Nel sistema condominiale italiano, la figura dell’amministratore ha acquisito crescente centralità e professionalità. Nonostante ciò, può capitare che i condomini sentano l’esigenza di un cambio nella gestione.
Spesso ci si interroga su quali siano i passaggi necessari per rimuovere l’amministratore in carica e, nello specifico, se sia obbligatorio concedere un preavviso e con quale anticipo. La questione interessa non solo per i risvolti pratici sulla vita condominiale, ma anche per le implicazioni di ordine legale e gestionale.
L'assemblea di condominio ha la facoltà di revocare la nomina dell’amministratore in qualsiasi momento, senza dover necessariamente aspettare la scadenza naturale del mandato annuale. Tale prerogativa risponde a una logica di tutela degli interessi collettivi: l’assemblea può decidere il cambio di amministratore anche in assenza di inadempienze specifiche.
Non è richiesto, secondo la legge, un preavviso obbligatorio prima di interrompere il mandato. Pertanto, la comunicazione formale della decisione di revoca può essere effettuata con effetto immediato, in seguito alla relativa deliberazione assembleare.
Per procedere correttamente alla revoca dell'amministratore di condominio, l’assemblea condominiale deve essere convocata appositamente e la questione della destituzione deve essere inserita nell’ordine del giorno.
I condomini possono essere convocati dall’amministratore stesso o, in caso di inerzia di quest’ultimo, da qualsiasi condomino che rappresenti almeno un sesto del valore dell’edificio. La legge impone un preavviso di almeno cinque giorni tra l’invio dell’avviso di convocazione e la data della riunione.
Nella seduta assembleare dedicata, per la revoca è richiesta la medesima maggioranza prevista per la nomina, ovvero:
La delibera di revoca deve essere riportata nel verbale, che costituisce l’atto formale e documentale della decisione. Una volta adottata la delibera, l’amministratore uscente riceve comunicazione ufficiale, anche con effetto immediato.
È buona norma che tale comunicazione sia inviata in forma scritta (ad esempio tramite raccomandata A/R o PEC) per garantire certezza della data di ricezione.
Può verificarsi, specialmente in caso di revoca contestuale alla nomina del successore, che la cessazione sia immediata; in mancanza di nomina di un sostituto, l’amministratore rimane in carica solo per l’ordinaria amministrazione, in regime di “prorogatio imperii”.
La normativa non impone un preavviso minimo né in caso di revoca per giusta causa né quando si decida di porre fine anticipatamente al rapporto senza motivazioni specifiche.
Tuttavia, all’amministratore spetta il compenso per la parte di mandato già svolto. Se la cessazione interviene senza che vi siano gravi inadempienze a carico dell’amministratore, quest’ultimo ha diritto alla remunerazione delle quote maturate, calcolate in base ai mesi effettivamente lavorati fino al momento della revoca.
Qualora invece la rimozione avvenga per giusta causa (ad esempio per gravi irregolarità nella gestione o reiterate violazioni degli obblighi previsti dalla legge), non spetterà alcun compenso per la quota residua del mandato.
L’assemblea ha comunque la possibilità, in sede di delibera, di stabilire modalità e tempistiche di pagamento in modo chiaro e documentato, evitando potenziali contenziosi.
Ogni corrispettivo dovrà essere dettagliato e trasparente, come imposto dalla normativa vigente che richiede l’indicazione del compenso nel verbale di nomina e in eventuali rinnovi.
L’ammontare del compenso residuo va proporzionato alla durata effettiva dell’incarico, e non alla scadenza naturale del contratto. Questo approccio garantisce il rispetto dell’equilibrio tra i diritti dell’amministratore uscente e la volontà dell’assemblea.