Il periodo di prova rappresenta la fase iniziale di un rapporto di lavoro subordinato, durante la quale entrambe le parti – lavoratore e datore di lavoro – hanno la possibilità di valutare reciprocamente l’idoneità e la soddisfazione rispetto alle condizioni definite dal contratto. In questa fase, caratterizzata da flessibilità giuridica, la normativa offre tutela a entrambe le parti, ma anche la facoltà di interrompere la collaborazione attraverso un meccanismo più agile rispetto a quanto previsto per i rapporti di lavoro già consolidati.
Uno degli aspetti più discussi riguarda la necessità di dare un preavviso in caso di dimissioni nel periodo di prova. Il quadro normativo italiano, principalmente regolato dall’articolo 2096 del Codice Civile, stabilisce che durante il periodo di prova, ciascuna delle parti può recedere in qualsiasi momento, senza necessità di preavviso o corrispettivo risarcitorio. Questa disposizione è pensata per garantire una massima elasticità in una fase di verifica reciproca, ove la relazione contrattuale non sia ancora definitiva.
Il recesso produce effetto immediato, salvo diversa previsione esplicitamente inserita nel contratto di lavoro individuale o nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato. È quindi sempre essenziale consultare il contratto per verificare l’eventuale presenza di un termine minimo di permanenza o altre condizioni specifiche. Solo se previsto un periodo minimo (inferiore per operai, più lungo per livelli direttivi/dirigenziali), sarà necessario attendere la scadenza prima di poter esercitare il diritto di recesso, salvo i casi di giusta causa.
Questa flessibilità vale sia per i rapporti a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, inclusi i contesti della pubblica amministrazione, dove possono persistere clausole di conservazione del posto presso l’ente di provenienza per i dipendenti in mobilità, secondo quanto previsto dall'art. 25 CCNL Funzioni Locali.
La durata del periodo di prova è fissata dal CCNL di categoria o, in mancanza, da accordi individuali. In linea generale, non può superare i sei mesi, con riduzioni in relazione alle mansioni (3 mesi per impiegati senza funzioni direttive). Recenti disposizioni normative – ad esempio, per i contratti a termine – hanno rafforzato i limiti: per rapporti fino a sei mesi, il periodo di prova minima è due giorni e massimo quindici; per contratti superiori a sei e inferiore a dodici mesi, da due a trenta giorni.
Il periodo prestato in prova viene computato nell’anzianità solo nel caso di successivo superamento e prosecuzione del rapporto. L’eventuale sospensione del periodo di prova può ricorrere per cause quali malattia, infortunio o congedi obbligatori per maternità/paternità. In queste ipotesi il termine del periodo di prova trasla automaticamente per il numero di giorni di assenza.
In caso di recesso nel periodo di prova, la lettera di dimissioni va consegnata in forma scritta al datore di lavoro, anche se non è richiesta comunicazione telematica tramite portale ministeriale, obbligatoria invece per le dimissioni ordinarie. La procedura può essere gestita consegnando la lettera direttamente in azienda, tramite posta elettronica o, ove previsto, attraverso PEC.
È raccomandato che la lettera contenga:
Esempio di lettera:
Oggetto: Dimissioni durante il periodo di prova
Con la presente intendo comunicarvi la mia decisione di recedere dal rapporto di lavoro attualmente in corso presso la vostra azienda, operando tale rescissione nell’ambito del periodo di prova e con effetto immediato. Ringrazio per l’opportunità concessa.
Firme, data e luogo completano la formalità richiesta. Una copia controfirmata va restituita al lavoratore come ricevuta. Sarà il datore a comunicare la cessazione del rapporto al Centro per l’Impiego, tramite il Modello Unificato UniLav, entro 5 giorni.
In ambito privato, il principio della recedibilità senza obbligo di preavviso è la regola generale durante la prova, ma il lavoratore dovrà prestare attenzione a eventuali clausole contrattuali che impongano periodi minimi di permanenza. In questi casi particolari, così come in presenza di specifiche previsioni di CCNL, suggerisce di consultare fonti contrattuali o un consulente del lavoro prima di rassegnare le dimissioni, al fine di evitare possibili contenziosi.
Nei casi di giusta causa – quali mancato pagamento dello stipendio, gravi violazioni contrattuali, molestie o mobbing – il lavoratore mantiene comunque il diritto di recedere immediatamente e, se spettante, a percepire la relativa indennità. In generale, nel periodo di prova non è previsto alcun obbligo di preavviso né, di conseguenza, l’indennità sostitutiva per il mancato rispetto dello stesso.
La risoluzione del rapporto in periodo di prova non comporta sanzioni né obblighi risarcitori tra le parti. Tuttavia, occorre distinguere tra licenziamento e dimissioni volontarie: se il lavoratore viene licenziato durante la prova, può avere accesso alla NASpI, l’indennità di disoccupazione, purché siano soddisfatti i presupposti contributivi e la perdita sia involontaria. Nel caso di dimissioni volontarie, invece, il diritto all’indennità decade, eccetto le fattispecie protette (dimissioni per giusta causa o in tutele legate a genitorialità).
Non vi sono, salvo patti contrari, implicazioni economiche negative per chi recede durante la prova senza preavviso, né per il lavoratore né per il datore. Il lavoratore mantiene comunque il diritto a percepire quanto dovuto per lavoro prestato, ratei di tredicesima/quattordicesima e compensi accessori maturati.
Particolari disposizioni normano la pubblica amministrazione. Ad esempio, l’art. 25 comma 10 CCNL Funzioni Locali prevede per i dipendenti vincitori di concorso la salvaguardia del posto di lavoro all’ente di provenienza senza retribuzione per la durata del nuovo periodo di prova. In caso di mancato superamento o recesso, il lavoratore può chiedere il reintegro nella posizione precedente.
Per i contratti a tempo determinato il periodo di prova può avere durata ridotta – spesso due o quattro settimane – e resta valido il principio di recesso immediato salvo diversa previsione specifica, come previsto dal DDL recente. Durante periodi di sospensione come malattia, maternità o infortunio, il termine resta sospeso e riprende al termine dell’assenza.
Anche se la normativa non lo richiede, una comunicazione cortese e trasparente favorisce rapporti professionali corretti e tutela la reputazione del lavoratore. La scelta di abbandonare un impiego in periodo di prova dovrebbe essere valutata con attenzione, ponderando alternative e motivazioni reali. Si consiglia sempre di consultare il proprio CCNL e, in situazioni di dubbio, di rivolgersi a un esperto di diritto del lavoro.
È prassi fornire le dimissioni in forma scritta, con chiarezza su tempi e intenzioni, per evitare fraintendimenti. Ogni documento consegnato deve essere protocollato dall’ufficio del personale o dal referente HR. La comunicazione di recesso a voce è valida ma fortemente sconsigliata per ragioni di tracciabilità.
Ecco un esempio pratico da adattare alle proprie circostanze:
[Nome e cognome lavoratore]
[Indirizzo residenza]
[Numero di telefono e email]
Spett.le [Nome Azienda]
[Indirizzo Azienda]
Oggetto: Dimissioni durante il periodo di prova
Io sottoscritto/a [Nome e Cognome] comunico la mia intenzione di rassegnare le dimissioni dal rapporto di lavoro in essere con effetto immediato, trattandosi di recesso durante il periodo di prova. Ringrazio per l’esperienza maturata e l’opportunità offerta.
[Data e Luogo]
[Firma del dipendente]
[Firma per ricevuta del datore di lavoro/HR]