe dopo recenti novità già approvate per l’invalidità e relative soprattutto alle nuove procedure per ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile.