Nuovo rapporto dell'Osservatorio per le pensioni del Governo, decisivo per riforma pensioni (uscita e importi)

di Marianna Quatraro pubblicato il
Nuovo rapporto dell'Osservatorio per le

Da novità per pensioni anticipate e modifiche degli importi e nuovi aumenti: quali sono le novità pensioni in discussione e forse in arrivo

Quali sono le tante nuove ipotesi tornano alla ribalta ora per riforma pensioni (sia importi che uscita anticipata)? Si torna a parlare di novità pensioni e riprendono gli incontri tra governo e sindacati proprio per la definizione di nuove misure in vista delle discussioni che certamente dopo l’estate inizieranno per la nuova Manovra Finanziaria 2024.  

Oggi, martedì, 5 settembre i tecnici dell’esecutivo e dell'Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale, nuovo organismo tecnico creato dalla ministra del Lavoro Calderone, dovrebbero aver definito come lavorare sulle pensioni, in base alle diverse misure e nuove proposte avanzate per modificare le pensioni. Vediamo quali sono nel dettaglio.

  • Nuovi importi pensioni con prossima riforma fiscale
  • Ulteriore aumento delle pensioni minime in discussione
  • Nuovo assegno di garanzia per i giovani cosa prevede
  • Nuove ipotesi per andare ancora in pensione anticipata 

Nuovi importi pensioni con prossima riforma fiscale

Gli importi delle pensioni si avviano a cambiare con la nuova riforma del Fisco che, come misura cardine, prevede la revisione delle aliquote Irpef che il governo Meloni punta a ridurre, portandole da quattro a tre. Partendo dalle attuali quattro aliquote Irpef in vigore in base agli scaglioni di reddito, sono le seguenti:
  • del 23% per redditi fino a 15.000 euro; 
  • del 25% per redditi tra 15.000 e 28.000 euro; 
  • del 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro; 
  • del 43% per redditi oltre i 50.000 euro.
Diverse sono le nuove ipotesi di revisione Irpef. La prima potrebbe prevedere le nuove seguenti aliquote:
  • aliquota del 23% per chi ha redditi fino a 15mila euro;
  • aliquota del 27% per chi ha redditi tra 15mila-50mila euro;
  • aliquota del 43% per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.
Con queste nuove aliquote Irpef, chi ha redditi annui tra 28mila euro e 50mila euro annui avrebbe aumenti degli importi mensili, considerando che l’aliquota Irpef si ridurrebbe passando dal 35% al 27%, ma potrebbe esserci un aumento delle tasse per chi ha redditi annui sui circa 25mila euro.

Nessuna novità ci sarebbe, invece, per la prima fascia di redditi fino a 15mila euro e per l’ultima fascia, cioè per redditi superiori ai 50mila euro, per cui resterebbero confermate le attuali aliquote Irpef, rispettivamente, del 23% e del 43%.

La seconda ipotesi di revisione Irpef dovrebbe prevedere le seguenti aliquote:

  • del 23% per redditi fino a 28.000 euro; 
  • del 33% per redditi tra 28mila e 50mila euro;
  • del 43% per redditi oltre i 50mila euro.
Questa ipotesi di revisione Irpef sarebbe positiva per ogni fascia di reddito, perché, per esempio, chi ha redditi da 25mila euro all’anno pagherebbe circa 200 euro di tasse in meno, per arrivare fino a circa 700 euro per chi ha redditi più alti.

Altra ipotesi di revisione Irpef potrebbe prevedere le seguenti tre nuove aliquote:

  • del 23% per i redditi sotto i 15 mila euro;
  • del 27% per i redditi tra 15 mila e 75 mila euro;
  • del 43% per i redditi oltre i 75 mila euro.
Questa ipotesi prevederebbe modifiche per chi ha redditi più alti tra 50mila e 75mila euro con risparmi sulle tasse da pagare, mentre per chi redditi tra i 15mila e 28mila euro ci sarebbe un aumento delle tasse da pagare con l’aliquota di tassazione che passerebbe 25% al 27%.

Ultima ipotesi di revisione Irpef potrebbe prevedere le seguenti nuove aliquote:

  • aliquota del 23% per redditi da 8.500 euro e fino a 28mila euro;
  • aliquota del 35% per redditi da 28.001 euro a 50mila euro;
  • aliquota del 43% per redditi oltre i 50mila euro.
Con questa nuova ipotesi di revisione Irpef le modifiche riguarderebbero la fascia media di redditi, chi ha redditi tra i 15mila e i circa 30mila euro, per cui ci sarebbe una riduzione delle tasse da pagare con conseguenti aumenti che dovrebbero oscillare tra i circa 50-60 euro per i redditi più bassi, per arrivare fino a oltre mille euro per chi ha redditi più alti.

