Reperibilità sul lavoro 2023 è obbligatoria o no
Che l'azienda sia grande o piccola poco importa, ma quante volte è capitato di sentire squillare il cellulare mentre siamo a casa oppure ci stiamo dedicando a qualche attività personale all'aperto e accorgersi che a chiamare era proprio il capo reparto o comunque un nostro superiore?
Nella maggior parte dei casi, quella telefonata ha un solo significato: c'è bisogno di noi per tamponare un'emergenza. Ma se domandare è lecito e rispondere è cortesia, nel mondo del lavoro come comportarsi?
Si tratta della cosiddetta reperibilità ovvero quell'istituto in base al quale il lavoratore resta a disposizione dell'azienda anche al di fuori dell'orario di impiego. Il caso più noto è quello dei medici che, spesso e volentieri, sono pronti a fornire assistenza anche fuori orario.
Ma sono tanti i dubbi sul funzionamento di questo strumento. Approfondiamo quindi in questo articolo
Per intenderci, diventa difficile assicurare la propria presenza nel caso in cui le distanze da luogo di lavoro siano eccessive e non c'è il tempo necessario per assicurare la tempestività richiesta. Di conseguenza un ruolo centrale nel definire il ricorso a questo strumento e il comportamento del dipendente è ricoperto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento.
Quasi sempre sono infatti presenti disposizioni specifiche sulla reperibilità. Ed è proprio questo il riferimento normativo del dipendente e dell'azienda per capire come comportarsi e quali sono i diritti e i doveri di entrambi le parti in causa.
L'aspetto di cui tenere conto quando si parla di reperibilità è che a monte deve esserci un accordo tra le parti. In buona sostanza il lavoratore comunica la propria disponibilità a ricevere eventuali chiamate fuori dall'orario normale di lavoro, garantendo la prontezza a intervenire in caso di chiamata.
E da parte sua, il datore di lavoro deve rendere pubblici i turni di reperibilità. Ogni aspetto è infatti attentamente normato non solo dal punto di vista economico.
Ci sono infatti le disposizioni sull'orario massimo di lavoro settimanale o sull'obbligo di fruire di 11 ore di riposo consecutivo che non possono essere disattese ed è quindi compito dell'azienda riuscire a far convivere tutte le esigenze, sia quella organizzativa e produttiva del lavoro e sia quel del rispetto delle norme in vigore.
Rispondiamo subito alla domanda centrale: non è obbligatoria la reperibilità del lavoratore. Quest'ultimo può quindi rifiutarsi senza subire alcuna conseguenza né da punto di vista economico e né disciplinare.
La conferma è arrivata anche da una recente sentenza della Corte di Cassazione, secondo cui a carico del lavoratore non ci sono obblighi di eseguire compiti aggiuntivi rispetto a quanto indicato nel contratto.
Vale anche la regola contraria: così come non è obbligato a rispondere affermativamente alla disponibilità a essere reperibili, allo stesso tempo non può pretendere l'inserimento nei turni. La decisione di individuare i dipendenti reperibili spetta sempre al datore di lavoro.