Quando un cliente affida un incarico legale, si instaura un rapporto contrattuale che implica obblighi di diligenza e competenza. Non ogni sconfitta in tribunale comporta automaticamente un diritto al risarcimento. Esistono specifiche condizioni che devono essere verificate per poter richiedere il risarcimento del danno.
La responsabilità professionale dell'avvocato si configura quando il legale non adempie agli obblighi che derivano dal rapporto contrattuale instaurato con il cliente. L'avvocato è tenuto a rispettare una diligenza professionale media, come definita dall'art. 1176, comma 2, del codice civile, che va oltre la diligenza del "buon padre di famiglia". Pertanto, l'inadempimento può riguardare errori procedurali, omissioni, o violazioni dei doveri informativi verso il cliente.
Essendo un professionista con un'"obbligazione di mezzi", l'avvocato non garantisce il successo dell'esito giudiziario, ma è obbligato a mettere in atto tutti i mezzi necessari e disponibili per tutelare al meglio gli interessi del cliente. Questo include la corretta gestione dei termini giudiziari, la conoscenza delle norme applicabili e l'adozione delle strategie legali più adeguate.
In caso di negligenza, imperizia o inosservanza delle regole deontologiche, il cliente ha facoltà di presentare una richiesta di risarcimento purché abbia subito un danno concreto. È inoltre necessario dimostrare il nesso causale tra l'errore del professionista e il danno subito. L'avvocato, per contro, può difendersi dimostrando di aver agito con la diligenza richiesta o che il pregiudizio non è riconducibile al suo comportamento.
Un avvocato può essere ritenuto responsabile per errori professionali in presenza di negligenza, imperizia o intenzionalità di un comportamento errato. Tra i casi più comuni vi sono:
Un’ulteriore ipotesi riguarda la responsabilità per mancata diligenza che può portare alla perdita di un’opportunità, nota come perdita di chance. In tal caso si analizza se il professionista, con maggiore attenzione, avrebbe potuto garantire un diverso esito favorevole. Secondo la Cassazione (es. sent. n. 7309/17), è necessario provare che senza l'errore, il risultato processuale sarebbe stato differente per avere diritto al risarcimento.
Non tutte le sconfitte legali configurano la responsabilità dell'avvocato. Per esempio, se l’esito negativo sarebbe stato lo stesso anche senza il presunto errore, il danno non è riconosciuto. Tuttavia, l’adozione di una strategia difensiva palesemente errata, anche concordata con il cliente, non esonera l’avvocato dal rispondere dei propri errori (Cassazione n. 10289/2023).
La responsabilità professionale dell'avvocato non è un concetto assoluto ma contestuale. Ogni caso va valutato con attenzione, considerando le specificità della vicenda legale e l'effettiva sussistenza di un danno risarcibile.
Per ottenere un risarcimento nei confronti di un avvocato, il cliente deve dimostrare tre elementi: errore, danno e nesso di causalità. Sono necessarie prove concrete che attestino la responsabilità del professionista.
In primo luogo, il cliente deve provare l’esistenza del mandato conferito, ossia dimostrare che l’avvocato ha accettato l’incarico e si è impegnato a svolgerlo secondo i principi di diligenza previsti dall’art. 1176 del codice civile. Questa relazione può essere documentata con un contratto scritto o con comunicazioni intercorrenti, come e-mail o PEC.
Per quanto riguarda il danno, il cliente ha l'obbligo di dimostrare di aver subito un pregiudizio tangibile, che può essere di natura patrimoniale o morale. Ad esempio, si può trattare di una sanzione economica subita a seguito di una negligenza legale o di un mancato guadagno derivante dall'errore professionale.
Il nesso di causalità è il collegamento tra l’errore commesso dall’avvocato e il danno subito. Per darne prova, è necessario dimostrare che, in assenza dell’errore, l’esito del giudizio sarebbe stato probabilmente più favorevole. La Cassazione, con varie sentenze, ha sottolineato che questo nesso non deve essere provato con certezza assoluta ma sulla base di una ragionevole probabilità.
È responsabilità del cliente raccogliere documenti, come atti giudiziari, prove di negligenza o testimonianze che rafforzino la causa, mentre l’avvocato dovrà dimostrare eventuali cause esimenti.
Per richiedere un risarcimento nei confronti di un avvocato, il cliente deve procedere con una contestazione formale. Il primo passo consiste nell’inviare una PEC o una raccomandata in cui si dettagliano gli errori commessi e si espongono i danni subiti. È importante documentare accuratamente le violazioni e allegare tutte le prove utili.
Successivamente, se non si raggiunge un accordo, il cliente può avviare una causa civile, assistito da un altro legale. In giudizio, dovrà dimostrare l’errore, il danno concreto e il nesso di causalità. Le richieste possono includere il risarcimento danni patrimoniali e non patrimoniali, purché debitamente giustificati.
Gli avvocati hanno l'obbligo di sottoscrivere un'assicurazione professionale. In caso di risarcimento, il legale deve comunicare l’apertura del sinistro alla propria compagnia assicurativa. Questa valuterà la richiesta e, in presenza dei presupposti, coprirà i danni nei limiti della polizza stipulata. È importante sottolineare che il cliente non può rivolgersi direttamente alla compagnia assicurativa. È il legale a dover avviare la procedura, ammettendo eventuali responsabilità e trasmettendo la richiesta. Il mancato pagamento da parte dell’assicurazione potrebbe derivare da un’insufficienza della copertura, motivo per cui è essenziale che gli avvocati dispongano di polizze adeguate.