Pensione contributiva riforma Draghi Calcolo esempi
Governo Draghi verso riforma delle pensioni con sistema contributivo per tutti: cosa prevedono norme in vigore e cosa si prepara a cambiare
Cosa si prepara a cambiare per la pensione contributiva con riforma Draghi? Le pensioni continuano ad essere al centro del dibattito politico per la definizione della nuova Manovra Finanziaria pronta ad essere approvata entro la fine dell’anno e le novità pensioni per il prossimo anno prevedono quota 102 nel 2022, quota 104 nel 2023, ulteriore proroga di opzione donna e ape social, con contestuale allargamento della platea dei beneficiari per estensione della lista dei lavoratori usuranti.
Ma il premier Draghi punta ad una ulteriore novità: la pensione contributiva per tutti. Vediamo di cosa si tratta e come cambierebbero le pensioni con la pensione contributiva.
Quota 102 solo per il 2022 poi dal 2023 un tavolo con le parti sociali sulla pensione per una riforma del sistema o in alternativa il pieno ritorno alla legge Fornero, dopo gli anni di sperimentazione della quota 100 per andare in pensione prima, sistema che, secondo il premier Draghi, avrebbe minato la sostenibilità dei conti dell'Inps.
L’ipotesi di lavoro del premier Draghi sulle pensioni è il ritorno ad un sistema contributivo pieno pensionistico per tutti, significa che si tornerebbe a calcolare l’assegno del trattamento pensionistico finale esclusivamente con sistema contributivo per tutti in base, quindi, solo ai contributi effettivamente versati da ogni soggetto nel corso della sua vita lavorativa.
Dopo quota 102 nel 2022, dunque, il premier Draghi punterebbe ad estendere la flessibilità in uscita dal lavoro a tutti, ma a condizione di calcolare la pensione finale di tutti esclusivamente con sistema contributivo che permetterebbe di mantenere in ordine i conti dell’Inps.
Secondo quanto spiegato dal permier Draghi, il sistema contributivo di calcolo della pensione finale rappresenta il metodo che potrebbe permettere di ‘aggiustare tante cose’, compresa la flessibilità in uscita e il riequilibrio delle pensioni dei giovani, che oggi sono decisamente squilibrate e avviate ad essere da fame.
Si tratta, però, di obiettivi che si possono ottenere solo rendendo sostenibile il sistema pensionistico.
Il sistema contributivo esteso a tutti, uomini e donne indistintamente, dalla Riforma delle pensioni Fornero, ma già in realtà in vigore dal 1996 per alcuni lavoratori, prevede, dunque, che l’importo della pensione sia risultato solo dei contributi versati, per cui chi ha versato e versa più contributi otterrà un importo di pensione più elevato, tra somma dei contributi accumulati, relativa rivalutazione e coefficienti di trasformazione in base ad età del lavoratore al momento del pensionamento.
Con la possibilità di uscita anticipata con quota 100 a 62 anni di età e con 38 anni di contributi invece che a 67 anni di età richiesti dai normali requisiti della pensione di vecchiaia, il metodo contributivo si era interrotto, considerando il minore montante contributivo.
Il principio della pensione contributiva è che più si va in pensione in età elevata, più contributi si versano e più alta sarà la pensione finale. Al contrario, prima si esce dal lavoro, meno contributi si possono accumulare e più basso risulterà l’importo di pensione.
Il sistema contributivo per il calcolo della pensione finale è stato esteso a tutti dalla riforma Fornero ma era già in vigore per coloro che iniziavano a lavorare dal primo gennaio 1996. In particolare, chi, al 31 dicembre 1995, aveva maturato meno di 18 anni di contributi, calcolava la pensione finale con sistema retributivo per gli anni fino al 31 dicembre 1995 e con il sistema contributivo per gli anni successivi, mentre chi al 31 dicembre 1995 aveva maturato più di 18 anni di contributi, aveva e ha la pensione finale calcolata con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011 e con il sistema contributivo per gli anni successivi.
Considerando che il sistema retributivo di calcolo della pensione finale si basa sulla media degli ultimi stipendi di carriera, che sono generalmente i più alti, rispetto ai soli contributi versati per il sistema contributivo, è chiaro che fortemente penalizzati dalla pensione contributiva sarebbero i giovani che oggi hanno carriere precarie, frammentati, con stipendi decisamente bassi e, dunque, di conseguenza anche contributi minimi.
Per fare un esempio di calcolo della pensione, stando a quanto emerso dagli ultimi dati resi noti, nel 2022 l’85% dei pensionati calcolerà la pensione con sistema misto, vale a dire in parte con una piccola quota retributiva maturata fino al 1995 e poi solo con sistema contributivo, per circa il 65%, ottenendo un taglio sulla pensione finale ma relativo ormai.
L’idea del ritorno alla pensione contributiva punta, dunque, alla rimessa in piedi dei conti Inps in modo da permettere maggiore flessibilità in uscita a fronte di calcoli dei trattamenti solo sulla base, però, dei contributi versati e, anche un domani, di poter valorizzare ai fini pensionistici per i più giovani diversi periodi, come quelli di formazione, o di disoccupazione involontaria.