I tatuaggi, espressione sempre più diffusa di identità personale, hanno suscitato negli anni un dibattito acceso nel contesto lavorativo. Oltre a essere elementi decorativi, possono infatti influenzare l'immagine professionale di un dipendente, specialmente nei ruoli a contatto con il pubblico o in professioni che richiedono alti standard di decoro e rappresentanza. In Italia, il rapporto tra tatuaggi e ambito lavorativo varia a seconda del settore, spaziando da disposizioni più rigide, come nel caso delle forze armate e dell’ordine, a maggiore flessibilità nel settore privato.
In Italia, non esiste una legge specifica che vieti i tatuaggi nei luoghi di lavoro, ma alcune normative possono influenzarne la regolamentazione a seconda del settore. Per il pubblico impiego, il D.P.R. n. 62/2013, che disciplina il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, sottolinea l'importanza di mantenere un aspetto decoroso, pur senza fare riferimento esplicito ai tatuaggi. Al contrario, nelle forze armate e di polizia, vigono normative più restrittive. Nel settore privato, le politiche aziendali prevalgono: i datori di lavoro hanno il diritto di regolamentare l'aspetto del personale, purché non violino normative antidiscriminatorie. Tuttavia, la discrezionalità dei regolamenti interni lascia margini di ambiguità nella loro applicazione.
Nel pubblico impiego italiano, i tatuaggi non sono oggetto di specifici divieti legali. Tuttavia, i dipendenti pubblici devono rispettare il D.P.R. n. 62/2013, che impone di mantenere un comportamento decoroso, adeguato alla funzione svolta e conforme alla dignità dell’ufficio. Sebbene questa norma non faccia esplicitamente menzione dei tatuaggi, può essere interpretata in modo da richiedere ai lavoratori pubblici un aspetto idoneo al contesto professionale, soprattutto nei ruoli più esposti al contatto con il pubblico.
Va inoltre considerata la discrezionalità delle singole amministrazioni, che possono stabilire ulteriori regole interne. Ad esempio, alcune istituzioni scolastiche, uffici comunali o enti pubblici potrebbero adottare codici di condotta che regolano l’aspetto del personale senza tuttavia poter imporre divieti discriminatori.
Nel contesto giudiziario, non risultano a oggi sentenze di particolare rilievo che abbiano affrontato casi di licenziamento o controversie lavorative legate alla presenza di tatuaggi nei dipendenti pubblici. Tuttavia, situazioni particolari come tatuaggi visibili o considerati offensivi potrebbero generare contenziosi legali. È importante notare come in alcuni casi i tatuaggi con significati religiosi o culturali potrebbero essere protetti dalla normativa antidiscriminatoria, purché rientrino nelle libertà di espressione rispettate dalla legge.
Nel settore privato, la regolamentazione sui tatuaggi dipende principalmente dalle politiche interne delle aziende. I datori di lavoro possono stabilire codici di abbigliamento o regole sull’aspetto personale, purché conformi alla normativa vigente. Queste regole, spesso previste nei regolamenti aziendali, mirano a garantire l’immagine professionale dell’impresa, particolarmente in ruoli a stretto contatto con il pubblico o in settori con standard di rappresentanza elevati.
Sebbene non esistano divieti legislativi espliciti, i tatuaggi visibili possono rappresentare un fattore critico nei processi di selezione. Ad esempio, in industrie come la ristorazione, l'ospitalità o il retail, il decoro richiesto potrebbe portare al requisito di coprire i tatuaggi durante l'orario di lavoro. Diversamente, in contesti più informali come le startup tecnologiche o il settore creativo, i tatuaggi sono generalmente accettati o persino valorizzati come espressione di individualità.
La regolamentazione dei tatuaggi nelle forze armate italiane è particolarmente rigida e dettagliata, riflettendo l'importanza del mantenimento di un'immagine decorosa e rispettabile per il personale militare. In base alle normative vigenti, come indicato nella circolare n. 1043, sono assolutamente vietati i tatuaggi che risultino offensivi, osceni, razzisti, discriminatori o contrari ai principi costituzionali. Questo si applica indipendentemente dalla loro localizzazione sul corpo.
Per quanto riguarda la visibilità, i tatuaggi non devono risultare visibili quando l'uniforme invernale standard viene indossata. Pertanto, le braccia, le gambe e altre parti del corpo non coperte dall'abbigliamento d'ordinanza devono essere prive di tatuaggi. I disegni presenti in zone coperte sono accettati solo se rientrano nei limiti del decoro e non compromettono l'immagine della Forza Armata. Un'ulteriore attenzione è posta su simboli o immagini che possano rendere facilmente identificabile un soldato, il che è considerato un rischio durante missioni operative.
In sede di concorso o durante le visite mediche per l’incorporamento, i tatuaggi vengono attentamente valutati. La presenza di tatuaggi non conformi comporta l'esclusione immediata del candidato. Per il personale già in servizio, le violazioni delle norme relative ai tatuaggi possono condurre a sanzioni disciplinari. Questo include anche interventi di modificazione corporea come piercing permanenti o altre alterazioni estetiche vietate dal regolamento.