I contratti di solidarietà hanno lo scopo di preservare i livelli occupazionali nelle imprese che attraversano fasi di difficoltà produttive o finanziarie. Questo meccanismo si basa su una riduzione dell’orario di lavoro, concordata tra azienda e rappresentanze sindacali, che permette di distribuire in modo equo il minor carico di lavoro tra più lavoratori, riducendo il rischio di licenziamenti collettivi.
L’obiettivo centrale è quello di mantenere il capitale umano e le competenze all’interno dell’impresa, evitando l’emorragia di professionalità che potrebbe compromettere la ripresa delle attività aziendali. L’approccio solidaristico consiste nel condividere, tra tutti i lavoratori, gli effetti negativi derivanti da contrazioni temporanee della domanda o da processi di ristrutturazione aziendale.
All’interno di questo contesto, i lavoratori vedranno una variazione proporzionale sia dell’orario sia della retribuzione, garantiti però da forme di integrazione salariale che attenuano gli impatti economici negativi. Il quadro normativo di riferimento richiede la stipula di accordi collettivi, sottolineando la centralità della negoziazione tra le parti sociali.
L’assetto normativo dei contratti di solidarietà in Italia ha subito un’evoluzione significativa nel corso degli ultimi decenni. L’introduzione formale di tale istituto risale alla Legge n. 863/1984, che ne ha definito le prime condizioni di applicazione, focalizzandosi sulla finalità di attenuare gli esuberi nelle aziende in crisi. Successivamente, diverse modifiche e integrazioni hanno contribuito a rafforzare la disciplina e ad adattarla alle nuove esigenze del mercato del lavoro.
Fra i passaggi legislativi più rilevanti, si segnala l’inserimento all’interno della cassa integrazione guadagni straordinaria avvenuto con il Decreto Legislativo n. 148/2015. Con questa riforma, i contratti di solidarietà sono stati inquadrati come una delle causali specifiche dell’intervento di cassa integrazione straordinaria, razionalizzando il quadro in materia di ammortizzatori sociali. Ciò ha avuto un impatto sia sui requisiti di accesso sia sulle procedure da seguire per la stipula e la gestione degli accordi.
Nel tempo, sono stati introdotti elementi di semplificazione amministrativa e incentivi fiscali per favorire l’adozione di questi strumenti, in particolare con la Legge n. 608/1996 in materia di riduzioni contributive. Il legislatore ha prestato particolare attenzione anche alle distinzioni tra i diversi tipi di contratti di solidarietà, aggiornando la normativa per includere una platea più ampia di beneficiari.
Ulteriori recenti interventi hanno ampliato i settori e le dimensioni aziendali interessate, ponendo attenzione alle esigenze specifiche delle realtà produttive moderne.
La riduzione concordata dell’orario di lavoro coinvolge una parte significativa dei lavoratori o, in casi specifici, la totalità degli addetti di una determinata unità produttiva. Tale riduzione viene ripartita proporzionalmente fra i dipendenti interessati, comportando una conseguente diminuzione della retribuzione.
Elemento centrale risulta la volontarietà nella stipula, che impone la negoziazione tra azienda e sindacato, realizzando una soluzione condivisa capace di adattarsi alle esigenze operative e occupazionali. Gli accordi sono formalizzati per iscritto e comunicati agli organi competenti, costituendo presupposto necessario per accedere alle misure di integrazione salariale.
I limiti quantitativi e temporali, riguardanti sia il periodo complessivo dell’intervento che la misura massima di riduzione oraria, sono fissati dalla disciplina specifica e variano in funzione del tipo di contratto adottato. Un ulteriore elemento peculiare si evidenzia nella presenza di meccanismi compensativi per i lavoratori, attraverso il riconoscimento di trattamenti integrativi volti ad ammortizzare l’impatto sul reddito.
Attraverso questa combinazione di elementi, lo strumento trova applicazione efficace sia in contesti di crisi sia nei processi di riorganizzazione o sviluppo aziendale.
