La regolamentazione dell’orario di lavoro in Italia distingue con chiarezza tra lavoro supplementare e lavoro straordinario, due istituti che interessano sia il personale a tempo pieno che quello a tempo parziale. La definizione di queste forme di attività aggiuntiva trae origine dal Decreto Legislativo n. 66/2003 in materia di orario di lavoro e dal D.Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act). Secondo la normativa vigente, il limite ordinario dell’orario settimanale è fissato a 40 ore, tuttavia i contratti collettivi possono prevedere una soglia inferiore.
Il lavoro supplementare riguarda principalmente i lavoratori part-time e consiste in quelle ore svolte oltre l’orario individualmente pattuito, ma sempre entro il tetto del tempo pieno legale, ossia 40 ore settimanali. Per contro, il lavoro straordinario si verifica quando il dipendente supera l’orario normale di riferimento stabilito dal contratto di lavoro o dalla legge, tipicamente oltre le 40 ore settimanali. Entrambi i regimi prevedono tutele specifiche, limiti quantitativi e regole di maggiorazione retributiva, definite prioritariamente dalla contrattazione collettiva.
Sul piano normativo, si evidenzia che la legge delega ai CCNL la determinazione di molte condizioni specifiche, come le cause di ricorso, le maggiorazioni economiche e le clausole elastiche. Quadro rilevante risulta anche la sistematica funzione di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, sancita dall’art. 2087 del Codice Civile, che dirigono la disciplina verso un bilanciamento tra esigenze organizzative e tutela della persona.
Il lavoro supplementare caratterizza esclusivamente il rapporto part-time. Si tratta delle prestazioni ulteriori rispetto al monte ore contratto, ma senza eccedere il limite settimanale del tempo pieno. La legge prevede che le ore supplementari possano raggiungere, di regola, il 25% dell’orario individuale concordato, salvo disposizioni diverse previste dal CCNL applicabile. Una volta superato questo limite, si entra nel campo dello straordinario.
La disciplina del lavoro straordinario, invece, si applica a tutti i lavoratori subordinati, sia full-time che, in alcune circostanze, part-time (verticale e misto), ogniqualvolta siano necessarie ore aggiuntive oltre il tetto settimanale di 40 ore. Per i lavoratori full-time, qualsiasi attività oltre la soglia legale è definita straordinaria e soggetta a apposite maggiorazioni retributive o riposi compensativi.
Risulta determinante la distinzione anche in termini di trattamento retributivo: mentre il supplementare prevede maggiorazioni più contenute e riveste un ruolo fisiologico per la gestione della flessibilità organizzativa, lo straordinario comporta un incremento retributivo rilevante e un utilizzo contingentato dalle regole legali e dalla contrattazione collettiva.
La facoltà di richiedere prestazioni eccedenti l’orario ordinario da parte del datore di lavoro è strettamente regolamentata. Per i lavoratori part-time, la richiesta di svolgimento di ore supplementari deve attenersi ai limiti fissati dalle norme di legge e dal CCNL di settore. Le motivazioni legittime per la richiesta devono essere concrete e spesso riconducibili a:
Nel caso di lavoro straordinario, la richiesta è consentita esclusivamente nei casi previsti dalla contrattazione collettiva o dalla legge, come emergenze, esigenze produttive eccezionali, eventi speciali (manifestazioni, fiere, prototipi), e comunque nei limiti quantitativi di 8 ore a settimana e 250 ore annuali, salvo deroghe del CCNL.
È fondamentale che le richieste siano formulate con congruo preavviso e, se previsto, in forma scritta. La clausola elastica nei contratti part-time consente modifiche temporanee dell’orario pattuito a fronte di specifiche esigenze, ma necessita sempre di esplicito consenso da parte del dipendente. In tutti i casi, la mancata osservanza delle modalità previste può comportare contestazioni e sanzioni.
Il lavoratore a tempo parziale dispone del diritto, in assenza di specifiche pattuizioni in contratto individuale o collettivo, di rifiutare la prestazione di lavoro supplementare senza incorrere in conseguenze disciplinari o nel licenziamento. Il D.Lgs. 81/2015, art. 6, stabilisce che tale diritto può essere esercitato per motivi personali, di salute, esigenze familiari o formative, purché opportunamente documentati.
Per la prestazione di lavoro straordinario, la situazione si differenzia soprattutto per i full-time: la richiesta del datore deve rispettare le condizioni di urgenza o necessità fissate dalla normativa e dal CCNL, e il rifiuto è legittimo solo in presenza di motivi gravi e oggettivi. Secondo consolidata giurisprudenza, tra cui la Cassazione, ord. n. 22459/2024, se il rifiuto non è giustificato può configurare illecito disciplinare. Tuttavia, anche in questa fattispecie, rimane essenziale la correttezza del datore nel motivare adeguatamente la richiesta e fornire un preavviso in linea con le regole di buona fede.
