La pensione di reversibilità è una forma di tutela economica garantita ai familiari in caso di decesso di un pensionato o di un lavoratore che abbia maturato i requisiti per la pensione. Il trattamento viene determinato secondo criteri normativi precisi, che tengono conto del grado di parentela tra il deceduto e il richiedente, nonché della situazione reddituale del beneficiario. Comprendere i meccanismi che regolano la riduzione della pensione di reversibilità è importante per valutare le condizioni di spettanza, le modalità di calcolo e le eventuali eccezioni previste dall’ordinamento previdenziale italiano.
La riduzione dell’importo della pensione di reversibilità si applica quando il titolare dispone di determinati redditi propri rientranti nei parametri stabiliti dalla normativa. La soglia oltre la quale si subiscono trattenute sul trattamento ai superstiti si basa su un calcolo legato a multipli del cosiddetto trattamento minimo INPS, rivalutato annualmente. In linea generale, al coniuge superstite spetta il 60% della pensione percepita dal defunto, ma tale importo può essere ridotto in misura crescente qualora i redditi personali superino specifiche soglie. Questo meccanismo nasce dalla Legge 8 agosto 1995, n. 335 (“Riforma Dini”) e viene dettagliato nell’articolo 1, comma 41 e nella relativa Tabella F.
Le condizioni che determinano la riduzione possono riassumersi come segue:
I limiti di cumulabilità vengono applicati nella situazione in cui il beneficio spetti unicamente al coniuge o, in assenza di quest’ultimo, ai genitori o ai fratelli e sorelle del defunto. Tuttavia, se fanno parte del nucleo familiare anche figli minori, studenti (fino a 21 anni o 26 anni se universitari), o persone inabili, non si applicano le riduzioni, a prescindere dai redditi posseduti dal beneficiario.
Le regole relative alla riduzione della pensione di reversibilità presentano importanti eccezioni volte a tutelare particolari condizioni familiari e sociali. Non viene applicata alcuna decurtazione nei seguenti casi:
Le riduzioni non si applicano inoltre alle pensioni ai superstiti con decorrenza precedente al 1° settembre 1995, che mantengono il trattamento più favorevole allora vigente fino al completo riassorbimento delle eventuali differenze a favore del beneficiario.
Ai fini del calcolo delle riduzioni, occorre valutare con attenzione quali redditi vengano effettivamente considerati. È essenziale sapere che non tutti i redditi contribuiscono a superare le soglie imposte dalla legge. In particolare, vanno inclusi nel computo:
Vengono invece esclusi dal conteggio:
Non si considerano inoltre pensioni assistenziali, indennità di accompagnamento, rendite INAIL, pensioni privilegiate e assegni sociali. L’INPS fornisce chiarimenti periodici su questi criteri attraverso apposite circolari consultabili online.
L’ammontare della pensione di reversibilità non è fisso, ma varia in funzione sia del numero che della tipologia di superstiti. Secondo la normativa attualmente in vigore, le aliquote di reversibilità sono le seguenti:
Queste percentuali rappresentano la quota della pensione originaria spettante al defunto, rapportata alla composizione del nucleo dei beneficiari. È importante ricordare che la presenza di soggetti con diritto (ad esempio figli minori, studenti o inabili) può influire sull’applicazione di eventuali riduzioni per reddito.
Per consentire un’accurata determinazione dell’importo della pensione di reversibilità, i beneficiari devono provvedere ogni anno alla dichiarazione reddituale all’INPS. Tale adempimento si effettua attraverso l’invio telematico dei dati, utilizzando il sistema messo a disposizione dall’Istituto. In caso di variazioni dei redditi percepiti o della composizione familiare (ad esempio perdita dello stato di studente di un figlio o nascita di un nuovo avente diritto), l’importo erogato potrà essere oggetto di ricalcolo.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 162/2025, ha inoltre rafforzato la tutela dei beneficiari introducendo il divieto, per l’INPS, di applicare decurtazioni che eccedano la reale entità dei redditi percepiti dal superstite rispetto ai limiti di legge. L’INPS ha successivamente previsto il ricalcolo d’ufficio delle pensioni ai superstiti coinvolte, riconoscendo eventuali arretrati nei limiti della prescrizione quinquennale.