Il riconoscimento delle ore di trasferta come orario di lavoro è un tema rilevante per molti lavoratori e aziende. La normativa e le decisioni giurisprudenziali stabiliscono che il tempo dedicato agli spostamenti verso i clienti, o per compiere attività preparatorie, può rientrare nell’orario lavorativo. Tuttavia, tali aspetti sono spesso regolati dai contratti collettivi, che definiscono criteri e limiti precisi per distinguere tra tempo lavorativo e personale.
Una trasferta è generalmente definita come uno spostamento temporaneo da parte di un dipendente presso una località diversa dalla sede di lavoro abituale, per motivi legati all'attività lavorativa. Può includere visite a clienti, partecipazione a conferenze, fiere o altri eventi aziendali. Per spostamento verso un cliente si intende invece il tragitto compiuto per raggiungere un cliente al di fuori dell'ufficio, anche solo per un incontro o un intervento tecnico.
Secondo il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) e molte normative specifiche, il tempo trascorso in trasferta può essere considerato parte dell'orario di lavoro. Tuttavia, è fondamentale fare distinzioni:
Le modalità di pagamento per le trasferte possono variare in base alle politiche aziendali e ai contratti stipulati. Ecco alcune caratteristiche comuni:
La differenza tra tempo lavorativo e personale nelle trasferte e negli spostamenti dipende principalmente dalla natura delle attività svolte durante tale periodo. Se il dipendente è impegnato in attività sotto la direzione del datore di lavoro, come la raccolta di istruzioni o il trasporto di strumenti aziendali, il tempo viene considerato parte dell’orario di lavoro. Questo aspetto è particolarmente rilevante per i lavoratori itineranti.
Al contrario, i tempi di spostamento che non prevedono obblighi specifici legati alle mansioni lavorative possono essere considerati personali. Tuttavia, la giurisprudenza ha recentemente chiarito che il tempo impiegato per raggiungere il primo cliente della giornata e per tornare in azienda la sera deve essere considerato parte dell'orario di lavoro.
Un altro fattore determinante è la presenza di accordi collettivi che regolano questi aspetti, stabilendo limiti e criteri. Ad esempio, molte disposizioni contrattuali riconoscono come tempo lavorativo il viaggio effettuato durante l’orario ordinario o l’uso di mezzi aziendali per finalità professionali.