Come cambierebbero l'economia, il lavoro e la demografia italiana in assenza degli immigrati? Un percorso tra dati, analisi socio-economiche e scenari futuri, arricchito dalle riflessioni della Fondazione Moressa.
L'analisi della Fondazione Leone Moressa evidenzia come la presenza di cittadini stranieri rappresenti un elemento determinante per l'equilibrio sociale ed economico nazionale. L'integrazione dei nuovi arrivati è infatti strettamente correlata al benessere del tessuto produttivo e al mantenimento della coesione sociale in Italia.
Attraverso ricerche dettagliate, la Fondazione sottolinea il valore aggiunto generato dall'apporto degli immigrati, il loro impatto sulla tenuta dei sistemi pensionistici e la capacità di rispondere al fabbisogno di manodopera in vari settori. La questione, posta nell'ottica di cosa accadrebbe all'Italia senza immigrati, va ben oltre una semplificazione numerica, abbracciando anche gli aspetti demografici, del lavoro e dell'innovazione sociale.
Nel contesto europeo, i cittadini stranieri rappresentano circa il 6,7% della popolazione, con punte più alte in paesi come Germania, Regno Unito e Italia. Nel territorio italiano, la quota di residenti di origine straniera ha superato negli ultimi anni l'8%, pari a circa 5 milioni di persone. Il flusso migratorio in Italia è composto tanto da ingressi di nuovi lavoratori quanto da ricongiungimenti familiari, mostrando un quadro articolato che coinvolge l'intera società. Le statistiche indicano come, dal 2005, la percentuale di popolazione straniera sia cresciuta da 3,8% a oltre l'8%, superando la media UE:
L'apporto dei nuovi lavoratori alla produzione di ricchezza italiana è valutato in circa 125 miliardi di euro, rappresentando l'8,6% del valore aggiunto complessivo. Le implicazioni sull'economia sono sia dirette, grazie alle posizioni lavorative coperte in settori strategici, sia indirette, tramite la crescita della domanda interna e le entrate fiscali. In Italia, oltre 3,4 milioni di residenti stranieri sono contribuenti, con dichiarazioni Irpef nette che superano i 6,8 miliardi annui. La presenza di imprenditori immigrati è anch'essa significativa: oltre mezzo milione di imprese italiane sono gestite da stranieri, generando il 6,5% del valore aggiunto delle aziende nazionali.
I settori con maggiore concentrazione di lavoratori immigrati includono:
Gli effetti della presenza straniera sono cruciali anche sotto il profilo demografico. L'età media degli immigrati risulta più bassa rispetto alla popolazione italiana: solo l'1% degli stranieri ha oltre 75 anni, contro il 10% degli autoctoni. Questa caratteristica determina una più alta partecipazione attiva nel mondo del lavoro e un'incidenza nettamente inferiore sulle spese previdenziali e sanitarie. Le previsioni ISTAT stimano che la percentuale di cittadini di origine straniera potrà raggiungere il 13% nei prossimi dieci anni, riequilibrando il progressivo invecchiamento della popolazione nazionale.
Il sistema pensionistico italiano si regge su un meccanismo di ripartizione fondato sui versamenti delle attuali forze lavoro. Gli immigrati, essendo in prevalenza giovani e attivi, contribuiscono in modo determinante a garantire la tenuta del sistema e il pagamento delle pensioni:
Una diminuzione della presenza straniera porterebbe conseguenze in molteplici contesti:
Lo strumento normativo che regola l'ingresso di lavoratori non comunitari in Italia è il cosiddetto "decreto flussi", aggiornato annualmente dal Governo in base alle necessità del mercato. Il meccanismo prevede la definizione di quote massime di ingresso e la possibilità di assunzione tramite la cosiddetta "chiamata nominativa". Nonostante le intenzioni, il sistema risulta spesso poco efficace e crea molteplici problemi:
Il riconoscimento della cittadinanza a residenti stranieri e le modalità di acquisizione sono regolamentati dalla legge italiana, che distingue tra ius sanguinis, naturalizzazione, matrimonio e altri percorsi. Negli ultimi anni, una nuova legge ha introdotto ulteriori controlli per prevenire abusi e garantire un legame effettivo tra il richiedente e lo Stato. Questo orientamento promuove modelli di inclusione basati sulla residenza effettiva, la conoscenza della lingua italiana e l'integrazione socio-lavorativa. Le procedure sono state centralizzate presso la Farnesina per uniformare i criteri di valutazione.
Questi cambiamenti hanno diversi effetti: