Nel sistema bancario italiano, la gestione di conti correnti condivisi da più intestatari rappresenta una particolare area di interesse, soprattutto quando si tratta di successione e passaggi generazionali. Un aspetto specifico di questa tematica è rappresentato dalla clausola di accrescimento, una previsione contrattuale volta a regolare la sorte delle somme depositate nel caso di decesso di uno dei cointestatari.
Comprendere i dettagli della sua applicazione e le conseguenze per cointestatari ed eredi è essenziale per una gestione oculata delle proprie finanze. L'attenzione verso tale meccanismo cresce in presenza di scenari familiari complessi o patrimoni cointestati rilevanti, soprattutto tra coniugi, genitori e figli, o soci d'affari. L'analisi approfondita mostrata nei successivi paragrafi si fonda su fonti normative e pronunce della giurisprudenza recente.
La clausola di accrescimento nel conto cointestato è un accordo inserito nel contratto bancario che prevede l'attribuzione automatica dell'intera giacenza al cointestatario superstite al decesso dell'altro. L'intento sottostante è quello di evitare il frazionamento dell'asse patrimoniale e di consentire la disponibilità immediata delle somme residuali al titolare rimasto in vita, senza transitare attraverso la procedura successoria ordinaria. In pratica:
Clausola di accrescimento: concerne in via negoziale il trasferimento della quota di chi viene a mancare direttamente al superstite, sottraendo la somma dal normale iter successorio.
Diritto di sopravvivenza: si riferisce al principio, di matrice contrattuale o normativa, secondo cui il saldo viene acquisito in via esclusiva dal cointestatario superstite; questa prospettiva è prevista più comunemente in ordinamenti anglosassoni che nel sistema italiano.
In Italia, la distinzione è sostanziale: la clausola di accrescimento nasce da un accordo espresso tra correntisti e banca, mentre il diritto di sopravvivenza, pur potendo coincidere nella sostanza, non trova esplicito riconoscimento normativo nel contesto dei conti correnti bancari. La differenza diventa cruciale nel momento della morte di uno degli intestatari, soprattutto tenendo conto delle regole inderogabili del codice civile sulla successione e la tutela degli eredi legittimi. La clausola di accrescimento non deve essere confusa con meccanismi puramente testamentari o dispositivi previsti per la divisione ereditaria.
L'operatività della clausola segue uno schema teoricamente semplice: alla morte di uno dei titolari, la sua quota di saldo passa istantaneamente agli altri cointestatari designati. Questo processo si prefigge di accelerare la liquidità nelle mani dei superstiti, evitando la sospensione delle operazioni bancarie per l'intera giacenza. La sua implementazione, tuttavia, dipende dalla volontà delle parti e dalla disponibilità dell'istituto di credito a recepire la clausola in sede di sottoscrizione contrattuale.
In concreto, è necessario:
Predisporre un accordo scritto tra tutti i cointestatari e la banca, contenente in modo chiaro la clausola di accrescimento.
Ottenere la formale accettazione da parte dell'istituto di credito, la quale non è obbligatoria e spesso viene negata per ragioni di prudenza legale.
Stabilire le condizioni di operatività (ad esempio, se l'accrescimento avviene per l'intera somma o solo per la quota del defunto e quale sia il criterio di divisione in caso di più cointestatari).
I limiti applicativi emergono all'atto pratico: molti istituti di credito rifiutano di inserire la clausola proprio per le incertezze generate dall'assetto normativo italiano, che prevede comunque l'inclusione della quota del defunto nell'eredità. Pertanto, la clausola rimane prevalentemente teorica, trovando rara applicazione concreta nei rapporti bancari destinati a privati o a famiglie.
Il sistema ereditario disciplinato dal codice civile italiano si basa sul principio secondo cui le quote patrimoniali di un soggetto deceduto confluiscono nell'asse ereditario, a tutela degli eredi legittimi o testamentari. La clausola di accrescimento nel conto cointestato si pone, quindi, in una posizione di potenziale conflitto rispetto ai dettami normativi.
Ogni disposizione contrattuale o unilaterale che miri a sottrarre una quota dalla ripartizione ereditaria può essere impugnata dagli eredi legittimi e risulta inefficace nei loro confronti. Di conseguenza, anche laddove un istituto di credito accettasse la previsione dell'accrescimento, questa vincolerebbe solo la banca e i cointestatari, ma non gli eredi che possono reclamare la propria quota spettante a norma di legge. La giurisprudenza, includendo numerose pronunce della Corte di Cassazione, si è più volte espressa sul punto, sconfessando ogni efficacia unilaterale della clausola nei confronti degli eredi.
