Se un condomino perseguita, minaccia, segue o compie atti come lasciare spazzatura nella cassetta delle lettere, suonare il citofono notturno, o spostare lo zerbino dalla porta di casa, queste azioni possono generare un forte stato di stress, ansia e paura. O anche si si vive in una villetta e si ha a che fare con un vicino molesto.
Se ci si trova costretti a installare telecamere di sicurezza per raccogliere prove di tali molestie, è bene sapere che la legge offre strumenti per la protezione.
La sentenza della Cassazione 21006 del 2024 chiarisce le modalità di tutela legale contro i comportamenti persecutori da parte di altri condomini. Secondo la Corte, chi persiste in azioni minacciose e moleste al punto da instillare negli altri una paura tale da causare un continuo stato di ansia può essere accusato di atti persecutori, comunemente definiti stalking, o stalking condominiale.
La legge prevede quindi misure per contrastare queste gravi forme di violazione della tranquillità personale e familiare. Coloro che subiscono simili vessazioni possono dunque avvalersi di questa pronuncia per richiedere un intervento legale decisivo contro gli autori di tali atti. Vediamo i dettagli:
Cosa fare se un condomino mi perseguita
Le prove che servono per difendersi concretamente
Lo stalking condominiale è una applicazione del reato di atti persecutori, descritto dall'articolo 612-bis del Codice penale, focalizzata sul contesto condominiale. Per configurare questo reato, è essenziale la presenza di una condotta oggettiva, che si manifesta attraverso minacce o molestie reiterate. La Cassazione ha stabilito che possono bastare anche solo due o tre episodi ravvicinati, ad esempio nell'arco di una singola notte, per costituire tale reato.
Le ripercussioni di questa condotta sulla vittima si esplicano in possibili effetti psicologici: uno stato continuativo e severo di ansia o paura, un timore giustificato per la sicurezza personale o quella di un familiare o convivente, e una modifica delle abitudini di vita quotidiane, spesso causata dalla paura di incontrare l'aggressore o dalle sue azioni intrusive.
Per procedere legalmente contro l'autore di questu atti, le vittime devono presentare una querela entro tre mesi dall'ultimo incidente. La denuncia può essere depositata direttamente alla Procura della Repubblica, tramite un difensore, oppure presso stazioni di polizia o caserme dei carabinieri. Anche se non è obbligatorio, si raccomanda l'assistenza legale a causa della complessità tecnica nella formulazione della querela. Sebbene gli ufficiali di polizia possano aiutare nella redazione, è essenziale richiedere di essere informati su eventuali decisioni di archiviazione per rimanere aggiornati sull'avanzamento delle indagini.
La decisione della Cassazione stabilisce che il reato di stalking non può essere ridotto a una semplice contravvenzione di molestie se la vittima subisce un continuo stato di ansia e cambia le proprie abitudini di vita a causa di comportamenti ripetuti da parte dell'imputato. Le molestie si configurano solamente quando l'effetto psicologico sulla vittima è quello di un semplice fastidio.
La distinzione tra questi due reati risiede nelle ripercussioni psicologiche subite dalla vittima, che possono variare da insulti a danneggiamenti o ostacoli nell'uso di beni di sua proprietà. In pratica, se le minacce o le molestie ripetute inducono un perdurante stato di ansia e portano la vittima a modificare le sue abitudini quotidiane, tali azioni vengono classificate come atti persecutori, in conformità all'articolo 612 bis del Codice penale.
Questo porta a chiedersi: quali prove sono necessarie per denunciare un caso di stalking condominiale? Per quanto riguarda la condotta oggettiva, ossia le azioni ripetute e le minacce, è possibile affidarsi ai filmati di videosorveglianza comune, alle registrazioni effettuate con smartphone, o alle testimonianze dei vicini.
Per l'aspetto soggettivo, le dichiarazioni della vittima sono cruciali per attestare lo stato di ansia, stress e paura vissuti. In ambito penale, a differenza del processo civile, le dichiarazioni della vittima sono considerate prova valida.