Secondo quanto previsto dalle norme in vigore, il Trattamento di fine rapporto Tfr può essere investito o lasciandolo in azienda o destinandolo ad un fondo di previdenza complementare e, in tal caso, scegliendo la migliore linea di investimento in base alle proprie esigenze.
Come conviene investire il Tfr e dove si può mettere? Durante la vita lavoratoriva, un lavoratore dipendente accantona annualmente una specifica quota nota che è il Tfr, Trattamento di fine rapporto, il cui importo finale è variabile, viene liquidato solo al momento di cessazione del rapporto di lavoro (per qualsiasi motivo), e dipende soprattutto dagli anni di lavoro effettivamente prestati. Vediamo di seguito se conviene e come investire il proprio Tfr.
Spesso ci si chiede se e come conviene investire il proprio Tfr. La scelta che si pone spesso è se lasciarlo in azienda o investirlo in un fondo di previdenza complementare.
Nel primo caso, se l'azienda ha meno di 50 dipendenti, il Tfr resta direttamente in azienda, in caso contrario può essere destinato al Fondo dello Stato gestito dall'Inps.
Lasciando il Tfr in azienda, si può percepire mediamente una rivalutazione annua dell'importo accumulato tra il 2 e il 3%.
Quando, invece, si sceglie la previdenza complementare come forma di investimento del Tfr, bisogna considerare che esistono diverse soluzioni.
C'è, per esempio, la linea di investimento garantita, che propone una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di specifici eventi.
Ci sono poi le linee obbligazionaria, che si applica quando si decide di investire solo o in via principale in titoli obbligazionari, e azionaria, quando si sceglie di puntare solo o in via principale in azioni.
E, infine, c'è la soluzione delle linee cosiddette bilanciate, che prevedono investimenti sia in azioni e sia in obbligazioni nella stessa quantità.
Nel caso di investimento del Tfr in fondi aperti, l'imponibile viene tassato al 15%, che si riduce dello 0,30% per ogni anno di partecipazione successivo al 15esimo, fino ad una riduzione massima del 6%. Dopo 35 anni, è prevista l'applicazione di un'aliquota al 9%.