Quando si verifica il decesso di uno dei titolari, la presenza di una clausola di accrescimento potrebbe, in teoria, permettere al cointestatario superstite di utilizzare immediatamente tutte le somme sul conto. Tuttavia, secondo le norme vigenti, la divisione patrimoniale deve comunque seguire le regole della successione. Nel dettaglio:
La quota appartenente al defunto viene considerata parte dell'asse ereditario, salvo possa essere dimostrato che la provvista era alimentata esclusivamente dall'altro cointestatario.
La banca, per tutelarsi da eventuali responsabilità verso gli eredi, tendenzialmente blocca comunque almeno la parte di saldo riferibile al deceduto, anche in presenza della clausola.
Gli eredi possono agire in giudizio contro il cointestatario che si appropriasse delle somme eccedenti la propria quota, ponendo in essere il reato di appropriazione indebita se si superano i limiti di spettanza legittima.
La giacenza rimane dunque indisponibile per quanto concerne la quota del defunto fino al completamento delle pratiche di successione. Solo con l'avvenute divisione e liquidazione tra eredi e superstiti, la banca sblocca le somme depositate, limitando il rischio di controversie successive.
In seguito alla comunicazione di un decesso, la banca è tenuta a bloccare temporaneamente il rapporto, anche in presenza dell'accrescimento. Questa prassi è motivata dalla necessità di salvaguardare i diritti degli eredi e di prevenire eventuali contestazioni. Le modalità variano secondo la tipologia di firma:
Firma congiunta: l'intero conto viene congelato fino alla verifica degli aventi diritto e alla conclusione degli adempimenti successori.
Firma disgiunta: normalmente viene bloccata solo la quota del deceduto, mentre il cointestatario superstite può accedere alla propria quota.
Anche con la clausola di accrescimento, la banca richiederà comunque: certificato di morte, dichiarazione di successione, eventuale testamento e dichiarazioni sostitutive di atto notorio. Solo dopo aver accertato la legittima posizione degli eredi, le somme potranno essere effettivamente trasferite o riscosse. Questa cautela ha trovato crescente conferma giurisprudenziale e si impone per evitare possibili responsabilità in capo all'istituto di credito.
Nel contesto giuridico italiano, la materia è stata oggetto di numerose sentenze della Corte di Cassazione, che ne hanno tracciato i limiti applicativi. In particolare:
Le sentenze n. 7862/2021 e n. 25684/2021 hanno chiarito che la banca è responsabile se consente prelievi superiori alla quota spettante ai superstiti senza verificare la posizione degli eredi.
È confermato il principio secondo cui la cointestazione non equivale automaticamente a comproprietà paritaria: occorre sempre valutare la reale provenienza delle somme e la volontà delle parti.
Risulta configurabile il reato di appropriazione indebita qualora un cointestatario prelevi importi eccedenti la propria legittima spettanza, a danno degli altri cointestatari o degli eredi.
Gli istituti di credito sono pertanto estremamente prudenti e tendono a disapplicare di fatto la clausola di accrescimento, per non esporsi a rischi di azioni legali da parte dei successibili. Resta ferma la possibilità per i cointestatari o per gli eredi di agire giudizialmente per la restituzione delle somme indebitamente prelevate, sempre alla luce delle prove disponibili circa la reale titolarità dei fondi.
Considerate le criticità operative e normative dell'accrescimento, diverse soluzioni alternative sono comunemente adottate per garantire la tutela economica del cointestatario superstite:
Polizza vita: la designazione del cointestatario come beneficiario consente di escludere queste somme dall'asse ereditario.
Testamento dettagliato: una disposizione testamentaria specifica può agevolare la trasmissione delle somme o degli investimenti bancari.
Donazione in vita: trasferire, con atto regolare, parte o tutte le somme prima del decesso rende il cointestatario unico proprietario senza blocchi successori.
Conto monointestato con delega: consente a un soggetto designato (ad esempio, il coniuge superstite) di operarvi senza attribuzione automatica della titolarità patrimoniale.
Tali strumenti sorpassano le rigidità della disciplina successoria e permettono un'operatività più pronta e conforme ai desideri del titolare, senza esporre eredi e superstiti al rischio di contenzioso post-mortem. La scelta della soluzione più idonea va comunque valutata a seconda della situazione familiare e patrimoniale.