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Che cos' un Dpcm? Significato, spiegazione, esempi e differenza con un decreto legge

In cosa si distingue un DPCM da un decreto legge? Significato, come funziona, quando viene usato e quali sono le principali differenze con altri atti normativi

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Che cos' un Dpcm? Significato, spiegazi

Il DPCM, acronimo di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresenta un atto amministrativo avente natura regolatoria nell'ordinamento italiano. Questa forma normativa ha assunto particolare rilievo durante l'emergenza sanitaria da Covid-19, quando veniva frequentemente impiegata per adottare misure rapide e incisive, bypassando il coinvolgimento diretto del Parlamento. Si tratta di uno strumento di rapida applicazione, reso necessario per affrontare situazioni eccezionali, ma che ha sollevato ampi dibattiti per i suoi limiti democratici. L'intreccio con altre fonti legislative, come il decreto legge, sottolinea tuttavia il carattere subordinato di questo tipo di atto.

Che cos'è un Dpcm e qual è la sua funzione

Un DPCM è un atto amministrativo adottato direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri e rientra tra le fonti normative secondarie del sistema giuridico italiano. La sua funzione principale è quella di attuare o dettagliare normative già previste da disposizioni legislative di rango superiore, come leggi o decreti-legge. Non possiede, infatti, forza di legge, ma si limita a definire in termini tecnici o applicativi quanto stabilito da una norma primaria.

Essendo uno strumento di pronta applicazione, il DPCM viene utilizzato in situazioni che richiedono rapidità decisionale, come emergenze o particolari necessità operative. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata al rispetto della gerarchia delle fonti normative, che ne limita l'autonomia.

Tra le sue caratteristiche, si distingue per la natura unilaterale dell'adozione, dato che non richiede né l'approvazione del Consiglio dei Ministri né la conversione in legge da parte del Parlamento, come accade invece per i decreti-legge. Questa peculiarità ne garantisce velocità di attuazione a scapito del confronto democratico tra le forze politiche.

Esempi pratici e contesti di utilizzo dei Dpcm

I DPCM trovano applicazione in diversi contesti, essendo strumenti concepiti per intervenire su aspetti pratici e specifici, spesso legati a situazioni di emergenza o regolazioni tecniche. Uno degli esempi più noti è rappresentato dal loro utilizzo durante l'emergenza Covid-19, quando venivano adottati per stabilire regole di distanziamento sociale, chiusure delle attività commerciali e scolastiche, oltre che misure restrittive alla mobilità come il lockdown.

Prima della pandemia, i DPCM erano utilizzati prevalentemente per ambiti tecnici o settoriali, come ad esempio le nomine dirigenziali, la definizione dei criteri per la gestione di risorse pubbliche e la regolazione di aspetti burocratici legali a enti pubblici. Venivano considerati strumenti di natura prevalentemente amministrativa, a supporto di norme legislative superiori.

Inoltre, sono stati impiegati per disciplinare materie come i regolamenti sanitari o gli adeguamenti economico-finanziari. Un caso pratico è il loro uso per la determinazione delle zone soggette a vincoli paesaggistici o ambientali, in cui esigenze tecniche richiedono decisioni rapide e ben circoscritte. Nonostante il ridotto ambito di intervento rispetto ad altre fonti giuridiche, la loro flessibilità e velocità li rende strumenti ideali in casi specifici e di urgenza istituzionale.

La gerarchia delle fonti e il ruolo del Dpcm nell'ordinamento giuridico

All'interno della gerarchia delle fonti del diritto italiano, il DPCM occupa un ruolo subordinato, essendo classificato come fonte normativa secondaria. Al vertice della gerarchia si colloca la Costituzione, seguita dalle leggi ordinarie e dagli atti aventi forza di legge, come i decreti-legge e i decreti legislativi. I DPCM, invece, devono necessariamente derivare da queste fonti superiori per essere validi.

Si caratterizzano per la loro funzione attuativa, ovvero l’applicazione concreta di norme generali stabilite da leggi o decreti di rango superiore. In particolare, non possono mai derogare al contenuto di norme costituzionali o di leggi ordinarie, né introdurre materie riservate esclusivamente a disposizioni legislative, come quelle penali. Questo limite garantisce il rispetto della logica gerarchica e preserva il sistema di equilibri dell'ordinamento giuridico.

La loro validità e applicazione sono inoltre relativamente circoscritte, confermandone la natura ancillare rispetto agli strumenti legislativi primari.

Differenze tra Dpcm e decreto legge, significato e applicazioni

Le differenze tra un DPCM e un decreto legge risiedono principalmente nella loro natura, funzione e processo di approvazione. Il DPCM è un atto amministrativo di carattere secondario, adottato dal solo Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha la funzione di attuare o dettagliare disposizioni previste da una legge o da un decreto-legge. Al contrario, il decreto legge è una fonte normativa primaria con forza di legge, emanata dal Governo intero in casi straordinari di necessità e urgenza, ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione.

Il processo di approvazione dei due strumenti è molto diverso. Il DPCM viene adottato unilateralmente dal Presidente del Consiglio, senza necessità di consultazione con il Consiglio dei Ministri o approvazione parlamentare. I decreti legge, invece, richiedono la collegialità del Consiglio dei Ministri e devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla loro pubblicazione, pena la decadenza. Questa procedura garantisce il dialogo democratico tra le forze politiche e consente modifiche tramite emendamenti parlamentari.

Dal punto di vista dell’applicazione pratica, il DPCM è più rapido da adottare e per questo viene spesso utilizzato in situazioni che richiedono interventi immediati. Tuttavia, i decreti legge offrono maggiori garanzie dal punto di vista costituzionale e democratico, poiché includono il coinvolgimento del Parlamento. 

Un aspetto critico del DPCM è l’esclusione delle opposizioni politiche dal processo decisionale, a differenza del decreto legge che stimola il confronto istituzionale e democratico.

Vantaggi e criticità dei Dpcm, perché sono spesso oggetto di dibattito

Tra i principali vantaggi dei DPCM spiccano la loro rapidità e semplicità di attuazione. Essendo adottati dal solo Presidente del Consiglio, non necessitano del confronto collegiale del Consiglio dei Ministri né dell'approvazione parlamentare. Ciò li rende strumenti particolarmente efficaci in situazioni di emergenza.

Tuttavia, queste stesse caratteristiche costituiscono le basi delle critiche mosse ai DPCM. La mancanza di coinvolgimento del Parlamento e delle forze di opposizione pone questioni di legittimità democratica, data l'assenza di una piena rappresentanza politica nel processo decisionale. Inoltre, l’utilizzo massiccio dei DPCM solleva dubbi sulla loro capacità di rispettare i principi costituzionali, in particolare quando implicano limitazioni alle libertà fondamentali, come la circolazione o la possibilità di svolgere attività lavorative.

Un altro aspetto critico è la loro natura subordinata ad altre fonti normative. Poiché i DPCM devono sempre basarsi su un atto primario superiore, se il quadro normativo è debole o ambiguo, essi rischiano di essere contestati o giudicati inefficaci da un punto di vista giuridico. A ciò si aggiunge l'accusa di abuso politico nei contesti di discrezionalità da parte dell’esecutivo.