Quali sono beffe e paradossi per pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità tra calcolo importi pensioni e uscite anticipate mancate
Quali sono le 3 beffe e paradossi decisi su pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità da Governo Meloni? La questione pensionistica è ancora molto dibattuta, con l’obiettivo di riuscire a definire novità, soprattutto in relazione alle pensioni anticipate, entro la fine dell’anno, magari nella prossima Manovra Finanziaria 2023 anche se, al momento, come confermato dalle ultime notizie, non sarebbero disponibili tutte le risorse economiche necessarie per l’effettiva attuazione delle novità che si desiderano.
Nel frattempo, sono emerse nuove beffe e paradossi proprio per le pensioni, tutte le tipologie di pensioni, di reversibilità, vecchiaia e invalidità.
Primo paradosso pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità con nuova riforma fisco
Beffa aumenti reali importi pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità da governo Meloni
Le novità per pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità saltate in nuovo Decreto Lavoro
Primo paradosso pensioni reversibilità, vecchiaia e invalidità con nuova riforma fisco
Il primo paradosso che interesserà le pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità emerge dalla nuova riforma fiscale. Si preparano a cambiare, infatti, le pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità con la nuova riforma Fisco e la nuova revisione delle aliquote Irpef, come annunciato dal governo Meloni, passeranno dalle quattro attuali a tre. Le attuali aliquote Irpef che sono quattro e sono le seguenti:
del 23% per redditi fino a 15.000 euro;
del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro;
del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro;
del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.
Diverse sono al momento le ipotesi di revisione Irpef allo studio. Una prima ipotesi, e al momento più probabile, potrebbe prevede le seguenti nuove aliquote Irpef:
del 23% per redditi da 8.500 euro e fino a 28mila euro;
del 35% per redditi da 28.001 euro a 50mila euro;
del 43% per redditi oltre i 50mila euro.
In tal caso sarebbero agevolati i redditi più medio-bassi tra 15mila e 28mila per cui l’aliquota Irpef si ridurrebbe dal 25 al 23% ma resterebbe la stessa aliquota al 23% per chi percepisce redditi minori, molto più bassi, uguagliando, per esempio, chi percepisce redditi annui di 12mila a chi percepisce redditi annui più alti del doppio, fino a 28mila. Paradossale in tal caso, considerando che si potrebbe ridurre anche l’aliquota Irpef per chi guadagna davvero poco.
L’altra ipotesi di revisione Irpef al vaglio del governo noto prevede le seguenti aliquote:
aliquota del 23% per chi ha redditi fino a 15mila euro;
aliquota del 27% per chi ha redditi tra 15mila-50mila euro;
aliquota del 43% per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.
Con queste nuove aliquote Irpef, coloro che con redditi annui tra 28mila euro e 50mila euro annui, cioè chi ha redditi tra 2.150 euro circa e 3.700 euro al mese circa, avrebbero decisi aumenti dei loro importi mensili, considerando che l’aliquota Irpef si ridurrebbe di ben 8 punti percentuali scendendo dal 35% al 27%.
Sarebbero, invece, penalizzati, paradossalmente, coloro che percepiscono redditi annui più bassi sui circa 25mila euro, per cui ci potrebbe essere aumento di tasse di ben 300 euro, mentre non ci sarebbe alcuna novità per la prima fascia di redditi fino a 15mila euro e per l’ultima fascia, cioè per redditi superiori ai 50mila euro, per cui resterebbero confermate le attuali aliquote Irpef, rispettivamente, del 23% e del 43%.
Altra ipotesi di revisione Irpef prevede le seguenti aliquote:
aliquota al 23% per redditi fino a 28.000 euro;
aliquota al 33% per redditi tra 28mila e 50mila euro;
aliquota al 43% per redditi oltre i 50mila euro.
Con questo schema di revisione Irpef, tutte le fasce di reddito sarebbero avvantaggiate, considerando che chi ha redditi da 25 mila euro all’anno pagherebbe circa 200 euro di tasse in meno, per arrivare fino a circa 700 euro per chi ha redditi più alti.
Ultima ipotesi di revisione Irpef prevede le seguenti tre nuove aliquote Irpef:
aliquota del 23% per i redditi sotto i 15 mila euro;
aliquota del 27% per i redditi tra 15 mila e 75 mila euro;
aliquota del 43% per i redditi oltre i 75 mila euro.
