Tutte le nuove regole aggiornate e i problemi (ma anche rimedi) per i contratti a termine con riforma lavoro

di Marianna Quatraro pubblicato il
Tutte le nuove regole aggiornate e i pro

Cosa prevedono le nuove norme relative ai contratti a termine dopo approvazione del nuovo Decreto Lavoro: problemi possibili e soluzioni

Quali sono le nuove regole aggiornate e i possibili problemi (e rimedi) per i nuovi contratti a termine al via ora nel 2023? L’approvazione ufficiale del nuovo Decreto Lavoro del primo maggio ha previsto diverse nuove misure per i lavoratori dipendenti relative non solo all’ulteriore taglio del cuneo fiscale aumentato al 7% per redditi fino a 25mila euro e al 6% per redditi da 25mila a 35mila euro, all’aumento della soglia esentasse fino a 3mila euro per i fringe benefit e al bonus assunzioni ma anche ai contratti a termine. Vediamo cosa prevedono.

  • Nuove regole per contratti a termine al via nel 2023
  • Problemi e possibili rimedi per i nuovi contratti a termine 2023

Nuove regole per contratti a termine al via nel 2023

Dopo l’approvazione ufficiale del Decreto Lavoro, è stato stabilito che per i rinnovi dei contratti a termine oltre i 12 mesi si devono inserire le causali che possono essere stabilite da:
  • contratti collettivi, come già avviene per alcuni contratti nazionali di lavoro come Ccnl tessile-abbigliamento, artigiani dell’alimentare, pelletteria, cartai e lavanderie industriali, e solo se la contrattazione collettiva non prevede nulla in merito;
  • patti individuali tra azienda e lavoratori in base a specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva, e in tal caso devono essere approvate dalle commissioni di certificazione costituite presso gli enti bilaterali, le direzioni provinciali del lavoro, le università, il ministero del Lavoro o i consigli provinciali dei consulenti del lavoro;
  • sostituzione di altri lavoratori.
Cambiano, dunque, le regole rispetto a quanto stabilito dal Decreto Dignità del 2018, che aveva previsto per i contratti a termine una durata di 12 mesi, con possibilità di proroga di ulteriori 12 mesi ma comunque non oltre i 24 mesi e solo a condizione di riportare causali stringenti, per esempio esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, sostituzione di altri lavoratori, esigenze legate a significativi aumenti temporanei e non programmabili dell’attività ordinaria. 

Il nuovo Decreto Lavoro è intervenuto sulle ipotesi che permettono al datore di lavoro di rinnovare o prorogare oltre i 12 mesi un contratto di lavoro a tempo determinato, modificando le causali e concedendo maggiore autonomia alle parti, allentando lo stringente sistema di causali del Decreto Dignità e senza più la necessità di certificazione preventiva del contratto presso una delle sedi delle commissioni di certificazione nel caso di mancato esercizio di delega da parte della contrattazione collettiva.

Ciò significa che se non è previsto nulla in merito dalla contrattazione collettiva, le parti, vale a dire azienda e lavoratori, possono definire le esigenze tecniche, organizzative e produttive che giustificano la proroga di un contratto a termine. 

Problemi e possibili rimedi per i nuovi contratti a termine 2023

Stando a quanto stabilito dalle nuove regole, il primo contratto a termine può essere stipulato senza causale se entro il limite di durata di dodici mesi, mentre se la durata del contratto supera tale soglia è necessario inserire una causale giustificativa tra quelle previste dalla nuova legge, e cioè: 

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;  
  • esigenze di sostituzione di altri lavoratori;  
  • esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. 
In ogni caso, il termine del contratto non può superare i 24 mesi altrimenti deve essere convertito in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del limite massimo.

Le novità previste pongono alcuni problemi considerando le regole da seguire tra quanto stabilito da contrattazione collettiva e libera decisione delle parti. Ci si chiede, per esempio, in presenza di contratti collettivi a vari livelli, nazionale ed aziendale, che disciplinano le causali in maniera diversa, quale bisogna seguire, ma anche cosa fare in mancanza della previsione della contrattazione collettiva per indicare al meglio le esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva come causali del contratto a termine da instaurare.

Altro problema potrebbe porsi nel caso di contemporanea presenza di contratti collettivi a vari livelli, sia nazionale che aziendale, che disciplinano le causali in maniera diversa e in tal caso ci si chiede quale sia meglio seguire. 

Le possibili soluzioni a questi problemi potrebbero in realtà derivare dalle singole esigenze e condizioni. Per esempio, in presenza di contrattazione collettiva sia nazionale che aziendale, la soluzione sarebbe preferire gli accordi aziendali in corso di validità, che sono forse migliori perché più vicini a problemi e singole condizioni operative e gestionali dei singoli lavoratori rispetto a quanto previsto dalla contrattazione nazionale, più generica.