Due sono le principali categorie disciplinate dalla normativa: contratti di solidarietà difensivi e contratti di solidarietà espansivi. Nei primi, l’accordo si rivolge a imprese che affrontano situazioni di crisi o riorganizzazione, puntando a prevenire licenziamenti attraverso la ripartizione della riduzione oraria tra il personale in forza, con adeguati interventi di sostegno al reddito. Questi strumenti vengono pertanto utilizzati in presenza di calo dell’attività produttiva, temporanea o strutturale, e cercano di preservare il patrimonio occupazionale della realtà aziendale. Rappresentano la forma storicamente più diffusa, con l’obiettivo preciso di salvaguardare le professionalità e il know-how dei lavoratori in periodi di contrazione economica.
D'altro canto i Contratti espansivi sono nati per agevolare il ricambio generazionale e promuovere nuova occupazione. All’interno di questa tipologia, la riduzione programmata dell’orario di lavoro avviene in modo collettivo, coinvolgendo una platea ampia di dipendenti, così da creare margini per l’inserimento di nuovo personale o di professionalità innovative.
Tra le peculiarità di quelli espansivi si evidenziano:
La disciplina ha subito diverse revisioni nel tempo, favorendo l’applicazione degli accordi espansivi anche in relazione a processi di sviluppo e modernizzazione delle aziende di grande dimensione.
L’avvio di un contratto di solidarietà richiede una serie definita di passaggi e il coinvolgimento di diversi attori. Il processo si apre con la fase di consultazione e negoziazione tra l’impresa e le rappresentanze sindacali, durante la quale si identificano gli elementi essenziali dell’accordo, come la percentuale di riduzione oraria, il periodo di applicazione e la platea di dipendenti coinvolti.
Successivamente, l’intesa viene formalizzata con un accordo collettivo scritto che dettaglia le modalità applicative e garantisce la trasparenza degli impegni reciproci. Questo documento costituisce requisito indispensabile per accedere al relativo trattamento di integrazione salariale e agli eventuali benefici contributivi.
Il rispetto delle formalità previste è importante, così come la puntuale comunicazione all’INPS e agli altri enti preposti per il corretto riconoscimento delle agevolazioni e delle tutele connesse al contratto, al fine di garantire la legittimità e l’efficacia dell’intervento.
L’applicazione dei contratti di solidarietà è delimitata da specifici criteri oggettivi e soggettivi, volti a garantire l’efficacia e la correttezza dello strumento. Il campo oggettivo si riferisce prevalentemente alle imprese che affrontano una comprovata situazione di crisi, riorganizzazione o trasformazione interna che comporta un rischio di esubero del personale. Sono inclusi settori industriali, terziario avanzato, commercio e, grazie a recenti evoluzioni legislative, anche le aziende di minori dimensioni che non rientrano nella disciplina della CIGS.
Tra i limiti oggettivi, non rientrano nel perimetro di applicazione specifiche categorie come i cantieri edili a fine commessa o fase lavorativa, mentre per altri comparti possono essere previste eccezioni in funzione della normativa settoriale.
L’accordo non può essere applicato a determine figure professionali espressamente escluse dalla legge o dagli accordi e richiede sempre la verifica del rispetto dei parametri minimi di legge, inclusi i limiti temporali e quantitativi concordati nel negoziato sindacale e autorizzati dall’autorità amministrativa.
L’aspetto economico dei contratti di solidarietà si articola su più fronti, prevedendo una modulazione di retribuzioni e il ricorso a specifiche tutele e incentivi per contenere gli impatti negativi sulle condizioni di lavoratori e aziende. La riduzione dell’orario di lavoro comporta una diminuzione proporzionale della retribuzione ordinaria, ma a fronte di ciò è previsto l’accesso a forme di integrazione salariale erogate dall’INPS che coprono generalmente fino all’80% della quota di stipendio perso.
Voce | Trattamento |
Integrazione salariale | Fino all’80% della riduzione retributiva |
Sgravi contributivi | 35% per massimo 24 mesi |
Applicabilità | Lavoratori con riduzione superiore al 20% |
Oltre a preservare il potere d’acquisto dei lavoratori, questi elementi incentivano la partecipazione e la cooperazione aziendale, promuovendo stabilità e coesione sociale durante periodi di difficoltà produttiva.