Anche in questo caso, per la prima fascia di reddito fino a 15mila euro, non cambierebbe nulla perchè resterebbe ancora l’aliquota al 23%, ma si ridurrebbe, paradossalmente, la tassazione per chi ha redditi più alti tra 50mila e 75mila euro, mentre ci rimetterebbe chi redditi tra i 15mila e 28mila euro, per cui l’aliquota di tassazione salirebbe dall’attuale 25% al 27%.
Secondo le ipotesi di revisione delle aliquote Irpef, possiamo dire che, paradossalmente, con la nuova riforma del fisco che hanno pensioni di reversibilità e vecchiaia più basse verrebbero penalizzati.
I vantaggi, in termini di meno tasse da pagare, con contestuali aumenti dei trattamenti mensili di pensione oscillano, infatti, tra i circa 50-60 euro di chi percepisce pensioni più basse fino ad arrivare anche a 700 euro per chi, invece, percepisce pensioni più alte dai 3.800 euro in su.
Beffa aumenti reali importi pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità da governo Meloni
Altra beffa chiaramente emersa per le pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità è quella che riguarda il reale ricalcolo degli aumenti delle pensioni per effetto della nuova rivalutazione pensionistica 2023. Sono stati, infatti, minori gli aumenti calcolati rispetto alle attese.
Stando a quanto riportano le ultime notizie, non solo sono stati sottratti soldi dall’iniziale importo stanziato per garantire l’uscita anticipata con Ape social per finanziare gli aumenti dell’assegno unico per figli, ma si sarebbero sottratti soldi alle pensioni anche con le nuove percentuali di rivalutazione pensionistica stabilite dal governo Meloni, passate a sei dalle tre precedenti, penalizzando pertanto gli aumenti per specifiche categorie di pensionati con determinati redditi.
A inizio anno, infatti, la rivalutazione delle pensioni avrebbe dovuto essere calcolata in percentuali diverse e maggiori rispetto a quanto avvenuto, considerando le modifiche decise dal governo. Le percentuali sulle quali avrebbe dovuto essere ricalcolata la rivalutazione delle pensioni del 2023 erano tre ed erano le seguenti:
del 100% per le pensioni fino a tre volte il minimo, fino a 2062 euro lordi;
del 90% per le pensioni tra tre e cinque volte il minimo, fino a 2577,90 euro lordi;
del 75% per gli assegni oltre cinque volte il minimo, oltre 2.577,90 euro lordi.
Il governo Meloni ha, invece, rivisto tali percentuali, portandole a sei e più precisamente del:
100% per gli assegni fino a 4 volte il minimo, pari a 2.100 euro lordi mensili;
85% per pensioni fino a 5 volte al minimo, fino 2.626 euro lordi al mese;
53% per pensioni fino 6 volte il minimo, fino a 3.150 euro;
47% per pensioni fino a 8 volte il minimo, pari a 4.200 euro;
37% per pensioni fino a 10 volte il minimo, fino a 5.250 euro mensili;
32% per pensioni oltre le 10 volte il minimo.
Con le nuove percentuali di rivalutazione delle pensioni si è chiaramente ridotta la rivalutazione di tutte le pensioni ad eccezione di quelle più basse, prevedendo dunque aumenti decisamente diversi da quelli annunciati, beffando chi finalmente attendeva aumenti delle proprie pensioni.
E questa beffa e paradosso della mancata rivalutazione, sembra di nuovo tornare anche nella prossima finanziaria 2024, con l'obiettivo di fare nuovamente cassa con le pensioni
Le novità per pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità saltate in nuovo Decreto Lavoro
Altra beffa per pensioni di reversibilità, vecchiaia e invalidità e soprattutto riferite alla pensione di vecchiaia anticipata riguarda le misure pensionistiche annunciate ma saltate nel nuovo Decreto Lavoro ufficiale approvato il primo maggio.
E’ vero, infatti, che con l’approvazione del nuovo Decreto Lavoro è stata prorogata fino al 2025 la possibilità di andare in pensione prima fino a 5 anni con il contratto di espansione, ma è vero che, contrariamente a quanto annunciato, e molto voluto, sono saltate le misure di ripristino dei vecchi requisiti di opzione donna per la pensione anticipata delle donne e i nuovi sconti contributivi annunciati da riconoscere per la pensione anticipata delle donne con figli, deludendo così le aspettative di molte lavoratrici.