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La verità sulla società dei Caf della Cgil di Landini fallita con gravi conseguenze per pensionati e cittadini

di Marianna Quatraro pubblicato il
La verità sulla società dei Caf della Cg

Il fallimento della società dei Caf della Cgil Sicilia Srl ha generato un buco milionario e conseguenze gravi per pensionati e cittadini. Cause, responsabilità e implicazioni per il sindacato e la tutela sociale dopo che la storia e la vicenda sono stati riportati in auge ieri dalla trasmissione televisiva su Rai Tre, lo Stato delle Cosse

Negli ultimi mesi il sistema dei Centri di Assistenza Fiscale legati al circuito sindacale siciliano è stato scosso da un evento che ha suscitato grande clamore: l’inaspettato tracollo della società di servizi collegata alla Cgil Sicilia. L’emergere di un passivo pari a circa 6 milioni di euro ha posto sotto i riflettori le modalità di gestione, la trasparenza amministrativa e le responsabilità ai vertici, coinvolgendo anche importanti figure rappresentative. Le ripercussioni hanno toccato livelli ampiamente superiori all’ambito strettamente finanziario, impattando i diritti degli utenti, la fiducia nei confronti dei sindacati e la tutela delle categorie più fragili, come pensionati e cittadini a reddito limitato. Questo avvenimento chiama in causa il rapporto fiduciario tra la cittadinanza e gli enti che dovrebbero garantirne il supporto in materia fiscale, sottolineando la necessità di chiarezza e autoregolamentazione all’interno del mondo sindacale.

La nascita e il ruolo della società di servizi Cgil Sicilia Srl

Istituita negli anni ’90, la “Società di servizi Cgil Sicilia Srl” aveva come obiettivo la gestione organizzativa e amministrativa dei numerosi Caf che operano a supporto del tessuto sociale regionale. In particolare, la società rappresentava una realtà co-partecipata direttamente dalla Cgil e dalle diverse Camere del Lavoro isolane. Il suo compito principale consisteva nel fornire assistenza fiscale, previdenziale e amministrativa a centinaia di migliaia di cittadini siciliani, in particolare pensionati, lavoratori e famiglie che necessitano di supporto per accedere ai diversi istituti di welfare e alle dichiarazioni dei redditi o per ottenere servizi come l’ISEE o pratiche relative alla previdenza sociale.

Tale struttura fungeva da snodo centrale nel coordinamento capillare dei Caf a livello territoriale, assicurando il rispetto delle normative vigenti e la vigilanza sui flussi di denaro pubblico e privato che transitavano attraverso questi canali. Nel corso degli anni, la Società di servizi è diventata una componente essenziale per il funzionamento efficiente del circuito associativo, permettendo la standardizzazione delle procedure, la formazione degli operatori e la gestione dei finanziamenti provenienti da enti pubblici e privati.

Attraverso il rafforzamento del servizio offerto alla cittadinanza, questa realtà ha rappresentato un punto di riferimento imprescindibile nell’ambito del supporto ai diritti dei lavoratori e dei pensionati siciliani, distinguendosi inizialmente per efficienza e affidabilità operativa.

Il fallimento: le cause economiche e gestionali del buco da 6 milioni

Il precipitare della situazione economica della “Società di servizi Cgil Sicilia Srl” non è stato un processo improvviso, ma il risultato di una crescente fragilità gestionale e decisionali opache negli ultimi anni. Analizzando il bilancio 2022, si evidenzia come un debito di oltre 6 milioni di euro si sia accumulato, una voragine che ha origine da anni di difficoltà finanziarie e irregolarità nei versamenti contributivi. Nel dettaglio, il mancato pagamento di contributi e debiti nei confronti di Agenzia delle Entrate, Inps e creditori privati ha contribuito ad aggravare lo stato di insolvenza. Una situazione verificatasi nel pieno della direzione di Giuseppe La Loggia, presidente della società, la cui gestione è stata oggetto di approfondite analisi e forti critiche pubbliche.

Tra le cause individuate emergono:

  • Gestione finanziaria inefficiente e mancanza di piani correttivi tempestivi;
  • Irregolarità contrattuali e il ricorso diffuso a rapporti di lavoro non dichiarato, come dimostrato dal caso di un dipendente che ha vantato crediti derivanti da stipendi “in nero” e da ore di straordinario non retribuite;
  • Difficoltà nel controllo delle entrate e delle uscite, con pesanti ritardi nei pagamenti dovuti ai fornitori e agli enti previdenziali;
  • Progressiva perdita di quote di mercato a causa della diminuzione di utenti che si affidano ai servizi Caf tradizionali, spesso attratti da piattaforme digitali o alternative meno costose;
  • Assenza di controlli e di trasparenza amministrativa nel flusso di finanziamenti pubblici e privati.
L’insieme di questi fattori, aggravati da una crescente sfiducia nella governance interna, ha condotto al progressivo deteriorarsi della credibilità della struttura, culminando con la richiesta di fallimento presso il Tribunale di Catania e apprensione tra le migliaia di fruitori dei servizi.

La gestione dei finanziamenti e i dubbi sulla trasparenza

I riflettori sono puntati anche sulla modalità di utilizzo dei finanziamenti ottenuti, sia da fondi pubblici che dalle attività privatistiche. Le denunce emerse evidenziano una gestione poco chiara di oltre 3 milioni di euro in contributi, mai effettivamente versati agli enti di riferimento. Questo deficit ha sollevato perplessità sulla destinazione delle risorse e sull’effettivo controllo interno esercitato dagli organismi di vigilanza, interni ed esterni.

  • Un aspetto delicato riguarda i rapporti lavorativi irregolari, con casi segnalati di pagamenti “in nero” e irregolarità contrattuali che hanno inciso non solo sul trattamento dei lavoratori, ma anche sulla possibilità di un equilibrato utilizzo delle risorse economiche.
  • L’inadeguatezza degli strumenti di rendicontazione e l’assenza di audit indipendenti periodici hanno contribuito a creare una situazione di opacità che si è protratta per anni, impedendo la tempestiva individuazione delle criticità.
  • Dubbi ricorrenti sui rapporti tra la società e i vertici sindacali, nonché sul controllo esercitato dalle Camere del Lavoro partecipate, hanno infine compromesso ogni percezione di affidabilità e trasparenza.
Il caso ha così acceso la discussione pubblica sulla necessità, già prevista da regolamenti europei e nazionali, di rafforzare i sistemi di governance all’interno delle realtà che amministrano risorse pubbliche destinate all’assistenza sociale e fiscale.
Criticità riscontrate Effetti
Mancanza di trasparenza nei finanziamenti Sospetti di mala gestio, perdita di fiducia degli utenti
Irregolarità contributive Pesi debitori verso lo Stato e altri enti
Contratti non regolari Contenziosi legali, danni reputazionali

Le conseguenze del fallimento per pensionati e cittadini

Lo scioglimento della società ha prodotto effetti a catena sull’intera popolazione assistita dai Caf, specialmente tra pensionati e cittadini economicamente vulnerabili. Senza una struttura efficiente per ricevere servizi fiscali e previdenziali, molte persone hanno dovuto fronteggiare ritardi nell’assistenza, difficoltà burocratiche e perdita di punti di riferimento fondamentali. L’assenza di continuità nei servizi ha generato, tra l’altro:

  • Difficoltà a ottenere consulenza per l’elaborazione delle dichiarazioni dei redditi;
  • Complicazioni nell’accesso a pratiche per detrazioni fiscali, bonus sociali e prestazioni assistenziali;
  • Tempi di attesa notevolmente aumentati, con ripercussioni soprattutto sulla fascia anziana della popolazione;
  • Perdita di fiducia in un sistema che per decenni si era posto come garante della legalità e dei diritti sociali;
  • Aumento della vulnerabilità sociale di persone già fragili, che spesso non dispongono di strumenti digitali alternativi o di competenze per orientarsi fra le complesse procedure amministrative.
Va sottolineato che le ricadute non sono esclusivamente di natura economica o burocratica, ma si estendono alla sfera sociale e psicologica degli individui coinvolti. Il venir meno del sostegno previdenziale ha aperto il dibattito pubblico sulla necessità di una riforma strutturale della governance e del controllo nei servizi di assistenza fiscale.

Il ruolo del sindacato e la responsabilità della Cgil nella crisi

Alla luce degli eventi, la posizione del sindacato e delle relative dirigenze è stata oggetto di ampio dibattito. Sebbene la Cgil abbia tentato di prendere le distanze dalle decisioni gestionali contestate, il coinvolgimento diretto nella fondazione e nella conduzione della società rende difficile separare in modo netto la responsabilità morale e amministrativa.

Le critiche mosse da analisti e figure interne al mondo sindacale riguardano l’incapacità di monitorare adeguatamente la gestione delle risorse e di prevedere tempestivamente, con strumenti previsti anche dalla normativa vigente (ad esempio l’articolo 2409 del Codice Civile riguardante la denuncia di gravi irregolarità), situazioni di dissesto. Inoltre, si segnala come la perdita di credibilità potrà avere ripercussioni a lungo termine sulla capacità aggregativa e di tutela dei diritti da parte della sigla sindacale.