Nel panorama lavorativo italiano, la retribuzione costituisce un parametro chiave per valutare le dinamiche sociali ed economiche del Paese. Gli stipendi in Italia sono influenzati da differenti variabili come qualifica professionale, settore di impiego, area geografica, dimensione aziendale, titolo di studio e anzianità lavorativa.
Nel 2025 la retribuzione annua lorda media (RAL) in Italia si attesta a 31.856 euro, secondo il più recente report ISTAT. Lo stipendio netto mensile medio si colloca invece tra 1.700 e 1.850 euro. Tuttavia, queste cifre variano in funzione dell’inquadramento professionale e dell’area geografica di residenza. La Lombardia si conferma la regione con la retribuzione media più elevata (33.635 euro lordi l’anno), seguita da Trentino-Alto Adige e Lazio, mentre realtà come Sicilia, Calabria e Basilicata registrano valori sensibilmente inferiori, anche sotto i 27.000 euro annui.
Negli ultimi anni, la crescita degli stipendi in Italia è stata condizionata dagli effetti dell’inflazione, dalla contrazione dei margini aziendali e dalla pressione fiscale. Nel 2024-2025 si segnala però una ripresa della dinamica retributiva, favorita dal rinnovo dei CCNL e dalla crescente difficoltà delle imprese nell’attrarre nuove competenze. Proprio per rispondere all’erosione del potere d’acquisto, sono stati confermati anche per il 2025 il taglio del cuneo fiscale (6–7 punti percentuali in base al reddito) e un rafforzamento delle misure di welfare aziendale e benefit (fonte: Osservatorio JobPricing 2024, legge di bilancio 2025).
Da evidenziare inoltre la prossima entrata in vigore della Direttiva UE 970/2023 sulla trasparenza retributiva, che dal giugno 2026 renderà più trasparenti le politiche salariali private, incidendo potenzialmente su equità e dialogo tra imprese e lavoratori.
Il livello di stipendio varia in modo consistente in base al ruolo ricoperto:
Oltre al settore, anche la dimensione aziendale influisce significativamente. In media, i lavoratori delle grandi aziende ottengono fino all’8–10% in più rispetto a quelli impiegati nelle realtà sotto i 10 dipendenti. Ciò è dovuto, oltre che a una maggiore produttività, alla possibilità di ricevere benefit aggiuntivi e politiche di welfare più avanzate.
Ruolo | RAL media annua | Stipendio netto mensile |
Dirigente | 106.606 € | ~4.524 € |
Quadro | 56.746 € | ~2.698 € |
Impiegato | 33.358 € | ~1.837 € |
Operaio | 27.266 € | ~1.549 € |
Fonte: Osservatorio JobPricing, ISTAT, Eurostat 2025
Il divario retributivo Nord-Sud rimane una delle peculiarità del sistema salariale italiano. Al Nord, la RAL media supera i 32.900 euro, mentre nel Sud scende a 29.375 euro. Nel dettaglio, Milano si conferma la provincia dove si guadagna di più, seguita da Trieste e Bolzano. Tra le province a più basso reddito, compaiono Ragusa, Cosenza e Vibo Valentia.
Le differenze geografiche sono amplificate anche dal costo della vita locale e dalla distribuzione delle sedi delle grandi aziende. A livello settoriale, i comparti con le retribuzioni più alte restano banche/finanza, ingegneria, farmaceutica, biotecnologie e telecomunicazioni. All’opposto si collocano i servizi alla persona, l’agricoltura e l’ospitalità.
Regione | RAL media |
Lombardia | 33.055 € |
Trentino-Alto Adige | 32.178 € |
Lazio | 31.945 € |
Basilicata | 26.239 € |
Calabria | 27.074 € |
Differenze nei settori: nel settore bancario e finanziario uno stipendio annuale può superare i 45.900 euro, mentre nei settori come agricoltura, servizi alla persona o ristorazione si resta tra i 25.000 e i 28.000 euro annui.
La formazione rappresenta una delle discriminanti principali nella determinazione della retribuzione. Secondo i più recenti studi, un laureato guadagna in media il 38,8% in più di chi non ha conseguito titoli universitari, e il 58% in più se ha proseguito con master e specializzazioni. Anche l’età e l’esperienza incidono significativamente: la RAL per gli over 50 è superiore del 65% rispetto a quella degli under 30, dinamica che si riflette tanto negli aumenti di carriera quanto nella stabilità contrattuale.
Un aspetto centrale nel 2025 rimane il gender pay gap, ossia il divario tra le retribuzioni di uomini e donne. Nel settore privato la differenza salariale media si attesta al 10,4%, ma può salire fino al 30% nelle posizioni apicali (fonte: INPS, Eurostat). Solo l’1% circa degli impiegati italiani raggiunge le fasce retributive più alte. Il gap è parzialmente attenuato tra chi lavora part-time, ma permane soprattutto nelle funzioni manageriali e tecniche a tempo pieno.
Fascia d’età | Lordo annuo | Netto mensile |
15–24 anni | 24.588 € | ~1.590 € |
25–34 anni | 27.028 € | ~1.693 € |
35–44 anni | 29.831 € | ~1.813 € |
45–54 anni | 31.926 € | ~1.897 € |
55–64 anni | 34.057 € | ~1.982 € |
Nel confronto europeo, l’Italia occupa l’undicesimo posto tra i 27 Stati membri per livello salariale, con una RAL media di 32.749 euro – inferiore rispetto a Germania, Francia e Lussemburgo, ma superiore a Spagna e Polonia. Tuttavia, il profilo fiscale resta tra i più penalizzanti: circa il 22,1% delle retribuzioni lorde va in imposte e contribuzioni previdenziali, riducendo di fatto il netto a parità di lordo rispetto ad altri paesi UE.
Questa elevata pressione fiscale contribuisce a spiegare la stagnazione salariale che l’Italia ha vissuto nell’ultimo decennio e la sensibile polarizzazione tra i lavoratori degli estremi della scala retributiva. Il potere d’acquisto effettivo risulta quindi inferiore non soltanto alla media OCSE, ma anche a quella UE (fonte: OCSE 2025).
Negli ultimi anni c'è la conferma di un trend di miglioramento per la contrattazione collettiva soprattutto per operai e impiegati, in virtù dei rinnovi CCNL e delle misure fiscali che aumentano il netto in busta paga. Cresce nei benefit il peso della componente sanitaria e del welfare familiare, con i dirigenti e i quadri che possono arrivare a ricevere benefit anche sopra i 5.000 euro annui. La quota di lavoratori che riceve una componente variabile sul salario è in decisa espansione (circa il 37% tra impiegati e quadri).
Rimangono, però, criticità come la stagnazione delle retribuzioni reali, il difficile recupero del gap con le principali economie europee e la persistenza di povertà lavorativa soprattutto tra le fasce giovani, precarie o a basso profilo contrattuale. Tuttavia, segnali positivi in arrivo dalla nuova direttiva UE sulla trasparenza e dalla maggiore sensibilità verso la parità di genere potrebbero contribuire a un futuro più equo e trasparente.