Il diritto di rifiuto trova dei limiti nelle pattuizioni contrattuali: molte volte nei contratti collettivi possono essere inserite clausole che prevedono l’obbligo di acconsentire a una quota prestabilita di lavoro supplementare o straordinario, a fronte di esigenze ben individuate. Il CCNL deve garantire comunque il rispetto dei principi di equità e di bilanciamento tra le esigenze aziendali e la tutela della persona.
La normativa e la recente giurisprudenza chiariscono che il rifiuto di prestare lavoro supplementare, se non diversamente stabilito nel contratto o nel CCNL, non costituisce motivo per il licenziamento. L’ordinanza n. 9901/2025 della Cassazione ribadisce che il lavoratore non può essere spinto a modificare l’orario di lavoro come unica soluzione organizzativa aziendale. Fa eccezione l’ipotesi in cui l’azienda dimostri oggettivamente che non vi siano alternative praticabili e che il rifiuto comporti la paralisi organizzativa, previa impossibilità di ricollocazione (cosiddetto repêchage). Soltanto laddove la riorganizzazione non possa essere gestita diversamente, e siano esaurite tutte le possibilità di riposizionamento del lavoratore, il licenziamento può essere considerato legittimo.
L’obbligo di repêchage, cioè la ricerca di eventuali altri posti di lavoro disponibili all’interno della struttura retribuente, rappresenta dunque un presidio fondamentale per la tutela dei lavoratori, rafforzato da una pluralità di pronunce giurisprudenziali (Cass. civ. n. 18904/2024). Il licenziamento, in assenza di puntuale dimostrazione della reale impossibilità di riorganizzazione, risulta in ogni caso illegittimo. Un’ulteriore tutela risiede nella valutazione della buona fede e correttezza del comportamento datoriale, principi sanciti dagli artt. 1175 e 1375 c.c.
La tutela giurisdizionale può essere attivata dal lavoratore tramite impugnazione del licenziamento, con eventuali conseguenze di reintegra o risarcimento danni qualora sia accertata la violazione delle regole. Analogamente, una gestione impropria delle richieste di ore aggiuntive può portare a sanzioni nei confronti del datore di lavoro.
Il riconoscimento di una retribuzione maggiorata per le ore aggiuntive rappresenta uno degli aspetti centrali nella disciplina di supplementari e straordinari. Per il personale part-time, la normativa dispone una maggiorazione minima del 15% sulla retribuzione oraria globale di fatto, come previsto dall’art. 6, comma 6, D.Lgs. 81/2015. Diversi CCNL stabiliscono tuttavia condizioni migliorative, con maggiorazioni che possono arrivare anche al 35%.
Per le ore di straordinario nei rapporti a tempo pieno, le maggiorazioni variano generalmente tra il 10% e il 30%, fino al 60% per specifiche condizioni (notturno, festivo). Tali corrispettivi sono soggetti sia a tassazione IRPEF sia ai contributi previdenziali INPS. In alternativa, alcuni CCNL prevedono la possibilità di compensare le ore straordinarie attraverso riposi compensativi (banca ore) o la forfettizzazione degli straordinari tramite accordi scritti.
Tipo di lavoro aggiuntivo | Maggiorazione minima | Maggiorazione massima CCNL |
Supplementare (part-time) | 15% | 35% |
Straordinario (full-time) | 10% | 60% |
L’entità della maggiorazione e la modalità di corresponsione devono essere indicate nel contratto, individuale o collettivo, con la specifica possibilità di accordare riposi compensativi in luogo del pagamento. È opportuno consultare il CCNL applicato nella propria realtà lavorativa per individuare le esatte condizioni economiche associate alle prestazioni aggiuntive.
Il superamento dei limiti di orario, la richiesta non giustificata di lavoro aggiuntivo o la mancata corresponsione delle maggiorazioni previste sono soggetti a sanzioni amministrative e, nei casi più gravi, a contenzioso giudiziale. Le sanzioni, differenziate in funzione del numero di lavoratori e della gravità, sono così strutturate:
Altre conseguenze possono derivare dalla mancata separazione delle ore straordinarie nel Libro Unico del Lavoro, dalla mancata retribuzione delle maggiorazioni o dalla violazione dell’obbligo di riposo settimanale. Lavoratori che si trovino in tali condizioni possono rivolgersi alle autorità competenti (ispettorato del lavoro, sindacati) per segnalare la violazione.