L’offerta di servizi finanziari in Italia ha vissuto un’evoluzione significativa negli ultimi anni, portando all’affermazione di due figure distinte e spesso confuse tra loro: il consulente bancario e il consulente indipendente.
Sebbene a una prima analisi sembrino offrire competenze simili, le differenze riguardano sia le modalità di remunerazione sia il livello di personalizzazione della consulenza. Comprendere chi opera per l’interesse del cliente, piuttosto che per quello dell’istituzione di appartenenza, rappresenta oggi un punto chiave per proteggere e far crescere il proprio patrimonio.
Nel panorama italiano, la figura del consulente bancario è storicamente predominante. Spesso identificati come promotori finanziari o consulenti abilitati all’offerta fuori sede, questi operatori lavorano in virtù di un mandato diretto con una banca, una SIM o una SGR. Il loro operato si concentra principalmente sulla promozione e vendita di prodotti finanziari, fondi comuni, polizze, mutui e altri strumenti proposti dall’intermediario di appartenenza.
I consulenti indipendenti, invece, sono professionisti iscritti all’Albo dei Consulenti Finanziari Autonomi o a società di consulenza finanziaria (SCF). La loro attività consiste nell’offrire consulenza “fee-only”: nessuna retrocessione di commissioni, totale autonomia nella scelta degli strumenti e un approccio slegato dagli interessi di banche e intermediari. La loro consulenza abbraccia non solo gli investimenti, ma anche la pianificazione previdenziale, fiscale e successoria, sempre con l’obiettivo di allineare la strategia alle reali esigenze del cliente.
Il divieto di maneggiare direttamente i capitali dei clienti, sancito dalla normativa italiana, garantisce sicurezza e traccia un confine netto tra chi “vende prodotti” e chi suggerisce soluzioni su misura. Gli iscritti all’OCF in qualità di consulenti autonomi o SCF sono obbligati, per legge, a mantenere questo livello di autonomia e trasparenza, distinguendosi così in modo inequivocabile dai colleghi bancari.
Le modalità di remunerazione rappresentano una delle differenze più marcate tra consulenti dei grandi intermediari e professionisti indipendenti. Nel modello bancario, il compenso principale deriva da commissioni sui prodotti collocati, retrocessioni e altri incentivi occasionali, tra cui benefit non monetari come premi di carriera, formazione sponsorizzata e viaggi premio.
Questi meccanismi possono generare conflitti d’interesse: la tendenza a privilegiare strumenti più redditizi per la banca può penalizzare la reale convenienza del cliente. Spesso i costi non sono espliciti, poiché le commissioni vengono addebitate direttamente sui prodotti finanziari sottoscritti.
Il paradigma fee-only dei consulenti indipendenti elimina queste problematiche. Qui, il cliente paga direttamente una parcella, che può essere fissa, percentuale sul patrimonio, oraria o a progetto, a seconda della complessità e della continuità del servizio. L’assenza di retrocessioni e incentivi occulti riduce drasticamente la possibilità di suggerimenti non imparziali e favorisce il raggiungimento dell’obiettivo comune: la crescita del patrimonio del cliente, invece che il margine della banca.
In sintesi, la consulenza indipendente si rivela più adatta a chi desidera un servizio altamente personalizzato, trasparente e completamente orientato alle proprie necessità; la consulenza bancaria resta preferibile per chi ricerca soprattutto la familiarità e la solidità di un grande brand, accettando limiti di indipendenza e personalizzazione.
Trasparenza sui costi e sulle dinamiche decisionali è un elemento ricorrente nella consulenza senza vincoli. In assenza di incentivi esterni, il cliente è consapevole sia del costo che del valore del servizio, con la possibilità di monitorare nel tempo l’impatto sui rendimenti e sugli obiettivi.
L’indipendenza operativa, richiesta per legge ai consulenti autonomi, elimina la pressione verso strategie favorevoli all’intermediario. Questo porta ad una sola finalità: il raggiungimento degli obiettivi individuali. La consulenza indipendente si distingue anche per l’estrema personalizzazione: ogni portafoglio viene concepito allineando strategia, propensione al rischio ed esigenze reali, non attraverso modelli preconfezionati.
Il valore della relazione tra cliente e professionista si rafforza nel tempo: la fiducia deriva dall’assenza di conflitti e dalla costruzione di una strategia evolutiva, capace di crescere insieme al patrimonio e alle esigenze personali. L’aggiornamento professionale continuo, a carico diretto dell’indipendente e non influenzato da logiche commerciali, garantisce una consulenza realmente trasversale e aggiornata al contesto del cliente.
La scelta tra consulenza bancaria e indipendente dipende da diversi fattori quali dimensione del patrimonio, consapevolezza finanziaria, esigenze individuali e importanza attribuita al tema dei conflitti di interesse.
L’evoluzione delle proprie esigenze o l’incremento del capitale accumulato possono portare a rivalutare la scelta nel corso degli anni.