Comprendere se e quando possa esservi un aumento del canone in seguito a lavori di ristrutturazione rappresenta un argomento di grande interesse per inquilini e proprietari. In particolare, la questione si focalizza sull’idoneità dei lavori realizzati, cucina, bagno, impianti, riqualificazioni, a giustificare modifiche al prezzo del canone.
La legge italiana regola con precisione la possibilità di variazioni e, per le locazioni abitative, introduce un principio rigido: il canone pattuito resta invariabile per tutta la durata contrattuale. Questo principio tutela l’inquilino da richieste arbitrarie, garantendo stabilità e certezze economiche.
Nel panorama delle locazioni ad uso abitativo, la chiarezza normativa risulta essenziale per garantire equità e trasparenza nei rapporti tra proprietario e inquilino. La legge stabilisce, infatti, il cosiddetto principio della invariabilità del canone.
Ciò significa che l’importo del canone fissato nel momento della firma e registrato rimane costante, senza possibilità di modifiche unilaterali da parte del locatore.
Come specificato anche dalla Corte d’Appello di Roma, sentenza n. 6252/2019, qualsiasi pattuizione che conduca ad un aumento rispetto al canone originario è da ritenersi nulla e inefficace Non sono, quindi, ammesse formule che includano aumenti automatici per effetto di miglioramenti, manutenzioni o ristrutturazioni effettuate sull’immobile.
L’obiettivo della normativa è tutelare il conduttore, preservando la prevedibilità dei costi dell’abitazione e limitando il potere del proprietario. L’invarianza del canone per una casa in affitto riveste pertanto una funzione centrale nella protezione dei diritti dell’inquilino, assicurando che, per tutta la durata del contratto, le modifiche delle condizioni economiche siano ammesse esclusivamente in presenza di espresse previsioni di legge. Il principio si applica ai contratti di affitto, sia a canone libero che concordato.
Effettuare lavori di rinnovamento all’interno di un appartamento locato non autorizza il proprietario a richiedere un aumento del canone. Questo principio si applica anche qualora gli interventi apportino un significativo valore aggiunto all’immobile, come nel caso di installazione di nuovi infissi, riqualificazione energetica, rifacimento di cucine o bagni.
La legge prevede che il contratto d’affitto rimanga invariato, a prescindere dalla tipologia e dall’entità dei lavori eseguiti dal locatore.
Molti proprietari potrebbero ritenere che la riqualificazione di una casa consenta di rivedere i termini economici della locazione; tuttavia, la normativa vigente, confortata dalla giurisprudenza consolidata, non ammette questa possibilità. La ratio è evitare che un inquilino si trovi a sostenere costi imprevedibili in corso di contratto, anche quando l’immobile si presenta notevolmente migliore dopo gli interventi.
La disciplina distingue tra manutenzione ordinaria, straordinaria e miglioramenti, ma nessuna di queste categorie consente una variazione automatica o discrezionale del canone durante la vigenza contrattuale. Se l’immobile viene certamente valorizzato, questa rivalutazione potrà essere considerata solo in fase di rinnovo o stipula di un nuovo rapporto di locazione, non prima.
Gli interventi concordati tra le parti devono essere sempre specificati nel contratto iniziale, ma nessuna clausola può prevedere aumenti futuri in assenza di una modifica formale e di un nuovo accordo registrato.
Ciò significa che qualsiasi disposizione che consenta al proprietario di aumentare il canone per effetto di lavori eseguiti durante il rapporto locativo è da considerarsi nulla. Tale nullità comporta l’inefficacia della clausola e il mantenimento del canone originario.
Le uniche variazioni contrattuali lecite sono quelle relative all’aggiornamento ISTAT, esplicitamente accettate da entrambe le parti e solo nella misura stabilita dalla legge. È esclusa ogni altra formula di canone scalare o incrementabile in corso d’opera.
L’esistenza di accordi verbali o scritti non registrati che prevedano maggiorazioni successive è altresì priva di forza, non potendo incidere sul rapporto giuridico tra locatore e inquilino. La stabilità e la trasparenza degli accordi locativi sono garantite proprio dal principio di predeterminazione e registrazione del canone.
Un’eccezione espressamente ammessa nella regolazione degli affitti abitativi riguarda l’aggiornamento ISTAT, ovvero la rivalutazione del canone in funzione della variazione annuale degli indici dei prezzi al consumo.
Tale aggiornamento è consentito solamente se previsto esplicitamente dal contratto e, in ogni caso, la richiesta deve rispettare le modalità e i tempi stabiliti dalla normativa. Non sono consentiti aumenti diversi, né altri adattamenti al canone durante il periodo di validità del contratto.
Situazione diversa si verifica con le locazioni a uso commerciale: in questo caso, se si effettuano lavori di manutenzione straordinaria, si può chiedere un aumento del canone di locazione ma entro precisi limiti.