I cambiamenti nel settore immobiliare hanno portato alla crescente diffusione degli affitti brevi in ambito condominiale, specialmente nelle grandi città e nelle località turistiche. L’incremento della mobilità professionale, il turismo e la possibilità di trarre profitto anche da piccoli immobili hanno contribuito a rendere questa forma di locazione un fenomeno sempre più significativo. Tuttavia, il divieto di affitti brevi in ambito condominiale rappresenta un tema ricorrente di discussione e fonte di numerosi contenziosi fra proprietari e vicini di casa. Da una parte, chi desidera mettere a reddito il proprio bene deve confrontarsi non solo con la normativa nazionale, ma anche con le regole interne allo stabile. Dall’altra, i residenti manifestano preoccupazioni per il via vai di persone, la gestione delle parti comuni e la tutela della tranquillità domestica.
Il termine affitto breve identifica una particolare tipologia di contratto di locazione a uso abitativo, la cui durata non supera mai i trenta giorni per singolo accordo. Ciò significa che è possibile stipulare più contratti nell’arco dell’anno, purché ognuno rispetti il limite temporale fissato dalla normativa. Questa formula si distingue nettamente dai contratti transitori, destinati prevalentemente a studenti o lavoratori, che hanno una durata compresa tra 30 giorni e 18 mesi, nonché dalle classiche formule 4+4 e 3+2 (canone libero o concordato) tipiche degli affitti a lungo termine.
Un errore comune riguarda la confusione tra affitti brevi e attività di tipo ricettivo quali bed & breakfast, affittacamere e pensioni. Nel caso degli affitti brevi, infatti, il servizio consiste nella semplice messa a disposizione dell’immobile arredato, senza l’erogazione di colazione, pulizia giornaliera o altri servizi accessori che connotano l’attività imprenditoriale. La normativa applicabile insiste sulle sole categorie catastali da A1 ad A11 (esclusa A10), relative alle abitazioni e alle relative pertinenze, escludendo gli immobili adibiti a uffici o attività professionali.
Tabella di confronto tra affitti brevi e altre tipologie di locazione:
Tipologia | Durata | Finalità | Servizi accessori |
Affitto breve | ≤ 30 giorni | Abitativo temporaneo | No |
Contratto transitorio | 31 giorni - 18 mesi | Necessità specifiche (studio/lavoro) | No |
Contratto 4+4 / 3+2 | Medio-lungo termine | Residenza abituale | No |
B&B/Affittacamere | Variabile | Attività commerciale | Sì |
La scelta della tipologia contrattuale influisce su obblighi, limiti e prospettive, con impatti rilevanti anche sulla vita in condominio.
L’impianto normativo italiano sancisce con chiarezza che le assemblee non possono intervenire limitando i diritti dei singoli sulla proprietà esclusiva, a meno che tali limiti non siano espressamente previsti nel regolamento di natura contrattuale (art. 1138 c.c.). Il solo fatto di deliberare a maggioranza in sede assembleare un divieto del genere non conferisce alcuna efficacia a tale decisione. Una delibera assembleare che limiti la facoltà di locare un immobile risulta nulla, essendo contraria alle prerogative proprietarie garantite dalla legge.
L’assemblea rimane invece pienamente titolata a regolamentare l’utilizzo delle parti comuni (scale, androni, giardini), la ripartizione delle spese e la salvaguardia del decoro architettonico. Tuttavia, qualsiasi tentativo di impedire la locazione breve esclusivamente tramite maggioranza assembleare è privo di valore. Solo l’unanimità di tutti i partecipanti, o una previsione vincolante all’interno del regolamento contrattuale, può incidere sui diritti individuali di ciascun condomino.
La presenza di una specifica clausola nel regolamento di condominio rappresenta l’unico strumento legalmente valido per vietare le locazioni brevi. Non tutte le tipologie di regolamento, però, sono idonee a introdurre simili limitazioni. Secondo la giurisprudenza prevalente, le limitazioni riguardanti il godimento delle proprietà esclusive, tra cui appunto l’affitto breve, devono trovare posto in un regolamento contrattuale regolarmente accettato da ciascun proprietario o adottato all’unanimità.