L’accesso agli sgravi contributivi per le imprese che adottano contratti di solidarietà richiede il rispetto di precise condizioni e una puntuale presentazione della domanda. Il beneficio spetta ai datori di lavoro che, sottoscrivendo un accordo di riduzione dell’orario con le rappresentanze sindacali e adempiendo ai requisiti normativi, ottengono l’autorizzazione ministeriale.
La procedura prevede che la richiesta sia inoltrata attraverso l’apposito portale online indicato dal Ministero del Lavoro durante le finestre temporali pubblicate annualmente. Devono essere allegate la copia dell’accordo, l’elenco nominativo dei lavoratori interessati e i dati relativi alla riduzione oraria.
L’INPS, a seguito di autorizzazione ministeriale, valuta la domanda e attribuisce lo sgravio, che viene poi gestito nel flusso Uniemens tramite specifici codici causali. Il monitoraggio e la compliance amministrativa sono indispensabili per mantenere i benefici.
Le regole fissano limiti sia alla durata complessiva dei contratti di solidarietà sia alle percentuali di riduzione dell’orario di lavoro applicabili ai dipendenti coinvolti. In linea generale, la durata massima riconosciuta è di 24 mesi nell’arco di un quinquennio mobile, tenendo conto di eventuali proroghe che possono essere autorizzate in presenza di motivazioni specifiche e parere favorevole delle autorità competenti.
Tali parametri sono volti ad assicurare una distribuzione equilibrata delle riduzioni lavorative, evitando un eccessivo svantaggio individuale e, al contempo, preservando la continuità aziendale. L’accordo deve indicare chiaramente tempi, modalità di rotazione e criteri di scelta dei dipendenti coinvolti, a garanzia di trasparenza e gestione condivisa.
L’analisi comparativa tra contratti di solidarietà e cassa integrazione mette in evidenza punti di contatto, ma anche differenze rilevanti sotto il profilo strutturale e operativo. Entrambi gli strumenti sono concepiti per tutelare i lavoratori e sostenere le aziende durante periodi di crisi o ristrutturazione, garantendo la continuità occupazionale e una forma di sostegno al reddito.
Un ulteriore elemento distintivo risiede nel diverso impatto sul mantenimento delle competenze organizzative, spesso maggiormente salvaguardate con soluzioni solidaristiche rispetto al semplice ricorso alla CIG.
Tra le misure previste dai contratti di solidarietà figura la possibilità di accedere a strumenti di tutela per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro, in particolare nei contesti di riorganizzazione aziendale o attivazione del contratto espansivo. Uno dei principali strumenti è rappresentato dallo scivolo pensionistico, che consente ai lavoratori prossimi al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia di anticipare l’uscita fino a un massimo di 24 mesi rispetto al requisito ordinario.
Oltre allo scivolo pensionistico, vengono attivati anche altri strumenti: tra questi la NASpI, in caso di mancato assorbimento e la possibilità di accedere a percorsi di outplacement o supporto attivo nella ricollocazione professionale, in coerenza con le politiche attive promosse da enti preposti e agenzie per il lavoro.
I sindacati occupano una posizione centrale nella definizione, negoziazione e gestione dei contratti di solidarietà. Queste organizzazioni rappresentano i lavoratori nel confronto con la direzione aziendale, assicurando che le esigenze occupazionali e di tutela collettiva vengano riconosciute e integrate negli accordi.
Il continuo dialogo tra le parti consente inoltre di monitorare l’andamento e l’efficacia degli interventi, rivisitando gli accordi quando emergono mutamenti nel contesto aziendale o nelle esigenze produttive. I sindacati supportano anche l’accesso dei lavoratori a strumenti di formazione e ricollocazione professionale, auspicando soluzioni di continuità occupazionale e minima penalizzazione economica quando le risorse di produzione risultano ridotte.