Recenti indiscrezioni parlano anche di una ulteriore possibile riduzione dell’aliquota Irpef per il primo scaglione di reddito, più bassa dunque rispetto all’attuale 23%, annunciata e voluta dalla stessa premier Meloni, proprio a sostegno di chi guadagna meno ma è costretto a pagare molte tasse.

Ulteriore aumento delle pensioni minime in discussione

Una delle principali novità pensioni di cui si parla, secondo indiscrezioni, è il nuovo aumento delle pensioni minime a partire da gennaio. L’intenzione è di portarle dagli attuali 600 euro a 700 euro con l’obiettivo, come a più riprese dichiarato dal governo, di arrivare a pensioni minime di mille euro entro fine legislatura. 

Per l’attuazione di questa misura bisognerà, però, verificare l’effettiva sussistenza delle risorse economiche per la copertura. 

Assegno di garanzia per i giovani

Tra le principali novità pensioni di cui si discute in vista della prossima Legge di Bilancio 2024 c’è l’assegno di garanzia per i giovani che, come anticipato, dovrebbe essere un sostegno per i lavoratori che sono stati assunti dopo il 1996, decisamente penalizzati dall’entrata in vigore la riforma Dini sul calcolo contributivo della pensione e per cui, appunto, il calcolo della pensione finale si basa esclusivamente sui contributi effettivamente versati durante la propria vita lavorativa, e non più sul vantaggioso sistema retributivo.

Si tratta di una misura che, anche dai dati emersi da un recente rapporto della Corte dei Conti, si prospetta necessaria considerando che la fotografia delle posizioni previdenziali future degli attuali quarantenni non promette nulla di buono.

Secondo le ultime notizie, gli unici lavoratori oggi giovani e che riusciranno ad avere pensioni dignitose sono solo i lavoratori assunti nel comparto delle Forze armate e lavoratori del comparto Sanità.

Nuove ipotesi per andare ancora in pensione anticipata 

In discussione al momento ci sarebbero anche novità per le pensioni anticipate. E’ possibile, infatti, che la quota 103, per andare in pensione a 62 anni e con 41 anni di contributi, possa essere ancora prorogata, considerando che al momento dovrebbe esaurirsi il 31 dicembre 2023. 

Si prospetta anche una possibile proroga dell’ape social ma modificata, con estensione della platea di beneficiari a ulteriori mansioni gravose o usuranti rispetto alle attuali previste, per andare in pensione a 63 anni di età e con 30 o 36 anni di contributi. 

Si pensa anche a novità per l’opzione donna: l’intenzione iniziale era quella di ripristinare in vecchi requisiti di opzione donna, permettendo alle donne lavoratrici dipendenti e autonome di andare in pensione, rispettivamente, a 58 e a 59 anni e con 35 anni di contributi.

Ma probabilmente il ritorno ai vecchi requisiti non ci sarà e si pensa ora ad un nuovo scivolo pensionistico riservato solo alle donne over 60 e che potrebbe avere lo stesso meccanismo dell’attuale Ape social, prevedendo cioè il pagamento di una indennità fino al compimento del 67esimo anno di età, per poi iniziare a percepire la normale pensione. 

In discussione ci sarebbe anche una quota 41 per tutti senza limiti di età, per permettere a tutti i lavoratori di andare in pensione solo con 41 anni di contributi e senza alcun requisito anagrafico, calcolando l’assegno finale, però, solo con sistema contributivo, e un nuovo strumento unico per gli esodi incentivati contestuali a nuove assunzioni. 

Il nuovo meccanismo potrebbe comprendere gli attuali sistema di uscita anticipata di contratto di espansione, che permette di andare in pensione prima fino a 5 anni, isopensione, che permette di andare in pensione prima fino a 7 anni, e trattativa privata tra impresa e singolo lavoratore, permettendo di anticipare la pensione fino a 5-7 anni percependo un’indennità fino alla maturazione dei normali requisiti di pensione richiesti ma perdendo del tutto i contributi degli anni persi a lavoro per l’uscita anticipata, con il rischio di ricevere una pensione finale più bassa.