I regolamenti assembleari, anche se approvati dalla maggioranza, non hanno efficacia sulle porzioni individuali e non possono pregiudicare i diritti reali riconosciuti ai condomini. L’efficacia vincolante delle clausole di divieto dipende inoltre dalla loro formulazione: soltanto disposizioni specifiche e inequivocabili, che vietino in modo espresso le locazioni di durata inferiore a un certo periodo, sono opponibili ai proprietari.
Un impedimento generico, come il divieto di "attività che possano disturbare la quiete" o la menzione alle attività di B&B, non è sufficiente secondo gli indirizzi delle corti. Occorre pertanto prestare particolare attenzione alla lettura e interpretazione delle regole vigenti nello stabile, anche in sede di acquisto di una nuova unità.
Il rispetto del regolamento rimane imprescindibile per tutti, compresi gli acquirenti successivi, a patto che il documento venga richiamato nell’atto di compravendita e sottoscritto esplicitamente dagli stessi.
I regolamenti condominiali si distinguono tra quelli contrattuali, generalmente predisposti dal costruttore e allegati agli atti di compravendita, e quelli di origine assembleare, deliberati a maggioranza dei partecipanti secondo quanto dispone l’art. 1138 c.c. Solo la prima tipologia ha forza vincolante sui diritti delle proprietà esclusive, compresa la possibilità di introdurre vincoli circa la destinazione degli immobili. I regolamenti assembleari invece si occupano della gestione delle parti comuni e delle spese, senza incidere sulla facoltà di locare i singoli appartamenti.
La validità di una clausola di divieto si fonda sulla sua chiarezza e specificità. Secondo la Cassazione, vengono ritenute efficaci esclusivamente quelle disposizioni che vietano espressamente e in modo univoco la locazione breve, con riferimento puntuale alla durata. Divieti generici, o riferimenti ad attività diverse (ad esempio affittacamere, pensioni), non possono essere estesi agli affitti brevi senza apposita previsione. Eventuali divieti inseriti in regolamenti non contrattuali, o deliberati solo a maggioranza, sono da considerarsi inefficaci e quindi impugnabili senza limiti temporali.
Chi decide di puntare sulla locazione breve deve adempiere a una serie di doveri, sia verso i condomini che verso l’autorità pubblica. Il proprietario risponde personalmente per il comportamento degli ospiti rispetto alle regole condominiali e all’ordine pubblico. È sua cura, innanzitutto, fornire agli inquilini temporanei una copia del regolamento vigente e assicurarsi che lo rispettino in ogni parte.
Un altro adempimento imprescindibile riguarda la sicurezza: la normativa impone l’identificazione di tutti gli ospiti, anche per soggiorni brevi, e la trasmissione dei dati anagrafici mediante il portale "Alloggiati Web" alla Questura territorialmente competente. L’inosservanza di tale obbligo comporta pesanti sanzioni, tra cui l’arresto e multe pecuniarie.
Restano in capo al locatore le responsabilità riguardanti:
La gestione trasparente e rigorosa dei propri doveri riduce i rischi di contenzioso e di sanzioni a carico del proprietario, garantendo al tempo stesso un clima di fiducia fra i vari componenti della compagine condominiale.
L’attività di locazione breve può originare una quantità significativa di problematiche quali rumori, uso improprio delle parti comuni e malintesi sul rispetto delle regole. Nei casi più gravi, si assiste a richieste di intervento dell’amministratore o delle autorità di pubblica sicurezza per sanzionare comportamenti inaccettabili.
Le controversie più frequenti riguardano:
Per prevenire situazioni conflittuali, si raccomanda la diffusione capillare delle regole condominiali e una comunicazione serrata tra locatore, amministratore e ospiti temporanei. Una buona prassi prevede l’inserimento nei contratti di locazione di clausole che impegnano gli inquilini temporanei al rispetto delle regole e la loro piena responsabilizzazione su eventuali danni o violazioni che possano arrecare disagio agli altri residenti.