Riforma pensioni 2023, le attese a giugno su anticipate e aumento importi per l'anno prossimo

di Marianna Quatraro pubblicato il
Riforma pensioni 2023, le attese a giugn

Cosa potrebbe accadere in questo nuovo mese di Giugno per quanto riguarda le pensioni anticipate (nuove proposte e quota 41, opzione donna, Ape Social, quota 104) e l'aumento dell'importo assegni 2023

Terminato il mese di maggio in cui, seppur in maniera non ufficiale con incontri programmati, sono riprese le discussioni sul tema delle pensioni, ci si chiede se e cosa potrà accedere in questo mese di giugno per le pensioni e se si arriverà effettivamente a spiragli di novità concrete da approvare entro la fine dell’anno. Vediamo allora quali sono le attese per giugno su pensioni anticipate e aumento degli importi degli assegni per l’anno prossimo.

  • Riforma pensioni 2023 quali sono le attese di giugno per pensioni anticipate
  • Aumento importi assegni pensionistici nuove attese per giugno 


Riforma pensioni 2023 quali sono le attese di giugno per pensioni anticipate

Il mese di giugno potrebbe essere forse quello giusto per la ripresa dei confronti ufficiali con i sindacati sulla riforma pensioni 2023, per cercare di arrivare almeno ad una soluzione di compromesso per garantire la possibilità di uscite anticipate a tutti anche il prossimo anno, così come potrebbe essere il mese giusto per continuare a lavorare su modifiche al Def, Documento di Economia e Finanza che anticipa le misure della prossima Legge di Bilancio, considerando il nulla di fatto relativamente alle pensioni nel documento già presentato e la speranza di novità pensioni per il prossimo anno pur con ulteriori soluzioni ponte. 
 
Nel frattempo, continua il dibattito politico sulle novità pensioni e sono diverse al momento le proposte avanzate da partiti politici e sindacati per una riforma delle pensioni 2023, dalla quota 41, rilanciata ancora dalla Lega e sostenuta anche da altri partiti politici, per permette a tutti di andare in pensione prima con 41 anni di contributi e indipendentemente dall’età, alla possibilità di rendere strutturale opzione donna, per permettere alle donne lavoratrici, sia dipendenti che autonome, di andare sempre in pensione prima a, rispettivamente, a 58 e 59 anni di età con almeno 35 anni di contributi e calcolo della pensione finale esclusivamente con metodo contributivo, alla nuova quota 104.

Quest’ultima soluzione, proposta solo qualche giorno fa, potrebbe sostituire dal prossimo gennaio 2023 la quota 102, che oggi permette di andare in pensione prima a 64 anni di età e con 38 anni di contributi ma che alla fine dell’anno si esaurirà senza ulteriore possibilità di proroga.

E poi c’è la cosiddetta pensione in due tempi proposta dal presidente dell’Inps Tridico, proposta di uscita anticipata a 63-64 anni di età ricevendo una parte della pensione, quella contributiva, prima dei 67 anni, e una parte della pensione, quella retributiva, una volta raggiunti i normali requisiti per la pensione di vecchiaia, cioè una volta raggiunti 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi.

Per la pensione a due tempi bisognerebbe raggiungere almeno 63 o 64 anni di età, aver maturato almeno 20 anni di contributi versati allo Stato e una quota contributiva di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l'assegno sociale.

Considerando le proposte in ballo, probabilmente proprio questo mese di giugno continuerà il dibattito sulle pensioni che potrebbe finalmente portare il governo a fare qualcosa.

Aumento importi assegni pensionistici nuove attese per giugno 

Grandi attese in questo mese di giugno ci sono anche per la questione degli aumenti delle pensioni.

Se da una parte, si prospettano aumenti delle pensioni nel 2023 per la rivalutazione ufficiale con indice all’1,9% che, rispetto all’1,7% considerato per il calcolo della rivalutazione di quest’anno, contribuirà ad alzare gli assegni mensili, ma solo di qualche decina di euro, dall’altra si discute della possibilità di rendere il bonus da 200 strutturale e non una tantum.

Diverse forze politiche vorrebbero, infatti, che il bonus di 200 euro ora una tantum che sarà erogato ai pensionati con redditi entro i 35mila euro annui nel mese di luglio diventasse strutturale e, nel caso di mancanza di risorse per garantire tale riconoscimento a tutti i pensionati, garantirlo almeno per sempre a chi percepisce pensioni più basse.

E c’è poi la questione degli aumenti delle pensioni di invalidità: considerando i progetti del PNRR e la sentenza della Corte Costituzionale che ha parlato di pensioni di invalidità troppo basse, sembra che il governo Draghi sia intenzionato ad aumentare gli assegni di invalidità
 
In particolare, la Corte Costituzionale, pronunciandosi con una sentenza del 2020 sull’importo delle pensioni di invalidità erogate agli invalidi fino al 100%, ha parlato di importo troppo basso e della necessità di aumentarlo in modo da garantire effettivamente agli interessati il minimo vitale e il diritto al mantenimento, garantito ad ogni cittadino inabile al lavoro dalla stessa Costituzione. 

Il governo Draghi ha, quindi, annunciato un nuovo aumento delle pensioni di invalidità (oggi ferme a 291,98 euro) e il ministro delle Disabilità, Erika Stefani, ha precisato che agli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordi l’aumento previsto viene riconosciuto d’ufficio e si stima sarà di qualche euro, arrivando nemmeno alla cifra di 300 euro pieni.