Nei casi di malattia di un lavoratore assunto con contratto a tempo determinato, il periodo di comporto del dipendente deve durare per tutta la durata del periodo di malattia fino alla scadenza del termine. Lo stato di malattia, infatti, non implica la proroga del contratto.
Il periodo di comporto durante il quale il lavoratore assente per malattia ha il diritto a mantenere il suo posto di lavoro senza essere licenziato prevede regole differenti a seconda della tipologia di contratto collettivi nazionale in cui si è impiegati.
Il periodo di comporto è, infatti, variabile, ha solitamente una durata di tre mesi, se l’anzianità di servizio del dipendente è inferiore a dieci anni, o sei mesi, se l’anzianità di servizio del dipendente è superiore a dieci anni, e prevede anche definite regole per il pagamento dell’indennità di malattia. Come funziona il funziona il periodo di comporto nei contratti a tempo determinato?
Nei casi di malattia di un lavoratore assunto con contratto a tempo determinato, stando a quanto stabilito dalle regole attualmente in vigore, il dipendente ha il diritto al periodo di comporto per conservare il suo posto di lavoro per tutta la durata del periodo di malattia fino alla scadenza del termine. Lo stato di malattia, infatti, non implica la proroga del contratto.
Tuttavia, il periodo di comporto può essere interrotto dalla richiesta di ferie da parte del lavoratore, che deve essere presentata in forma scritta al datore di lavoro prima della scadenza del periodo di comporto.
Una volta ricevuta la richiesta di ferie da parte del dipendente, il datore di lavoro, considerando esigenze lavorative ed interessi del prestatore di lavoro, decide se accettare o meno la richiesta di ferie e in caso di rifiuto deve dimostrare di aver considerato l’interesse del lavoratore di evitare la possibile perdita del posto di lavoro per scadenza del periodo del comporto.
Per i lavoratori con contratti a termine il periodo di comporto è lo stesso dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato, ma alla scadenza naturale del contratto termina anche l’erogazione dell’indennità di malattia e in tal caso il licenziamento è legittimo perché avviene per fine contratto.
In ogni caso, il datore di lavoro può decidere di prorogare, rinnovare o trasformare il contratto a termine anche se il lavoratore è in malattia, continuando così a pagare l’indennità di malattia dovuta.
Esattamente come accade per i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato, anche per i dipendenti assunti con contratto a tempo determinato durante il periodo di comporto è prevista l’erogazione dell’indennità di malattia. I calcoli di quanto erogare sono, però, differenti.
Innanzitutto è bene sapere che per alcune categorie di lavoratori dipendenti l’indennità di malattia è a carico dell’Inps con un’integrazione da parte del datore, mentre per latri lavoratori l’indennità di malattia è totalmente garantito dall’azienda. L’Inps interviene nel pagamento dell’indennità di malattia per:
Per tutti gli altri lavoratori dipendenti, l’indennità per i periodi di malattia è a carico del datore di lavoro seguendo le regole dei relativi contratti nazionali.
L’indennità erogata dall’Inps è variabile e si calcola in percentuale sulla retribuzione media giornaliera che considera la retribuzione percepita dal lavoratore nel mese precedente l’evento di malattia ed è:
I primi 3 giorni di malattia non sono coperti dall’indennità Inps ma sono esclusivamente a carico del datore di lavoro.
La durata di erogazione dell’indennità Inps è pari al periodo di lavoro effettuato dal dipendente nei 12 mesi precedenti l’evento di malattia e comunque entro il limite massimo di 180 giorni nell’anno solare e se nei 12 mesi precedenti la malattia il dipendente non ha lavorato più di 30 giorni l’indennità Inps viene corrisposta per un massimo di 30 giorni nell’anno solare.