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Conviene lavorare se si è in pensione e con quale contratto nel 2025? I pro e contro

Quando e con quale contratto conviene lavorare se si è già in pensione: cosa prevedono le leggi in vigore e i chiarimenti

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
e aggiornato con informazioni attualizzate il
Conviene lavorare se si è in pensione e

Conviene lavorare se si è in pensione e con quale contratto? I pro e contro per chi ha raggiunto il traguardo della pensione, la possibilità di restare attivi nel mondo del lavoro è più attuale che mai, anche nel 2025, grazie alle normative che garantiscono la piena compatibilità tra pensione e attività lavorativa. Tuttavia, è fondamentale analizzare con attenzione vincoli, benefici, novità e modalità contrattuali per fare una scelta consapevole.

Pro e contro del lavorare in pensione

Continuare a lavorare dopo il pensionamento non è solo una questione di incremento della disponibilità economica. Questa scelta permette di arricchire il proprio bagaglio di esperienze, mantenendo una routine attiva e un ruolo sociale, che molti pensionati considerano importante a livello personale e psicologico.
Il principale vantaggio pratico è la possibilità di arrotondare l’assegno previdenziale tramite lo stipendio, con la certezza che, salvo eccezioni, oggi non esistono limiti reddituali al cumulo tra pensione e reddito da lavoro. L’opportunità di versare ulteriori contributi consente di maturare un supplemento di pensione (ossia un incremento dell’assegno mensile), a patto che si lavorino almeno 4 giorni a settimana in modo continuativo, così da ottenere versamenti più consistenti.

Tra gli aspetti meno positivi c’è il rischio di un’aliquota fiscale più elevata, dato che i redditi da lavoro e pensione si sommano nell’IRPEF e possono quindi spingere in uno scaglione più alto. È inoltre indispensabile considerare le necessità personali, la voglia di impegnarsi, eventuali vincoli di salute o familiari.

Normative attuali e novità 2025, quando si può lavorare in pensione

Nella maggioranza dei casi, chi va in pensione nel 2025 può lavorare senza vincoli, sia come dipendente sia come autonomo. Tutta la normativa principale, introdotta dal decreto legge 112/2008 e successive Leggi di Bilancio, rimane confermata: le pensioni di vecchiaia, anticipate e quelle liquidate col sistema misto o retributivo sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro.

Soltanto alcune categorie di pensioni (invalidità, reversibilità, anticipo con Quota 104, APE Sociale) prevedono delle restrizioni:

  • Quota 104 e APE Sociale non permettono il cumulo con redditi da lavoro dipendente o autonomo, salvo lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro lordi annui.
  • Chi ha pensione anticipata “precoci” non può sommare redditi da lavoro per il periodo di anticipo.
  • Chi percepisce assegni di invalidità o reversibilità deve rispettare determinati limiti di reddito annuale.

Dal 2025, la Legge di Bilancio ha introdotto una novità per la pensione anticipata contributiva maturata tramite previdenza complementare: chi calcola la pensione anche con quanto accumulato nei fondi pensione, non può cumulare pensione e reddito da lavoro dipendente o autonomo, salvo attività autonoma occasionale nei limiti sopra indicati.

Con quale contratto conviene lavorare in pensione?

Una volta chiarito che si può lavorare in pensione senza limiti, la scelta del tipo di contratto è del tutto libera: subordinato (a tempo indeterminato, determinato, part-time o full-time), autonomo, parasubordinato, collaborazione o a progetto.

La forma contrattuale deve essere valutata in base alle esigenze personali, alle prospettive di continuità, alle possibilità di gestione flessibile del tempo e all’inquadramento fiscale. In ogni caso, è obbligatorio il versamento di contributi, che possono generare dopo minimo 5 anni un supplemento sulla pensione. In alcuni casi è possibile richiedere questo incremento già dopo 2 anni dalla decorrenza della pensione (o dal precedente supplemento), secondo quanto chiarito dall’INPS.

