Il fallimento di un'azienda rappresenta la fine di un percorso imprenditoriale, con conseguenze diverse a seconda della forma giuridica dell'impresa. Analizziamo cosa avviene quando un'azienda diventa insolvente, le procedure concorsuali applicabili e le conseguenze per proprietari, soci e dipendenti nelle diverse tipologie societarie.
Un'azienda si considera in stato di insolvenza quando non è più in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Questo si manifesta con:
Nel caso di un’impresa individuale, il fallimento coinvolge direttamente il titolare unico, poiché egli risponde illimitatamente con il proprio patrimonio personale per i debiti contratti nell’attività. Questa responsabilità totale distingue l’impresa individuale da altre forme giuridiche, garantendo ai creditori una maggiore possibilità di recupero dei crediti attraverso il pignoramento di beni personali del debitore.
Per avviare la procedura fallimentare, è necessario accertare lo stato di insolvenza, ossia l’incapacità dell’imprenditore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Una volta emessa la sentenza di fallimento, l’imprenditore viene privato della gestione e dell’amministrazione dei propri beni, che passano sotto il controllo del curatore fallimentare. Questo riguarda sia beni aziendali che personali, a eccezione delle proprietà strettamente necessarie al sostentamento personale o familiare.
I creditori dell’impresa individuale devono presentare istanza al tribunale competente, generalmente collegato alla sede principale dell’attività. Dopo la verifica dello stato passivo, saranno soddisfatti in ordine di priorità stabilito dalla legge.
La società in nome collettivo (S.n.c.) presenta caratteristiche uniche nel contesto di un fallimento, poiché tutti i soci rispondono in modo illimitato e solidale per le obbligazioni contratte dalla società. Questo significa che i creditori, in caso di fallimento, possono agire sia sul patrimonio della società, sia su quello personale dei soci per il recupero dei crediti.
Al momento della dichiarazione di fallimento, sia la società che i soci vengono considerati falliti. Una volta avviata la procedura, il patrimonio sociale e i beni personali dei soci diventano oggetto della liquidazione sotto la gestione del curatore fallimentare. La normativa prevede inoltre che i soci possano essere sottoposti, se necessario, a provvedimenti cautelativi per evitare che vengano trasferiti beni in danno ai creditori.
Il ruolo dei soci diventa particolarmente rilevante nella fase pre-fallimentare. Per esempio, rispondono non solo per eventuali atti di mala gestione, ma anche per decisioni che abbiano avuto un impatto negativo sui creditori. Gli atti intrapresi per sottrarre risorse finanziare, come transazioni simulate, possono essere oggetto di azione revocatoria. Infine, subordinatamente alla chiusura della procedura, i soci potrebbero richiedere l’esdebitazione personale al fine di liberarsi dai debiti residui.
La società in accomandita semplice (S.a.s.) si caratterizza per la presenza di due categorie di soci: gli accomandatari, che rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali, e gli accomandanti, che sono responsabili limitatamente alla quota conferita, purché non abbiano interferito nella gestione aziendale.
In caso di fallimento, gli accomandatari sono equiparati ai soci di una S.n.c.; il loro patrimonio personale può essere aggredito dai creditori della società per soddisfare i debiti insoluti. Per gli accomandanti, invece, la responsabilità è limitata ai conferimenti effettuati, salvo che abbiano assunto ruoli decisionali o gestionali, in cui caso rischiano di perdere la limitazione della responsabilità.
Durante la procedura fallimentare, il curatore fallimentare gestisce la liquidazione del patrimonio sociale cercando di soddisfare i creditori nell’ordine stabilito dalla legge. Eventuali atti illeciti compiuti dagli accomandatari, come distrazioni di beni o frodi, possono implicare responsabilità personali superiori e persino conseguenze penali. Inoltre, i creditori potrebbero ricorrere ad azioni revocatorie per invalidare atti di disposizione patrimoniale realizzati a svantaggio del patrimonio sociale.
I soci possono chiedere l’esdebitazione individuale una volta terminata la procedura, purché rispettino i requisiti legislativi previsti.
La Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.) offre una tutela particolare ai suoi soci, in quanto essi rispondono dei debiti societari nei limiti del capitale conferito. Il loro patrimonio personale, in condizioni ordinarie, non è aggredibile dai creditori della società. Tuttavia, ci sono eccezioni che possono alterare questa limitazione di responsabilità.
Se i soci, in veste di amministratori, hanno commesso irregolarità gravi come la mala gestione o violazioni contabili, possono essere chiamati a rispondere con il loro patrimonio personale. Inoltre, gli atti fraudolenti od operazioni che pregiudicano i creditori possono essere oggetto di azioni revocatorie fallimentari. Ai sensi degli articoli 2392 e seguenti del Codice Civile, gli amministratori rispondono per i danni arrecati alla società o ai creditori per omessa vigilanza o azioni negligenti.
La procedura fallimentare prevede la nomina di un curatore fallimentare che si occupa di liquidare i beni della S.r.l. e distribuire le somme recuperate ai creditori secondo l’ordine di priorità. Questo include eventuali beni patrimoniali appartenenti alla società stessa, ma non beni personali dei soci, salvo le eccezioni accennate sopra.
I creditori possono comunque rivalersi su eventuali fideiussioni personali prestate dai soci a favore della società nei confronti di specifici debiti.
Nella Società per Azioni (S.p.A.), i soci beneficiano della responsabilità limitata al capitale investito, il che significa che non rispondono personalmente dei debiti societari se non nei limiti delle azioni possedute. Tuttavia, questa protezione si applica esclusivamente in assenza di condotte irregolari da parte dei soci o degli amministratori.
In caso di fallimento, la gestione della liquidazione viene affidata a un curatore fallimentare, che si occupa di verificare il patrimonio della società, riscuotere i crediti e soddisfare i debiti verso i creditori secondo l'ordine stabilito dalla normativa. Il patrimonio dell'azienda è l'unica fonte per il soddisfacimento delle obbligazioni, a meno che non emergano responsabilità dirette o fideiussioni personali prestate dai soci o amministratori.
Gli amministratori di una S.p.A. possono essere chiamati a rispondere in caso di dolo, cattiva gestione o violazione di obblighi fiduciari. Gli articoli 2392 e seguenti del Codice Civile regolano tali responsabilità, prevedendo che gli amministratori rispondano direttamente verso i creditori e la società per eventuali danni causati dal loro operato scorretto. Inoltre, operazioni fraudolente o distrazioni di beni possono essere perseguite mediante azioni revocatorie o responsabilità penali per bancarotta fraudolenta.
Infine, gli azionisti con ruoli nelle decisioni societarie possono essere coinvolti qualora abbiano contribuito direttamente ad azioni pregiudizievoli per la società o i creditori.
Le società cooperative sono caratterizzate dall'obiettivo mutualistico, orientato a soddisfare i bisogni economici, sociali o culturali dei soci. La loro procedura fallimentare rispetta specifiche particolarità, soprattutto in relazione alla responsabilità dei soci e alle specifiche normative che disciplinano tali entità.
In caso di fallimento, la società può essere assoggettata a liquidazione coatta amministrativa, una procedura distinta rispetto al fallimento ordinario. Tuttavia, se la cooperativa svolge attività commerciale in modo prevalente e supera le soglie dimensionali prescritte, viene sottoposta alla disciplina fallimentare tradizionale. In questa fase, l'amministrazione del patrimonio viene affidata al curatore fallimentare, che agisce per soddisfare i creditori nel rispetto delle priorità stabilite per legge.
I soci possono avere responsabilità limitata o illimitata a seconda dello statuto della cooperativa. Se la responsabilità è limitata, i soci sono tenuti a rispondere solo nei limiti delle quote sottoscritte. Al contrario, i soci con responsabilità illimitata rispondono anche con il proprio patrimonio personale per le obbligazioni sociali non soddisfatte.
Le eventuali irregolarità gestionali, come appropriazioni indebite o distrazioni di fondi a scapito della cooperativa e dei creditori, possono comportare la responsabilità personale degli amministratori e la possibilità di azioni revocatorie e/o sanzioni penali a fronte di comportamenti fraudolenti.