Le beffe sulle pensioni sono almeno 3 e devono essere sanate il prima possibile

di Marianna Quatraro pubblicato il
Le beffe sulle pensioni sono almeno 3 e

Come risolvere le attuali beffe sulle pensioni prima di una vera e propria riforma: cosa sta accadendo e problemi per i pensionati

Quali sono le tre beffe sulle pensioni che devono essere sanate il prima possibile? Il sistema previdenziale deve essere rivisto, il governo ha annunciato di essere pronto alla definizione di una vera e propria riforma pensioni 2023-2024 strutturale che modifichi l’attuale legge Fornero sulle pensioni, si lavora a prossime novità ma nel frattempo ci sono delle beffe che meritano di essere risolte subito. Vediamo di cosa si tratta. 

  • Prima beffa aumento pensioni azzerato da pagamento Irpef
  • Seconda beffa per rivalutazione pensioni più bassa e come risolverla 
  • Terza beffa per mancata rivalutazione pensioni ancora rimandata

Prima beffa aumento pensioni azzerato da pagamento Irpef

La prima beffa relativa agli aumenti delle pensioni 2023 attesi riguarda il pagamento dell’Irpef e non solo relativamente al pagamento delle tasse dovute sulle pensioni, che riducono sempre gli importi netti percepiti, né solo relativamente agli aumenti delle addizionali locali, Irpef comunale e Irpef regionale, che sono aumentate quest’anno con alcuni Comuni e regioni che hanno già alzato le relative aliquote di pagamento, ma anche relativamente al passaggio di scaglione Irpef dovuto proprio all’aumento delle pensioni.

Potrebbe, infatti, accadere che per effetto del riconoscimento degli aumenti previsti per le pensioni quest’anno, in alcuni casi, seppur relativamente pochi, si potrebbe aumentare il proprio reddito annuo tanto da scalare negli scaglioni di reddito Irpef e passare a quello superiore.

Ciò significherebbe pagare più tasse rispetto a prima e, quindi, ridurre se non proprio azzerare del tutto gli aumenti previsti, per cui i pensionati non avrebbero effettivamente i soldi in più attesi. Anzi: si ritroverebbero a dover pagare più tasse proprio a causa degli aumenti ricevuti.

Seconda beffa per rivalutazione pensioni più bassa e come risolverla 

Seconda beffa per le pensioni 2023 da sanare il prima possibile, e che probabilmente potrebbe essere sanata con la prossima riforma del fisco che è stata annunciata per marzo, riguarda la rivalutazione pensionistica che era attesa al 7,3% ma è più bassa del previsto, sia per acconti già ricevuti per chi ha avuto importi con rivalutazione anticipata al 2% tra ottobre e dicembre 2022 e sia per le nuove percentuali di rivalutazione fissate dal governo Meloni.

Ma andiamo con ordine: la rivalutazione delle pensioni 2023 sarà più bassa di quella annunciata innanzitutto per effetto degli acconti già ricevuti. Gli aumenti reali per la rivalutazione delle pensioni 2023 devono, infatti, tener conto degli acconti già ricevuti per effetto della rivalutazione anticipata al 2% calcolata da ottobre a dicembre per pensionati con redditi annui entro i 35mila euro, cioè pensioni mensili fino a 2.692 euro.

In questi casi, la rivalutazione delle pensioni 2023 non avviene sull’indice del 7,3% ma sul 5,3%, sottraendo il 2% già ricevuto di acconti, e con relativa percentuale rivalutativa in base al reddito.

Dunque, gli aumenti attesi delle pensioni saranno decisamente più bassi delle aspettative e questo non contribuisce a dare il maggiore potere di acquisto che si aveva intenzione inizialmente di riconoscere ai pensionati. 

La rivalutazione delle pensioni 2023 sarà diversa anche per le diverse percentuali, nuove, stabilite dal governo Meloni in base ai redditi percepiti. Tre erano le precedenti percentuali rivalutative:

  • del 100% per le pensioni fino a tre volte il minimo, fino a 2062 euro lordi;
  • del 90% per le pensioni tra tre e cinque volte il minimo, fino a 2577,90 euro lordi;
  • del 75% per gli assegni oltre cinque volte il minimo, oltre 2.577,90 euro lordi.
Le sei nuove percentuali rivalutative stabilite dal governo Meloni in base alle diverse fasce di reddito sono le seguenti:
  • del 100% per gli assegni fino a 4 volte il minimo, pari a 2.100 euro lordi mensili;
  • dell’85% per pensioni fino a 5 volte al minimo, fino 2.626 euro lordi al mese;
  • del 53% per pensioni fino 6 volte il minimo, fino a 3.150 euro;
  • del 47% per pensioni fino a 8 volte il minimo, pari a 4.200 euro;
  • del 37% per pensioni fino a 10 volte il minimo, fino a 5.250 euro mensili;
  • del 32% per pensioni oltre le 10 volte il minimo.
Con le nuove percentuali di rivalutazione pensioni 2023, si riduce la rivalutazione di tutte le pensioni ad eccezione di quelle più basse, prevedendo dunque aumenti decisamente diversi da quelli annunciati.

Terza beffa per mancata rivalutazione pensioni ancora rimandata

La terza beffa sulle pensioni, ma fondamentalmente la meno grave, e che dovrebbe essere sanata a breve, riguarda la mancata rivalutazione effettiva delle pensioni ad oggi. Generalmente, la rivalutazione annua delle pensioni scatta a partire dal primo gennaio di ogni anno, per cui i pensionati avrebbero dovuti ricevere gli aumenti ricalcolati su indice al 7,3% già a inizio gennaio.

Ma così non è stato e non ci sarà alcuna rivalutazione neppure il mese di febbraio: stando, infatti, a quanto annunciato dall’Inps, il ricalcolo delle pensioni con i dovuti aumenti si farà a partire dal prossimo mese di marzo.

Ma non ci dovrebbe essere alcun problema in tal senso, perché contestualmente agli aumenti da riconoscere saranno anche erogati gli arretrati per i mesi di gennaio e febbraio 2023.