Va tenuto presente il cumulo tra pensione e redditi all’estero, che coinvolge regole specifiche. Per chi fosse interessato a lavorare o aver lavorato in più paesi, è utile approfondire come funziona la pensione per chi ha lavorato all’estero.

Eccezioni e limiti, chi NON può cumulare pensione e lavoro

Non tutti i pensionati possono cumulare i redditi senza restrizioni. Le principali eccezioni coinvolgono:

  • Titolari di pensione anticipata con Quota 104 o APE Sociale (divieto di cumulo, salvo lavoro autonomo occasionale entro 5.000 euro lordi/anno; restrizione valida fino ai 67 anni, soglia anagrafica per la pensione di vecchiaia 2025).
  • Pensioni di reversibilità e di invalidità: sono previste riduzioni all’aumentare del reddito complessivo, secondo precise fasce stabilite dalla legge.
  • Pensioni anticipate precoci: totalmente incompatibili con redditi da lavoro fino all’accesso alla pensione di vecchiaia.

Occorre quindi una verifica attenta della propria tipologia di pensione, utilizzando come riferimento le più recenti disposizioni INPS e normative.

Supplemento di pensione e impatto dei nuovi contributi

Un punto di forza del lavoro in pensione è la possibilità di incrementare l’assegno previdenziale tramite il supplemento di pensione.
Chi lavora dopo il pensionamento versa nuovi contributi e, dopo almeno 5 anni (o 2 in casi particolari), può fare domanda per un incremento mensile legato ai nuovi versamenti. Ciò vale per tutte le tipologie di contratto: tempo pieno, part-time, collaborazione, occasionale.

Il supplemento di pensione è particolarmente vantaggioso per chi ha un assegno basso e intende migliorare il proprio tenore di vita. Non si tratta però di un aumento automatico, ma deve essere richiesto formalmente, rispettando tempi e modalità definite.

Implicazioni fiscali: tassazione, dichiarazione dei redditi e trattenute

L’elemento fiscale è determinante: i redditi da pensione e lavoro vanno a sommarsi nella dichiarazione dei redditi e possono comportare una tassazione Irpef più elevata, oltre alle addizionali locali dovute a Regione e Comune. Sia l’ente pensionistico (ad esempio INPS) sia il datore di lavoro applicano le ritenute in modo autonomo, e ciò può portare ad avere i conguagli fiscali a saldo in fase di dichiarazione.
Per gestire il carico fiscale è consigliabile pianificare con attenzione, considerare il lavoro part-time come strategia per non superare gli scaglioni Irpef penalizzanti e valutare eventuali detrazioni e deduzioni disponibili.

Domande frequenti e casi particolari

Si può essere riassunti dalla stessa azienda dopo la pensione?
Sì, dopo circa un mese dalla richiesta e dal versamento della prima quota pensionistica, qualsiasi lavoratore può essere riassunto o intraprendere una nuova attività lavorativa, nel rispetto delle nuove norme. È importante verificare il tipo di pensione percepita (anticipata, di vecchiaia, etc.) e le relative regole.

Esistono limiti di tempo o di età per lavorare dopo il pensionamento?
Per lavoratori subordinati, è necessaria la cessazione del rapporto lavorativo prima della pensione, ma dopo la maturazione dei requisiti e la decorrenza dell’assegno si può tornare a lavorare senza ostacoli. Per chi è in regime autonomo la prosecuzione non richiede interruzioni.

Quali settori e regioni impiegano più pensionati lavoratori?
I dati più recenti (Istat) mostrano che i pensionati attivi lavorano soprattutto nei servizi, nel commercio e in agricoltura. Sono più frequenti tra gli uomini residenti al Nord e tra i liberi professionisti. Si registra una crescita costante degli over 65 che scelgono di lavorare, con una progressiva longevità lavorativa.

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