Mancano i presupposti per una vera e propria riforma delle pensioni strutturali ma il governo riprende le discussioni con i sindacati e valuta nuove ipotesi di modifica
Quali sono le 3 modifiche per le pensioni che si delineano sempre più sia per gli importi che per uscita anticipata? Nonostante l’ultimo recente incontro tra governo e sindacati sulle pensioni sia stato giudicato dagli stessi sindacati decisamente negativo e senza un vero punto di discussione su novità pensioni da attuale al momento, le discussioni sulla questione previdenziale vanno avanti, con intenzioni del governo che mirano a definire alcune modifiche, pur se sembra ancora ben lontana quella tanto attesa riforma delle pensioni strutturale per un totale cambiamento dell’attuale legge Fornero sulle pensioni.
Secondo indiscrezioni, il governo penserebbe a diverse novità per le pensioni che potrebbero essere inserite nella nuova Manovra Finanziaria 2024 come anche in apposito decreto pensioni. Vediamo quali sono nel dettaglio ad oggi.
E’ necessario, secondo quanto chiarito da diversi esponenti del governo, stabilire misure che possano sostenere i giovani di oggi per agevolarli nella costruzione di un futuro pensionistico, in modo da poter ottenere importi di pensione finale che possano essere considerati dignitosi.
Resta, però, da capire come effettivamente il governo ha intenzione di muoversi in tal senso e quali sarebbero i giovani interessati, relativi requisiti e condizioni da soddisfare per poter usufruire di eventuali nuove misure di sostegno del governo.
La seconda modifica possibile per le pensioni riguarda gli importi che, come già accaduto, potranno essere più bassi del previsto, per una rivalutazione che potrebbe ancora risultare più bassa delle aspettative, ma anche aumentati.
Gli aumenti delle pensioni potrebbero, in particolare, riguardare anche il prossimo anno solo la platea delle pensioni minime che aumenterebbero ancora passando da 600 a 700 euro se, come ribadito dal governo, l’intenzione è di portarle a mille euro entro fine legislatura.
Per quanto riguarda, invece, il motivo per cui gli aumenti delle altre pensioni potranno essere più bassi del previsto, dipende sistema di rivalutazione al via nel 2023 e che sarà attuato anche nel 2024, a partire dalle nuove percentuali di rivalutazione delle pensioni decise dal governo Meloni e che hanno portato aumenti inferiori rispetto alle aspettative a tanti pensionati.
Le nuove percentuali rivalutative quest’anno non sono più tre ma sei e si riducono all’aumentare della pensione percepita, riducendone, di conseguenze, il potere rivalutativo.
In particolare, le precedenti percentuali rivalutative erano tre ed erano le seguenti:
Alla fine dello scorso 2022, l’inflazione era quasi all’11% e per garantire potere di acquisto ai pensionati sarebbe stato necessario rivalutare le pensioni almeno al 10%, ma l’indice di rivalutazione per le pensioni 2023 è stato stabilito al 7,3%.
L’andamento attuale dell’inflazione si attesa sul 6% circa, più bassa di qualche mese certamente ma comunque alta, e se dovesse rimanere su tali livelli entro fine anno, dovrebbe prevedere un indice di rivalutazione pensionistica almeno al 6-7% per aumentare effettivamente le pensioni garantendo ai pensionati reale maggiore potere di acquisto. Ma, molto più probabilmente, l’indice di rivalutazione sarà al 4% circa, quindi più basso delle aspettative.
La terza modifica sulle pensioni al vaglio del governo riguarda, infine, le pensioni anticipate. Assodata l’impossibilità di abbassare per tutti l’età pensionabile, portandola da 67 a 64 anni, stravolgendo del tutto l’attuale legge pensionistica, per mancanza di risorse economiche, il governo pensa di percorrere altre strade per permettere comunque a determinate categorie di lavoratori e lavoratrici di andare in pensione prima.
Si pensava inizialmente ad una ulteriore proroga di un anno della quota 103, per andare ancora in pensione a 62 anni di età e con 41 anni di contributi, ma le ultime notizie parlano della possibilità di approvazione di una quota 41 per tutti senza limiti di età.
L’idea del governo sarebbe quella di permettere a tutti i lavoratori di maturare la pensione solo con 41 anni di contributi e senza necessità di raggiungere alcun limite di età anagrafica, calcolando l’assegno pensionistico finale interamente attraverso il sistema contributivo, come accade già per la pensione anticipata con opzione donna, quindi meno vantaggioso per i lavoratori.
In discussione anche l’opzione donna, per permettere alle donne lavoratrici di continuare ad andare in pensione prima rispetto agli attuali requisiti pensionistici richiesti ma non con il ripristino dei vecchi requisiti, come inizialmente paventato, ma con modifiche che permettano alle donne di uscire prima dal mondo del lavoro se over 60.
Stando a quanto riportano, infatti, le ultime notizie, si starebbe pensando ad un nuovo scivolo pensionistico riservato però alle donne over 60 e che potrebbe avere lo stesso meccanismo dell’attuale Ape social, che prevede il pagamento di una indennità fino al compimento del 67esimo anno di età, per poi iniziare a percepire la normale pensione.
Infine, in tema di uscite anticipate,il governo vuole introdurre maggiore flessibilità in uscita introducendo un nuovo strumento unico per gli esodi incentivati e prevedendo al tempo stesso nuove assunzioni.
Questa opzione potrebbe durare fino a sette anni e si basa sul modello contrattuale di espansione. Il nuovo sistema andrebbe ad inglobare gli attuali sistema di uscita anticipata che sono isopensione che permette di andare in pensione prima fino a 7 anni, contratto di espansione che permette di andare in pensione prima fino a 5 anni, e trattativa privata tra impresa e singolo lavoratore.
Il nuovo sistema permetterebbe di andare in pensione prima fino a 5-7 anni percependo un’indennità ma perdendo i contributi degli anni persi a lavoro per l’uscita prima con il rischio di avere alla fine una pensione più povera.