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Chi deve pagare le spese processuali se si trova accordo consensuale? E quanto si deve pagare all'avvocato ottenuta la transazione

In molte controversie legali, le parti possono decidere di raggiungere un accordo di transazione per evitare ulteriori complicazioni e costi processuali.

Autore: Chiara Compagnucci
pubblicato il
Chi deve pagare le spese processuali se

Immaginiamo una disputa legale tra due persone in cui il richiedente, che ha subito un danno, chiede inizialmente un risarcimento attraverso una citazione in giudizio. Durante il processo, le parti trovano un compromesso: il danneggiato accetta una somma inferiore a quella richiesta, in cambio di un pagamento immediato.

Questa soluzione spesso evita il protrarsi del contenzioso, ma solleva un interrogativo cruciale: chi deve pagare gli avvocati delle due parti? E, in particolare, come si calcola la parcella di un avvocato in caso di transazione?

  • Spese processuali, chi le paga in caso di accordo consensuale

  • Con la transazione, quanto si deve pagare all'avvocato

Spese processuali, chi le paga in caso di accordo consensuale

In molte controversie legali, le parti possono decidere di raggiungere un accordo di transazione per evitare ulteriori complicazioni e costi processuali. Ma chi si fa carico delle spese legali in questi casi? La risposta dipende spesso dai termini stessi dell'accordo di transazione.

La prassi più comune in caso di transazione è la compensazione delle spese legali. Significa che ciascuna parte paga il proprio avvocato secondo quanto concordato al momento dell'incarico. Questo approccio è spesso visto come equo e semplice, evitando complicazioni ulteriori tra le parti già in conflitto.

Non è raro però che l'accordo di transazione preveda una ripartizione diversa delle spese legali. Le parti possono decidere, di comune accordo, che uno dei soggetti si faccia carico di tutte le spese legali. Questa soluzione può essere parte della strategia di negoziazione, ad esempio, per incentivare una delle parti ad accettare l'accordo o come riconoscimento di una posizione più debole.

Se l'accordo di transazione non prevede nulla riguardo alle spese legali, entra in gioco la legge professionale forense, che stabilisce la cosiddetta responsabilità solidale delle parti. In base a questa regola, ogni avvocato può esigere il pagamento del proprio onorario sia dal proprio cliente sia dall'altra parte in causa. Questo meccanismo mira a garantire che l'avvocato possa recuperare il compenso dovuto anche se una delle parti si rivela insolvente.

Per evitare situazioni complicate e potenziali conflitti derivanti dalla responsabilità solidale, è consuetudine che gli avvocati delle parti firmatari dell'accordo di transazione includano una clausola di rinuncia alla solidarietà. Questa clausola implica che ciascun avvocato si impegna a non richiedere il pagamento all'altra parte, ma a risolvere le questioni economiche esclusivamente con il proprio cliente. Questo tipo di clausola contribuisce a mantenere la chiarezza e la serenità tra le parti post-transazione.

La Corte di Cassazione ha fornito una linea guida su questi aspetti, sottolineando l'importanza di definire la gestione delle spese legali nel contesto degli accordi di transazione. Secondo la Corte, la stipulazione precisa e dettagliata degli accordi economici relativi agli onorari degli avvocati è indispensabile per evitare dispute future e garantire che ogni parte comprenda e accetti le proprie responsabilità finanziarie.

Con la transazione, quanto si deve pagare all'avvocato

Immaginiamo una situazione tipica: il cliente ritiene che, poiché la controversia si è risolta rapidamente con una transazione, l'onorario dell'avvocato debba essere ridotto. Dall’altra parte, l'avvocato sostiene che gran parte del lavoro sia già stato completato, e dunque richiede il pagamento dell’intera somma pattuita.

Quando le parti non riescono a trovare un accordo, la decisione su quanto spetti all’avvocato viene lasciata al giudice. In queste situazioni, il giudice si rifà alle tariffe professionali stabilite dal decreto ministeriale n. 55 del 2014. Questo decreto stabilisce le linee guida per la liquidazione degli onorari legali, tenendo conto di vari fattori come il valore della causa e le fasi del procedimento.

Un precedente giurisprudenziale della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti su come calcolare l'onorario dell'avvocato in caso di transazione. Secondo la sentenza, il giudice deve considerare non la somma effettivamente ottenuta dal cliente tramite l'accordo di transazione, ma quella inizialmente richiesta nella citazione. L’onorario può essere calcolato sulla base del valore originario della causa, indipendentemente dal fatto che la transazione abbia comportato una somma inferiore.

La Corte di Cassazione ha quindi affermato che per determinare il compenso dovuto al legale si deve fare riferimento al valore iniziale della controversia, come indicato nella domanda introduttiva della lite. La somma ottenuta con la transazione non influisce sul calcolo degli onorari. Questo principio tutela gli avvocati, garantendo loro il riconoscimento del lavoro svolto anche se la causa si conclude rapidamente.

L'avvocato ha diritto a essere remunerato anche per le spese sostenute durante la fase di studio del caso e può ricevere un aumento del 25% per la fase decisionale, anche se questa non si è concretizzata a causa della transazione.